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- L'artista Roberto Ghezzi ha trascorso ben due mesi sull'Annapurna realizzando il progetto «Gli occhi della montagna», un connubio tra arte e natura.
- Ghezzi ha utilizzato lattine di birra come camere oscure per creare solarigrafie, esponendole alla luce del sole per circa trenta giorni.
- L'8 maggio, presso la sede del Cai di Arezzo, Ghezzi presenterà la sua esperienza, con un intervento del professor Rodolfo Carosi sull'orogenesi himalayana.
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L’arte incontra la montagna in un progetto unico nel suo genere. L’artista visivo Roberto Ghezzi ha trascorso due mesi, tra ottobre e novembre del 2024, sull’Annapurna, in Nepal, per realizzare il progetto “Gli occhi della montagna”. Un’iniziativa che fonde arte e natura in un dialogo suggestivo e profondo.
Un’insolita camera oscura sull’Himalaya
Ghezzi ha utilizzato lattine di birra usate come camere oscure per catturare la bellezza dell’Annapurna. Queste lattine, trasformate in rudimentali macchine fotografiche, sono state posizionate tra le rocce della montagna per realizzare solarigrafie, ovvero fotografie stenopeiche a lunga esposizione. Per circa trenta giorni, la luce del sole ha impressionato le carte fotografiche all’interno delle lattine, creando immagini uniche e irripetibili. Un’intuizione innovativa che ha fornito una percezione alterata del panorama, in grado di rivoluzionare il tradizionale punto di vista dell’uomo.

L’orogenesi himalayana e la saggezza millenaria
Il progetto di Ghezzi non è solo un’operazione artistica, ma anche un’occasione per riflettere sulla natura e sulla sua storia. L’8 maggio, presso la sede del Cai di Arezzo, Ghezzi presenterà la sua esperienza, in un evento che vedrà anche l’intervento in collegamento del professor Rodolfo Carosi, del dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Torino. Carosi spiegherà l’orogenesi himalayana, ovvero come si è formata nel tempo la gigantesca catena asiatica, con le sue nove montagne che superano gli ottomila metri. L’Annapurna, per Ghezzi, rappresenta un’entità misteriosa, immutabile e imperscrutabile, custode di una saggezza millenaria che si cela all’interno delle sue viscere. Un luogo dove l’arte e la scienza si incontrano per svelare i segreti della montagna.
Dalla naturografia alle vette dell’Himalaya
Il lavoro di Roberto Ghezzi si inserisce in un percorso artistico che lo ha visto esplorare gli ambienti naturali di tutto il mondo. Negli ultimi anni, l’artista cortonese ha creato le prime naturografie, opere letteralmente scritte dalla natura. Ghezzi lascia le sue creazioni in terra o in acqua, finché i sedimenti impressi su tele, stoffe e altri materiali ne restituiscono l’identità. Una materia che si trasforma in arte, ma anche in una risorsa importante per la comunità scientifica. Ghezzi ha connesso la sua attività a studi riguardanti l’ambiente e la biologia in riserve naturali e parchi di ogni continente, dall’Alaska all’Islanda, dalla Tunisia al Sud Africa, dalla Patagonia alla Norvegia, dalle Svalbard alla Groenlandia, dalla Danimarca alla Croazia. In Italia, ha realizzato numerosi progetti di ricerca in ogni regione e tipologia di ambiente, collaborando con i più importanti istituti di ricerca, dal Cnr all’Arpa, dalle Università ad associazioni come Greenpeace, WWF e Legambiente. Un impegno costante per la salvaguardia dell’ambiente e la valorizzazione del patrimonio naturale.
Un invito alla contemplazione: Oltre lo sguardo, l’essenza della montagna
L’iniziativa di Roberto Ghezzi ci invita a riflettere sul nostro rapporto con la montagna. Non solo come luogo di sfida e di conquista, ma anche come fonte di ispirazione e di conoscenza. Le sue “solarigrafie” ci offrono una prospettiva inedita, un modo per cogliere l’essenza della montagna al di là della sua apparenza. Un invito alla contemplazione, a riscoprire la bellezza e la sacralità della natura che ci circonda.
Amici appassionati di montagna, l’arte di Ghezzi ci ricorda che la montagna non è solo una vetta da scalare, ma un ecosistema complesso e delicato da proteggere. Una nozione base dell’alpinismo è il rispetto per l’ambiente montano, che si traduce in pratiche come il non lasciare tracce del proprio passaggio e il ridurre al minimo l’impatto ambientale. Un concetto più avanzato è quello di “alpinismo sostenibile”, che implica una pianificazione accurata delle spedizioni per minimizzare l’uso di risorse e l’inquinamento.
L’arte di Ghezzi ci spinge a interrogarci sul nostro ruolo in questo ecosistema. Siamo solo visitatori o possiamo diventare custodi di questa bellezza? La risposta, come spesso accade, è dentro di noi.