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- La spedizione italiana al Changabang mira a realizzare la prima ascensione in stile alpino e in un'unica spinta della parete ovest, una vetta di 6870 metri.
- La prima ascensione della parete ovest del Changabang risale al 1976, quando Peter Boardman e Joe Tasker impiegarono 25 giorni.
- Il campo base della spedizione sarà allestito a 4600 metri, da lì gli alpinisti dovranno salire al colle a 5800 metri, affrontando un chilometro verticale di parete.
L’alpinismo mondiale è in fermento per l’imminente spedizione italiana al Changabang, una montagna iconica dell’Himalaya indiano. Luca Schiera, Luca Moroni e Giacomo Mauri, noti alpinisti, si preparano a sfidare la parete ovest di questa vetta di 6870 metri, con l’obiettivo di realizzare la prima ascensione in stile alpino e in un’unica spinta. La loro partenza è fissata per la prossima settimana, segnando l’inizio di un’avventura che potrebbe riscrivere la storia dell’alpinismo himalayano.
La Sfida al Changabang: Una Parete Mitica
Il Changabang, situato nel massiccio del Garhwal, è una montagna che incute rispetto e ammirazione. La sua forma aguzza e le pareti ripide ricoperte di ghiaccio la rendono una sfida formidabile per gli alpinisti. La parete ovest, in particolare, è considerata una delle più difficili e pericolose, tanto da essere stata scalata solo poche volte nella storia. La prima ascensione risale al 1976, quando Peter Boardman e Joe Tasker impiegarono ben 25 giorni per superare le difficoltà di questa parete, aprendo una via rocciosa con passaggi di VI/A2. La loro impresa fu un punto di riferimento per l’alpinismo himalayano, ma da allora la parete è rimasta a lungo inviolata. Solo nel 2022, un team neozelandese-australiano è riuscito a ripetere la via, riducendo il tempo di salita a poco più di 10 giorni. Ora, Schiera, Moroni e Mauri si preparano a tentare l’impossibile: scalare la parete ovest in un’unica spinta, senza campi intermedi e con il minimo indispensabile di attrezzatura.

La Spedizione Italiana: Leggerezza e Determinazione
La decisione di affrontare il Changabang in stile alpino e in un’unica spinta è dettata da diversi fattori. Innanzitutto, le condizioni meteorologiche nella regione sono notoriamente instabili, con brevi finestre di bel tempo. In secondo luogo, l’esperienza e la preparazione degli alpinisti italiani permettono loro di affrontare la sfida con un approccio leggero e veloce. Il campo base sarà allestito a 4600 metri, da lì dovranno salire al colle a 5800 metri, per poi affrontare un chilometro verticale di parete. Schiera ha dichiarato di essere affascinato da questa spedizione da anni e di aver coinvolto Moroni e Mauri per le loro capacità e il loro livello di esperienza. La cordata è consapevole delle difficoltà che li attendono: roccia liscia, freddo intenso e ghiaccio duro. Tuttavia, sono determinati a superare gli ostacoli e a realizzare un’impresa storica.
Il Changabang: Una Montagna di Sfide e Tragedie
La storia del Changabang è costellata di successi e tragedie. Oltre alla prima ascensione del 1974 e alla via aperta da Boardman e Tasker nel 1976, la montagna è stata teatro di altre importanti spedizioni, come quella del 1978, quando Wojciech Kurtyka, Krzysztof Zurek, Alex McIntyre e John Porter tracciarono una via diretta sulla parete sud, e quella del 1997, quando Andy Cave, Mick Fowler, Brendan Murphy e Steve Sustad realizzarono la prima salita della parete nord. Purtroppo, il Changabang ha anche reclamato diverse vite. Nel 1997, Brendan Murphy morì a causa di una valanga durante la discesa dalla parete nord, mentre nel 2006 gli alpinisti messicani Andrés Delgado e Alfonso de la Parra scomparvero dopo aver raggiunto la vetta. Questi eventi tragici testimoniano la pericolosità della montagna e la necessità di affrontarla con rispetto e preparazione.
Un’Ascesa che Ispira: Oltre i Limiti dell’Alpinismo
L’imminente spedizione di Schiera, Moroni e Mauri al Changabang rappresenta una sfida ambiziosa e stimolante per l’alpinismo moderno. La loro determinazione a scalare la parete ovest in stile alpino e in un’unica spinta dimostra la volontà di superare i limiti e di esplorare nuove frontiere. Il loro tentativo, se avrà successo, potrebbe aprire la strada a nuove ascensioni in stile alpino su altre montagne himalayane, ispirando altri alpinisti a seguire il loro esempio.
Amici appassionati di montagna, l’impresa che si apprestano a compiere Schiera, Moroni e Mauri ci ricorda un concetto fondamentale nell’alpinismo: la differenza tra stile alpino e stile spedizione. Il primo, come in questo caso, privilegia la leggerezza, l’autonomia e la velocità, mentre il secondo si basa su una logistica più complessa, con campi fissi e un maggiore utilizzo di materiali.
Un concetto più avanzato, legato a questa spedizione, è quello di “one push”, ovvero la salita ininterrotta dalla base alla vetta, senza pause significative per il riposo o il rifornimento. Questa tecnica richiede una preparazione fisica e mentale eccezionale, oltre a una conoscenza approfondita della montagna e delle sue condizioni.
Riflettiamo: cosa ci spinge a superare i nostri limiti? È la ricerca dell’ignoto, la sfida con noi stessi, o la semplice passione per la montagna? Qualunque sia la risposta, l’impresa di Schiera, Moroni e Mauri ci invita a sognare e a credere che l’impossibile possa diventare realtà.