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- La Snowman Race, un'ultramaratona in Bhutan, ha visto 29 atleti sfidare altitudini estreme per sensibilizzare sul cambiamento climatico.
- Il Bhutan, con foreste che coprono il 70% del suo territorio, è l'unico paese dell'Asia meridionale con un'impronta carbonica negativa.
- Uno studio del 2019 ha rivelato che i ghiacciai himalayani si stanno sciogliendo due volte più velocemente rispetto al secolo scorso, aumentando i rischi per alpinisti e comunità locali.
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Un crocevia di sfide climatiche e umane
L’imponente catena montuosa dell’Himalaya, custode di alcune delle vette più alte del mondo, si trova oggi al centro di una complessa rete di sfide ambientali e sociali. Un’ultramaratona di sensibilizzazione, la Snowman Race, ha visto 29 atleti provenienti da 11 Paesi sfidare le altitudini estreme del Bhutan, correndo per oltre 200 chilometri a quote che superano i 5.400 metri. L’obiettivo? Sensibilizzare l’opinione pubblica sui pericoli incombenti dei cambiamenti climatici. Questa iniziativa, sebbene lodevole, è solo la punta dell’iceberg di una situazione molto più complessa.
Il Bhutan, incastonato tra Cina, India e Bangladesh, si distingue come l’unico Paese dell’Asia meridionale con un’impronta carbonica negativa. Con una popolazione di circa 800.000 persone e foreste che coprono il 70% del suo territorio, il Bhutan assorbe più CO2 di quanta ne emetta. Tuttavia, anche questo piccolo regno himalayano non è immune agli effetti devastanti del cambiamento climatico. Lo scioglimento accelerato dei ghiacciai, come sottolineato dal ministro degli Esteri Tandi Dorji, sta causando alluvioni e alterazioni dei modelli meteorologici, minacciando la stabilità degli ecosistemi e delle comunità locali.

La corrente del Golfo e l’equilibrio climatico globale
Il cambiamento climatico non è un fenomeno isolato, ma un intricato sistema di interconnessioni globali. La corrente del Golfo, una delle più grandi e potenti correnti oceaniche del pianeta, svolge un ruolo cruciale nella regolazione del clima europeo e americano. Questa corrente trasporta acque calde dall’equatore verso l’Atlantico settentrionale, mitigando le temperature in Europa e influenzando i modelli meteorologici su vasta scala.
Tuttavia, recenti studi indicano che la stabilità di questa corrente è a rischio. Il rallentamento dell'”Atlantic Meridional Overturning Circulation” (AMOC), un sistema di correnti di cui la corrente del Golfo fa parte, potrebbe innescare cambiamenti climatici significativi, tra cui la modificazione delle dinamiche degli anticicloni sul Mediterraneo. La scoperta di una “cold blob”, una massa di acqua fredda a sud della Groenlandia, aggrava ulteriormente la situazione, poiché questa anomalia termica contribuisce al raffreddamento e al rallentamento dell’AMOC.
La causa principale di questo fenomeno è lo scioglimento dei ghiacciai della Groenlandia, dovuto all’aumento delle temperature globali. L’acqua dolce rilasciata dai ghiacciai riduce la densità dell’acqua marina, impedendo alle correnti di inabissarsi e rallentando la circolazione atlantica. Questo rallentamento potrebbe alterare il regime globale delle piogge, aumentare la frequenza degli eventi meteorologici estremi e avere conseguenze imprevedibili sugli ecosistemi marini e terrestri.
- Un'ultramararona per sensibilizzare è un'ottima iniziativa... 👏...
- Il raffreddamento in alta quota è solo un'illusione... 😔...
- E se invece di sfidare la montagna, la ascoltassimo... 🤔...
Paradossi climatici sull’Himalaya: raffreddamento in alta quota
Mentre il riscaldamento globale minaccia di sciogliere i ghiacciai in tutto il mondo, sull’Himalaya si osserva un fenomeno inaspettato: le temperature dell’aria in alta quota, invece di aumentare, sono rimaste stabili o addirittura sono diminuite. Uno studio condotto dall’Istituto di scienze polari (Cnr-Isp) e dall’Istituto di ricerca sulle acque (Cnr-Irsa) ha rivelato che una stazione climatica alla base del Monte Everest ha registrato temperature stabili negli ultimi tre decenni, in controtendenza rispetto al riscaldamento globale.
La spiegazione di questo paradosso risiede nell’aumento dello scambio di temperatura tra l’aria e la superficie dei ghiacciai. Il riscaldamento globale aumenta la differenza di temperatura tra l’aria calda sopra il ghiacciaio e l’aria a contatto con la sua superficie, intensificando lo scambio di calore. Questo processo porta a un maggiore raffreddamento dell’aria superficiale, che diventa più densa e scende lungo i pendii, generando i cosiddetti venti catabatici. Questi venti freddi contribuiscono a preservare il permafrost e la vegetazione circostante, creando un microclima più fresco nelle valli.
Tuttavia, è fondamentale non interpretare questo fenomeno come un segno di stabilità a lungo termine dei ghiacciai himalayani. I venti catabatici sono una reazione di emergenza al riscaldamento globale, un tentativo di mitigare gli effetti dell’aumento delle temperature. I ghiacciai himalayani, pur essendo più grandi e con tempi di reazione più lunghi rispetto ai ghiacciai alpini, sono comunque vulnerabili al cambiamento climatico e potrebbero subire una riduzione significativa nei prossimi decenni.
Verso un futuro incerto: rischi crescenti e necessità di adattamento
L’Himalaya, un tempo considerato un rifugio sicuro, sta diventando un ambiente sempre più pericoloso per alpinisti e turisti. La morte dell’alpinista americana Hilaree Nelson sul Manaslu è un tragico esempio dei rischi crescenti associati alla scalata in alta quota. Il cambiamento climatico sta destabilizzando i ghiacciai, allargando i crepacci e aumentando il rischio di valanghe.
Uno studio del 2019 ha rivelato che i ghiacciai himalayani si stanno sciogliendo due volte più velocemente rispetto al secolo scorso, mentre un altro studio ha dimostrato che lo strato superiore di ghiaccio vicino alla vetta dell’Everest si sta assottigliando a un ritmo allarmante. Queste modificazioni climatiche rendono sempre più arduo anticipare l’evoluzione delle masse glaciali e accrescono la probabilità di incidenti fatali.
Inoltre, la crescente popolarità dell’alpinismo ha portato a un aumento del numero di turisti, spesso mal preparati per le sfide dell’alta quota. La concorrenza tra le aziende di alpinismo ha creato una forte pressione per ridurre i costi, a volte a scapito della sicurezza. Il sovraffollamento delle vette, come si è visto sull’Everest nel 2019, può costringere gli alpinisti ad aspettare per ore a temperature gelide, aumentando il rischio di mal di montagna e altri problemi di salute.
È imperativo adottare misure urgenti per mitigare gli effetti del cambiamento climatico e proteggere gli ecosistemi fragili dell’Himalaya. Ciò richiede una riduzione drastica delle emissioni di gas serra, una gestione sostenibile delle risorse idriche e una maggiore consapevolezza dei rischi associati all’alpinismo in alta quota. Solo attraverso un impegno globale e una cooperazione internazionale sarà possibile preservare questo patrimonio naturale per le future generazioni.
Un Futuro Sostenibile per l’Himalaya: Un Imperativo Globale
La situazione che emerge dagli studi e dalle testimonianze sull’Himalaya è un campanello d’allarme per l’intero pianeta. La fragilità di questo ecosistema montano, la sua importanza per la regolazione del clima globale e la sua vulnerabilità agli impatti del cambiamento climatico richiedono un’azione immediata e coordinata.
È fondamentale comprendere che la montagna, con la sua apparente maestosità e immutabilità, è in realtà un indicatore sensibile delle trasformazioni ambientali in corso. I ghiacciai che si ritirano, le temperature che si innalzano e gli eventi meteorologici estremi sono segnali inequivocabili di un sistema in disequilibrio.
Per chi ama la montagna e ne rispetta la sacralità, è essenziale acquisire una consapevolezza più profonda delle dinamiche ambientali che la governano. Conoscere i processi di formazione dei ghiacciai, le interazioni tra atmosfera e superficie terrestre e gli effetti del cambiamento climatico è il primo passo per diventare custodi responsabili di questo patrimonio naturale.
Allo stesso modo, è importante comprendere le sfide che affrontano le comunità locali che vivono in montagna. La loro resilienza, la loro conoscenza del territorio e la loro capacità di adattamento sono risorse preziose per affrontare le sfide del futuro. Sostenere le loro iniziative, promuovere lo sviluppo sostenibile e preservare le loro tradizioni culturali sono azioni concrete che possono contribuire a proteggere l’Himalaya e a garantire un futuro migliore per tutti.
Infine, è necessario promuovere una cultura dell’alpinismo responsabile, che metta al primo posto la sicurezza, il rispetto per l’ambiente e la consapevolezza dei propri limiti. La montagna non è un terreno di conquista, ma un luogo da esplorare con umiltà e rispetto, consapevoli dei rischi e delle responsabilità che comporta.
La montagna ci insegna l’importanza della perseveranza, della collaborazione e della resilienza. Questi valori, se applicati alla sfida del cambiamento climatico, possono aiutarci a costruire un futuro più sostenibile e a preservare la bellezza e la ricchezza del nostro pianeta.