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- Il ghiacciaio South Col dell'Everest ha perso oltre 54 metri di spessore dagli anni '90, causando la riemersione di corpi di alpinisti.
- La Corte Suprema del Nepal è intervenuta per limitare il numero di scalatori e regolamentare la gestione dei rifiuti, a seguito della trasformazione del campo base in una «cittadina di periferia».
- Il ghiacciaio Yala del Nepal ha subito una riduzione di oltre il 30% tra il 1974 e il 2021, con il rischio di scomparire entro 20 anni, aumentando il pericolo di inondazioni da laghi proglaciali.
Situato nell’epicentro delle sfide contemporanee, l’Everest, il punto culminante della Terra, è attualmente soggetto a un insieme intricatamente connesso di problemi sia ecologici che sociali. La congiuntura tra cambiamenti climatici, afflusso turistico massiccio e le questioni relative alla gestione dei rifiuti crea un contesto che esige interventi tempestivi e ben orchestrati.
Il drammatico scioglimento dei ghiacciai e la riemersione dei corpi
L’innalzamento delle temperature globali sta contribuendo in modo significativo allo scioglimento dei ghiacciai presenti sulla vetta dell’Everest; questo processo comporta effetti diretti di grande gravità. In particolare, il ghiacciaio South Col – uno tra i più elevati della catena montuosa – ha subito una perdita superiore a 54 metri nel suo spessore dall’inizio degli anni ’90. Tale condizione non si limita a modificare la configurazione del territorio montano: provoca anche la riemersione dei resti mortali di diversi alpinisti che hanno incontrato un tragico destino sul versante del colosso himalayano.
Di recente si è svolta un’imponente operazione che ha visto protagonisti soldati nepalesi affiancati da esperti scalatori; durante questa iniziativa sono stati rinvenuti cinque cadaveri congelati, successivamente trasferiti nella capitale Kathmandu per le necessarie identificazioni postume. Questa operazione si è rivelata particolarmente pericolosa: è stata impiegata acqua calda e strumenti come asce per distaccare i cadaveri dal manto glaciale circostante. In merito a tale ritrovamento significativo, Tshiring Jangbu Sherpa – leader dell’intera missione – tiene a evidenziare come taluni resti siano apparsi incredibilmente conservati; essi presentavano ancora equipaggiamenti quali ramponi e imbracature indossate prima della tragedia avvenuta molti anni fa.

Il recupero dei corpi in alta quota è un tema controverso, poiché richiede ingenti risorse economiche e umane. Nonostante ciò, l’affermazione di Aditya Karki, il maggiore dell’esercito nepalese, suggerisce che si tratti di una misura imprescindibile per impedire che le vette montuose si trasformino in vere e proprie necropoli.
- L'Everest, un simbolo di avventura e sfida, ma anche di... 🏔️...
- Trovo scandaloso che l'Everest sia diventato una discarica... 😡...
- E se invece di limitare gli scalatori, investissimo in tecnologie... 🤔...
Over-tourism e impatto ambientale: l’intervento della Corte Suprema
L’Everest è diventato una meta turistica sempre più popolare, con un conseguente aumento dell’inquinamento e dei rifiuti. Tende, attrezzature da arrampicata dismesse, bombole di gas vuote ed escrementi umani deturpano il paesaggio. La situazione è diventata così critica da spingere la Corte Suprema del Nepal a intervenire.
La Corte ha ordinato al governo di limitare il numero di scalatori, vietare l’uso di elicotteri sopra il campo base (eccetto per i soccorsi) e introdurre nuove regole per la gestione dei rifiuti. In particolare, i team di alpinisti dovranno presentare un elenco dettagliato dell’attrezzatura che portano in montagna e depositare una cauzione, che verrà restituita solo dopo aver verificato che abbiano riportato a valle tutto il materiale.
Queste misure mirano a contrastare il turismo di lusso, che ha trasformato il campo base in una sorta di “cittadina di periferia”, con tende-suite dotate di comfort come letti, armadi, aree yoga e televisori a schermo piatto. Le autorità nepalesi hanno deciso di limitare le dimensioni delle tende, ridurre il numero di tende per compagnia e limitare l’uso degli elicotteri.
L’agonia dei ghiacciai e le conseguenze globali
Il ritiro delle masse glaciali non costituisce esclusivamente un’alterazione visiva del paesaggio; si configura piuttosto come una seria insidia per le fonti idriche e l’equilibrio ecologico. Il noto ghiacciaio Yala del Nepal ha registrato una riduzione superiore al trenta percento della sua estensione tra il 1974 e il 2021 e gli esperti avvertono che potrebbe sparire nel giro dei prossimi vent’anni.
Tale situazione genera la nascita di laghi proglaciali, ovvero aree acquatiche contenute da barriere naturali suscettibili a rotture impreviste che portano inondazioni distruttive. Un episodio emblematico si è verificato nell’ottobre 2023 quando una frana dal lago South Lhonak in India ha causato onde anomale alte fino a venti metri; le conseguenze sono state fatali con almeno cinquantacinque vittime accertate.
I vastissimi ghiacci himalayani alimentano alcuni dei più essenziali sistemi fluviali mondiali dai quali dipendono quasi due miliardi di individui. La diminuzione volumetrica delle masse glaciali comporta un decremento significativo dell’approvvigionamento idrico nelle valli sottostanti, determinando siccità temporanee che compromettono le attività agricole e influiscono sulla disponibilità complessiva d’acqua potabile.
Verso un futuro sostenibile per l’Everest: un imperativo morale
La situazione dell’Everest è un campanello d’allarme che ci ricorda la fragilità degli ecosistemi montani e l’urgenza di agire per mitigare gli effetti del cambiamento climatico e promuovere un turismo responsabile. Le misure adottate dal governo nepalese e dalla Corte Suprema sono un passo nella giusta direzione, ma è necessario un impegno globale per proteggere questo patrimonio naturale.
L’Everest non è solo una montagna, ma un simbolo della nostra relazione con la natura. Preservarlo significa preservare la nostra stessa umanità.
Amici appassionati di montagna, riflettiamo un attimo su quanto abbiamo letto. L’Everest, un luogo che evoca avventura e sfida, è diventato anche un simbolo delle nostre responsabilità ambientali.
Una nozione base di alpinismo che si collega a questo tema è l’importanza del “Leave No Trace”, ovvero non lasciare traccia del proprio passaggio in montagna. Questo principio, fondamentale per ogni alpinista, diventa ancora più cruciale in un ambiente fragile come l’Everest.
Una nozione più avanzata riguarda la “capacità di carico” di un ambiente montano, ovvero la quantità massima di persone e attività che un ecosistema può sostenere senza subire danni irreversibili. Superare questa capacità di carico, come sta accadendo sull’Everest, porta inevitabilmente a problemi di inquinamento, degrado ambientale e rischi per la sicurezza degli alpinisti.
Forse è il momento di chiederci se la nostra sete di avventura e di conquista non stia mettendo a rischio un patrimonio che appartiene a tutti. Forse è il momento di ripensare il nostro approccio alla montagna, privilegiando il rispetto, la sostenibilità e la consapevolezza.