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- La Corte Suprema del Nepal ha ordinato di limitare il numero di permessi per scalare l'Everest, una risposta al crescente sovraffollamento e ai rischi per l'ambiente.
- Nella stagione 2019, il sovraffollamento ha contribuito a undici decessi, evidenziando l'urgenza di nuove misure di sicurezza.
- Il governo nepalese sta valutando un aumento del costo dei permessi da 11.000 dollari a 35.000 dollari, e richiede una certificazione di aver già scalato una vetta di almeno 6.500 metri.
La Corte Suprema del Nepal ha emesso un’ordinanza che potrebbe segnare una svolta cruciale per il futuro dell’alpinismo sull’Everest e sulle altre vette himalayane. La decisione impone al governo di Kathmandu di *limitare il numero di permessi* rilasciati per le scalate, una misura che mira a mitigare il sovraffollamento e a preservare l’ambiente montano. Questa notizia giunge in un momento delicato, proprio all’inizio della stagione primaverile, quando centinaia di alpinisti si preparano ad affrontare le sfide delle cime più alte del mondo.
Il Contesto: Sovraffollamento e Rischi
Il problema del sovraffollamento sull’Everest non è certo una novità, ma ha raggiunto livelli critici negli ultimi anni. La stagione 2019 è stata particolarmente tragica, con undici decessi, quattro dei quali attribuiti proprio agli ingorghi che hanno costretto gli alpinisti ad attendere ore in condizioni estreme, con temperature glaciali e livelli di ossigeno ridotti. La situazione è stata esacerbata dal rilascio di un numero record di permessi, ben 478, in un contesto post-pandemico in cui il desiderio di avventura si è combinato con la necessità del governo nepalese di rilanciare l’economia.

Le Nuove Regole: Più Restrizioni e Costi Maggiori
La Corte Suprema ha accolto le preoccupazioni dell’opinione pubblica riguardo alla tutela dell’ambiente e alla sicurezza degli alpinisti. Oltre a limitare il numero di permessi, la sentenza prevede anche misure più stringenti per la gestione dei rifiuti e la preservazione dell’ecosistema montano. Un aspetto controverso riguarda l’uso degli elicotteri, che sarà consentito solo per i soccorsi di emergenza, limitando così la pratica di trasportare alpinisti e attrezzature ai campi base.
Parallelamente alla decisione della Corte Suprema, il governo nepalese sta valutando l’introduzione di ulteriori restrizioni. Tra le proposte, spicca l’obbligo per gli aspiranti scalatori di dimostrare di aver già raggiunto una vetta di almeno 6.500 metri e di presentare un certificato di buona salute. Inoltre, si prevede un aumento significativo del costo del permesso, che potrebbe passare dagli attuali 11.000 dollari a 35.000 dollari. Queste misure mirano a scoraggiare gli alpinisti meno esperti e a garantire che solo persone adeguatamente preparate affrontino la sfida dell’Everest.
Reazioni e Implicazioni
Le nuove regole hanno suscitato reazioni contrastanti. Mentre molti accolgono con favore le misure volte a migliorare la sicurezza e a proteggere l’ambiente, altri temono che possano penalizzare gli operatori turistici e limitare l’accesso all’Everest a una élite di alpinisti facoltosi. Il presidente della Nepal Mountaineering Association, Nima Nuru Sherpa, ha sottolineato la necessità di un’attenta valutazione dell’impatto delle nuove regole e di una consultazione con tutte le parti interessate.
Nives Meroi, una delle alpiniste italiane più esperte, ha espresso dubbi sull’efficacia delle misure economiche, sostenendo che “non scoraggeranno gli scalatori senza esperienza ma con tanti soldi”. Secondo Meroi, è necessario un cambiamento di mentalità, che porti gli alpinisti a considerare l’Everest non come una meta turistica, ma come una sfida che richiede preparazione, rispetto e consapevolezza dei rischi.
Verso un Alpinismo Più Sostenibile?
La decisione della Corte Suprema e le proposte del governo nepalese rappresentano un tentativo di affrontare le sfide poste dal crescente afflusso di alpinisti sull’Everest. Resta da vedere se queste misure saranno sufficienti a garantire un alpinismo più sicuro e sostenibile. La questione è complessa e richiede un approccio olistico, che tenga conto non solo degli aspetti economici e logistici, ma anche dei valori etici e ambientali che dovrebbero guidare l’attività alpinistica.
È fondamentale che le nuove regole siano accompagnate da un’efficace attività di controllo e da una maggiore sensibilizzazione degli alpinisti e degli operatori turistici. Solo così sarà possibile preservare la bellezza e la sacralità dell’Everest, garantendo al contempo la sicurezza di chi si avventura sulle sue pendici.
Amici appassionati di montagna, riflettiamo un attimo su questa notizia. L’Everest, simbolo di sfida e conquista, si trova oggi a un bivio. Da un lato, il desiderio di molti di raggiungere la sua vetta; dall’altro, la necessità di proteggere un ambiente fragile e di garantire la sicurezza degli alpinisti.
Una nozione base di alpinismo ci ricorda che la montagna va affrontata con rispetto e preparazione. Non è un parco giochi, ma un ambiente severo che richiede umiltà e consapevolezza dei propri limiti.
Una nozione più avanzata ci invita a considerare l’impatto delle nostre azioni sull’ambiente montano. Ogni passo, ogni rifiuto, ogni permesso rilasciato ha un costo, che si traduce in inquinamento, sovraffollamento e rischi per la sicurezza.
Forse è giunto il momento di ripensare il nostro rapporto con la montagna, di privilegiare la qualità all’eccesso, di scegliere un alpinismo più consapevole e sostenibile. L’Everest è un patrimonio di tutti, e spetta a noi preservarlo per le generazioni future.