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- La Corte Suprema del Nepal ha ordinato di limitare il numero di permessi per l'Everest per tutelare l'ambiente e la sicurezza degli scalatori.
- Nel 2019, il sovraffollamento con 478 permessi ha causato ingorghi mortali e 11 decessi.
- Le compagnie di trekking dovranno comprovare almeno 3 anni di esperienza e sostenere una somma minima di 35.000 dollari per la missione.
- Sarà permesso l'uso di elicotteri solo in casi di salvataggio urgenti, limitando l'accesso agevolato alle zone di alta quota.
La Corte Suprema nepalese ha emanato un’ordinanza che potrebbe rappresentare un punto di svolta cruciale per l’alpinismo sull’Everest e sulle altre cime dell’Himalaya. La decisione, resa pubblica alla fine di aprile 2025, ordina al governo del Nepal di limitare il numero di permessi rilasciati per le ascensioni, rispondendo alle sempre maggiori preoccupazioni relative alla tutela dell’ambiente e alla sicurezza degli scalatori. Questa comunicazione giunge in un momento particolarmente sensibile, proprio all’inizio della stagione primaverile, quando centinaia di alpinisti si apprestano a confrontarsi con le difficoltà che presentano le montagne più alte del globo.
Un Problema Annoso: Sovraffollamento e Rischi
La questione del sovraffollamento sull’Everest non è certamente una novità. Tuttavia, la situazione ha raggiunto livelli allarmanti durante la stagione del 2019, quando un numero senza precedenti di permessi (478) ha causato ingorghi mortali nella cosiddetta “zona della morte”. Alpinisti costretti ad attendere per ore con temperature bassissime, con il pericolo di esaurire le bombole d’ossigeno, hanno contribuito a un bilancio funesto di 11 decessi, di cui quattro direttamente collegati alla congestione. Nella stagione passata, la prima senza vincoli successivi alla pandemia, si è verificato un ulteriore incremento nel numero di autorizzazioni rilasciate, incoraggiato dalla voglia repressa degli appassionati e dalla necessità del governo di Kathmandu di risollevare l’economia.

La decisione della Corte Suprema punta a mettere un freno a tale scenario, obbligando il governo a “rispettare la capacità delle montagne” e a stabilire un numero massimo adeguato di permessi. Nonostante il testo integrale della sentenza non sia ancora stato divulgato e non specifichi quantità precise, l’ordinanza rappresenta un segnale forte verso una gestione più eco-compatibile e ponderata dell’alpinismo in Nepal.
Nuove Regole e Restrizioni: Cosa Cambierà?
Oltre alla restrizione dei permessi, la Corte Suprema ha anche disposto limitazioni all’uso degli elicotteri, permettendone l’utilizzo solo per operazioni di salvataggio urgenti. Questa azione è finalizzata a contenere l’impatto ambientale e a restringere l’accesso agevolato alle zone di alta quota, che negli ultimi anni ha incentivato l’aumento del numero di alpinisti e la conseguente pressione sulle montagne.
Il governo nepalese, anche in tempi recenti, aveva iniziato a considerare l’introduzione di nuove norme per coloro che aspirano a scalare l’Everest. Tra le proposte, figurava l’obbligo di dimostrare di aver già portato a termine un’ascensione su una cima superiore ai 6.500 metri, oltre alla presentazione di un attestato medico e di una copertura assicurativa che includa le operazioni di ricerca e recupero. Le compagnie di trekking, inoltre, dovranno comprovare di possedere almeno un triennio di esperienza nel coordinamento di spedizioni ad alta quota e sostenere una somma minima di 35.000 dollari per la missione.
Questi provvedimenti, qualora attuati, si propongono di garantire la sicurezza degli alpinisti e di ridurre il numero di incidenti, selezionando unicamente coloro che detengono l’esperienza, la forma fisica e le risorse economiche indispensabili per affrontare le sfide dell’alta quota.
Reazioni e Prospettive Future
La decisione della Corte Suprema ha generato reazioni contrastanti. Nima Nuru Sherpa, presidente della Nepal Mountaineering Association, ha posto l’accento sulla necessità di un “adeguato studio e una consultazione con le parti interessate” prima di intraprendere decisioni che potrebbero avere un impatto considerevole sul settore. Sherpa ha manifestato preoccupazione per la mancanza di chiarezza in merito ai criteri per la definizione dei limiti e sulla loro ripartizione tra gli operatori delle spedizioni, auspicando un approccio che ponga la sicurezza degli alpinisti al centro.
Malgrado le incertezze, l’ordinanza della Corte Suprema rappresenta un’occasione per riconsiderare il modello di alpinismo sull’Everest e sulle altre vette himalayane. La sfida consisterà nel trovare un punto di equilibrio tra la salvaguardia dell’ambiente, la sicurezza degli alpinisti e gli interessi economici del Nepal, un paese fortemente dipendente dal turismo legato alle montagne.
Verso un Alpinismo Più Sostenibile e Responsabile
La decisione della Corte Suprema del Nepal inaugura un dibattito cruciale sul futuro dell’alpinismo himalayano. La necessità di contingentare il numero di permessi, di regolamentare l’utilizzo degli elicotteri e di stabilire standard più elevati per gli alpinisti e le agenzie di trek rappresenta un passo significativo verso un modello più sostenibile e responsabile.
Ma cosa significa realmente “alpinismo sostenibile”? Significa in primis onorare l’ambiente montano, riducendo al minimo le conseguenze delle attività umane. Significa anche preservare l’incolumità degli alpinisti, mettendo a loro disposizione le risorse e le abilità richieste per superare le prove dell’alta quota. E, per finire, significa sostenere le comunità locali, la cui sussistenza dipende dal turismo connesso alle montagne.
Un concetto più avanzato da considerare è quello di “capacità di carico” delle montagne. Ogni cima possiede una soglia massima di individui che possono frequentarla senza provocare danni irreversibili all’ambiente e senza compromettere l’incolumità degli alpinisti. Stabilire questa capacità di carico necessita di analisi approfondite e di una gestione attenta delle risorse.
È giunto il momento di riflettere sul nostro rapporto con le montagne. Dobbiamo interrogarci se l’ardore di raggiungere la vetta giustifichi il rischio di compromettere un ecosistema fragile e di valore. Dobbiamo chiederci quale sia il significato profondo dell’alpinismo, che non dovrebbe essere soltanto una sfida personale, ma anche un’opportunità per entrare in sintonia con la natura e per rispettarne i limiti.