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- Il CAI di Ballabio ha deciso di rimuovere il Bivacco Locatelli sul Monte Due Mani a causa dei ripetuti atti vandalici.
- Gli atti vandalici includono scritte offensive, rifiuti abbandonati e danni alle strutture, deturpando la bellezza dei paesaggi montani.
- Il gestore del Rifugio Achille Papa, Renato Leonardi, ha espresso il suo sdegno per l'ennesimo atto vandalico al Bivacco Marzotto-Sacchi, sottolineando la difficoltà di accettare gesti di inciviltà gratuita.
- È necessario investire nell'educazione ambientale fin dalla scuola primaria, includendo moduli specifici sull'ambiente alpino, la sua storia, cultura e importanza ecologica.
- Le sanzioni per chi commette atti vandalici dovrebbero prevedere, oltre alle multe, anche lo svolgimento di lavori socialmente utili a favore della comunità montana.
Lo smantellamento del bivacco locatelli: un campanello d’allarme
La recente rimozione del Bivacco Locatelli, situato sul Monte Due Mani, è un evento significativo che solleva questioni cruciali riguardo al rapporto tra l’uomo e le zone montane. La decisione, presa dal CAI di Ballabio, è stata motivata da una serie di atti vandalici che hanno ripetutamente compromesso la solidità e l’accessibilità della struttura. Questo bivacco, nato come rifugio d’emergenza per escursionisti e alpinisti, si è trasformato, col tempo, in un obiettivo di maleducazione e decadimento.
Il bivacco, costruito in vetroresina con una forma a igloo, era diventato scenario di “feste private” e atti di vandalismo immotivato. Scritte offensive, rifiuti abbandonati e segni di negligenza avevano gradualmente compromesso la sua funzionalità e il suo aspetto. A fronte di questa crescente inciviltà, il CAI ha dovuto prendere una decisione drastica: la chiusura al pubblico e, poi, la completa rimozione della struttura.
Questa conclusione, seppur spiacevole, risulta comprensibile data la persistenza del problema e la mancanza di riguardo dimostrata da alcuni frequentatori della montagna. Il caso del Bivacco Locatelli, però, non è isolato. Situazioni simili si verificano, con preoccupante frequenza, in rifugi e bivacchi in tutto l’arco alpino.
Cartelli abbattuti, serrature forzate, mobili danneggiati, scritte sui muri: un catalogo di inciviltà che deturpa la bellezza dei paesaggi montani e ne compromette la funzione di accoglienza per gli amanti della natura e della montagna. Questi atti vandalici non solo causano danni materiali alle strutture, ma generano anche un senso di frustrazione e impotenza tra i gestori dei rifugi e i volontari che si dedicano alla manutenzione e alla protezione del patrimonio alpino.
La situazione è ulteriormente complicata dalla difficoltà di controllare il territorio montano, caratterizzato da vastità, difficoltà di accesso e risorse limitate. Le istituzioni e le associazioni alpine si trovano spesso a dover gestire una situazione di emergenza continua, con mezzi insufficienti e un’area enorme da monitorare. In questo contesto, prevenire e reprimere gli atti vandalici diventa un compito estremamente complesso e costoso.
Le cause del vandalismo in alta quota: un’analisi complessa
Per capire le cause del vandalismo in alta quota, è fondamentale analizzare i cambiamenti che hanno influenzato il rapporto tra l’uomo e la montagna negli ultimi decenni. In passato, la montagna era vista come un luogo sacro, depositario di valori spirituali e ambientali. Il rispetto per essa era considerato un obbligo morale, un dovere verso la natura e le generazioni future.
Oggi, questa visione tradizionale sembra affievolirsi. Sempre più spesso, la montagna è vissuta come un parco giochi, un palcoscenico per imprese individuali e un’opportunità per fare selfie da condividere sui social media. La sacralità del luogo si è indebolita, lasciando spazio a un utilizzo superficiale e consumistico.
Il ruolo dei social media in questo processo è ambiguo e controverso. Da un lato, le piattaforme online possono aiutare a sensibilizzare l’opinione pubblica sui problemi della montagna e a promuovere un turismo responsabile e consapevole. Dall’altro, possono amplificare comportamenti negativi, incoraggiando una competizione per la foto più “estrema” o per l’atto vandalico più clamoroso.
Un’altra causa importante del vandalismo in alta quota è la carenza di educazione ambientale e di consapevolezza del valore del patrimonio alpino. Molti frequentatori della montagna, soprattutto tra i giovani, non sono consapevoli dell’impatto che le loro azioni possono avere sull’ambiente e sulle strutture presenti. Ignorano le regole basilari del vivere civile e del rispetto della natura, e si comportano come se la montagna fosse un’area priva di limiti e responsabilità.
A questo proposito, è essenziale sottolineare l’importanza della scuola e della famiglia nell’educare i giovani al rispetto per la montagna. I programmi scolastici dovrebbero includere sezioni specifiche sull’ambiente alpino, sulla sua storia, sulla sua cultura e sulla sua importanza ecologica. Le famiglie, a loro volta, dovrebbero trasmettere ai propri figli i valori del rispetto per la natura, della responsabilità ambientale e del senso civico.
Inoltre, è fondamentale promuovere una maggiore consapevolezza del valore economico del turismo montano. Le attività turistiche legate alla montagna rappresentano una risorsa economica importante per molte comunità locali. Gli atti vandalici, danneggiando le strutture e deturpando il paesaggio, mettono a rischio la sostenibilità economica di queste comunità.

Le testimonianze dei gestori dei rifugi: un grido d’allarme
Le testimonianze dei gestori dei rifugi alpini offrono un quadro crudo e realistico della situazione. Questi custodi della montagna, spesso volontari o appassionati, si trovano ogni giorno a confrontarsi con gli effetti devastanti del vandalismo e dell’inciviltà.
Renato Leonardi, gestore del Rifugio Achille Papa sul Monte Pasubio, ha espresso il suo sdegno per l’ennesimo atto vandalico ai danni del Bivacco Marzotto-Sacchi: “Posso anche passare sopra al fatto che qualcuno, spinto da non so quale necessità, rompa un lucchetto e entri in una proprietà altrui… ma non capisco perché questo qualcuno dopo aver utilizzato le nostre coperte pulite si senta anche in dovere di vandalizzare quello che ha appena utilizzato”.
Queste parole, piene di frustrazione e amarezza, dimostrano la difficoltà di capire e accettare gesti di inciviltà gratuita e irrispettosa. Spesso, i gestori dei rifugi si sentono abbandonati dalle istituzioni e dalla società civile, costretti a combattere da soli contro un fenomeno che sembra inarrestabile.
Oltre ai danni materiali, gli atti vandalici hanno anche un forte impatto emotivo sui gestori dei rifugi. Questi custodi della montagna si sentono offesi nel loro amore per la natura e nel loro impegno per la protezione del patrimonio alpino. La loro passione e la loro dedizione sono messe a dura prova dalla persistenza del vandalismo e dalla mancanza di rispetto dimostrata da alcuni frequentatori della montagna.
Nonostante le difficoltà e le amarezze, i gestori dei rifugi continuano a svolgere il loro lavoro con passione e dedizione. La loro presenza in montagna è un importante punto di riferimento per la tutela del territorio e per la promozione di un turismo responsabile e consapevole. Il loro impegno merita il sostegno e il riconoscimento di tutta la società civile.
Strategie per contrastare il vandalismo e promuovere il rispetto della montagna
Per invertire questa tendenza negativa e contrastare il vandalismo in alta quota, è necessario adottare un approccio diversificato che coinvolga tutti i soggetti interessati: istituzioni, associazioni alpine, gestori di rifugi, scuole, famiglie e, soprattutto, i frequentatori della montagna.
Innanzitutto, è indispensabile investire nell’educazione ambientale, incoraggiando la conoscenza e il rispetto della montagna fin dalla scuola primaria. I programmi scolastici dovrebbero comprendere moduli specifici sull’ambiente alpino, sulla sua storia, sulla sua cultura e sulla sua importanza ecologica. Gli studenti dovrebbero essere sensibilizzati sulle tematiche della protezione della biodiversità, della gestione sostenibile delle risorse naturali e della prevenzione dei rischi ambientali.
In secondo luogo, è necessario rafforzare i controlli e le punizioni per chi commette atti vandalici. Chi danneggia le strutture alpine deve essere severamente punito, per prevenire comportamenti simili in futuro. Le sanzioni dovrebbero essere adeguate alla gravità del danno causato e dovrebbero prevedere, oltre alle multe, anche lo svolgimento di lavori socialmente utili a favore della comunità montana.
In terzo luogo, è importante promuovere la collaborazione tra istituzioni, associazioni alpine e gestori di rifugi, per migliorare la sorveglianza del territorio e la prevenzione degli atti vandalici. Le forze dell’ordine dovrebbero intensificare i controlli nelle aree più a rischio, specialmente durante i periodi di maggiore affluenza turistica. I gestori dei rifugi dovrebbero essere dotati di strumenti adeguati per segnalare tempestivamente gli atti vandalici e per collaborare con le autorità competenti.
In quarto luogo, è fondamentale sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza di proteggere e rispettare il patrimonio alpino. Campagne di informazione, iniziative di sensibilizzazione e progetti di volontariato possono contribuire a diffondere una cultura del rispetto e della responsabilità verso la montagna. Le associazioni alpine dovrebbero promuovere attività di educazione ambientale, escursioni guidate e corsi di formazione per escursionisti e alpinisti.
Infine, è necessario promuovere un turismo responsabile e sostenibile, che rispetti l’ambiente e la cultura locale. I turisti dovrebbero essere informati sui comportamenti corretti da adottare in montagna, sulle regole basilari del vivere civile e sul rispetto della natura. Gli operatori turistici dovrebbero impegnarsi a ridurre l’impatto ambientale delle loro attività e a promuovere la conoscenza del patrimonio alpino.
Un appello alla responsabilità collettiva: proteggere il futuro della montagna
Il caso del Bivacco Locatelli offre l’opportunità di riflettere sul nostro rapporto con la montagna e di rinnovare il nostro impegno per la sua protezione. La montagna è un bene comune, un patrimonio prezioso che va salvaguardato per le generazioni future. La sua bellezza, la sua biodiversità e la sua importanza ecologica sono un tesoro che non possiamo permetterci di perdere.
Il vandalismo in alta quota è un problema complesso e multifattoriale, che richiede un approccio integrato e una forte volontà politica. Tuttavia, la soluzione non può arrivare solo dall’alto. È necessario un cambiamento di mentalità e un impegno concreto da parte di tutti i cittadini. Ognuno di noi può fare la sua parte per proteggere la montagna: rispettando l’ambiente, adottando comportamenti responsabili, segnalando gli atti vandalici e promuovendo la conoscenza del patrimonio alpino.
Come ha fatto notare Roberto Mantovani, “…la stoltezza e la mancanza di consapevolezza di coloro che danneggiano gli altri senza trarre alcun beneficio personale sono un flagello vecchio quanto l’umanità… se manca la condanna sociale, tali azioni tendono a ripetersi e a diffondersi” .
Non permettiamo che il vandalismo continui a deturpare la bellezza delle nostre montagne. Alziamo la voce, denunciamo gli atti di inciviltà e promuoviamo una cultura del rispetto e della responsabilità verso l’ambiente alpino. Solo così potremo garantire un futuro sostenibile per le nostre montagne e per le generazioni future.
Amico appassionato di montagna e alpinismo, spero che questo articolo ti abbia fornito una visione completa e originale sul problema del vandalismo in alta quota. È un tema complesso, che tocca le corde del nostro amore per la montagna e del nostro senso di responsabilità verso l’ambiente.
Per approfondire ulteriormente, ti consiglio di esplorare il concetto di turismo responsabile. Si tratta di un approccio al viaggio che pone al centro il rispetto per l’ambiente, la cultura locale e le comunità che vivono in montagna. Un turismo responsabile non si limita a consumare il paesaggio, ma si impegna a proteggerlo e a valorizzarlo.
Un concetto più avanzato è quello di rewilding, ovvero il ripristino degli ecosistemi naturali. In montagna, il rewilding può significare, ad esempio, il recupero di aree degradate, la reintroduzione di specie animali autoctone e la promozione di pratiche agricole sostenibili. Il rewilding è un modo per restituire alla montagna la sua bellezza e la sua vitalità.
Ti invito a riflettere su come puoi contribuire, nel tuo piccolo, a proteggere la montagna. Ogni gesto conta: dal semplice non abbandonare rifiuti lungo i sentieri al sostenere le attività economiche locali che si impegnano per la sostenibilità ambientale. La montagna è un bene prezioso, che dobbiamo custodire con cura.