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- Le temperature nelle alpi sono in aumento a un ritmo doppio rispetto alla media globale, causando instabilità del permafrost e un aumento delle frane. Nel 2022 si è registrato il numero più elevato di frane sulle alpi dal 2000.
- Nel 2023, una minoranza delle persone soccorse in montagna era iscritta al Cai, evidenziando una diffusa mancanza di preparazione tra i turisti. Questo è aggravato dall'uso di e-bike su sentieri impervi, aumentando il rischio di incidenti.
- Nel 2023, il Cnsas ha effettuato 12.349 interventi, assistendo 12.365 persone, tra cui 7.622 feriti e 491 decessi, sottolineando il pesante carico psicologico per i soccorritori.
Sfide climatiche e fragilità alpina
Le Alpi, un tempo baluardo di stabilità, si trovano oggi a fronteggiare una trasformazione senza precedenti, un cambiamento innescato dall’inarrestabile avanzata del cambiamento climatico. Questo fenomeno globale, lungi dall’essere una mera teoria, si manifesta concretamente attraverso una serie di eventi che minacciano la sicurezza e l’integrità dell’ambiente alpino. Lo scioglimento accelerato dei ghiacciai, l’innalzamento delle temperature medie e l’intensificarsi di eventi meteorologici estremi stanno ridisegnando il paesaggio montano, generando nuove sfide per chi lo vive e per chi lo frequenta.
Gli studi scientifici non lasciano spazio a dubbi: le temperature nelle Alpi sono in aumento a un ritmo doppio rispetto alla media globale. Questo surriscaldamento amplificato ha conseguenze dirette sulla stabilità del permafrost, il terreno perennemente ghiacciato che funge da collante per le rocce e i detriti in alta quota. Il suo progressivo disgelo incrementa il rischio di frane, smottamenti e crolli, trasformando sentieri un tempo sicuri in trappole insidiose. Un esempio emblematico è l’incremento degli interventi del Soccorso Alpino legati proprio a questi fenomeni, con soccorritori chiamati a operare in condizioni sempre più estreme e pericolose. Nel 2022, si è registrato il numero più elevato di frane sulle Alpi dal 2000, secondo il catasto del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr).
Le valanghe, un altro pericolo intrinseco all’ambiente montano, subiscono anch’esse le influenze del cambiamento climatico. Sebbene le dinamiche siano complesse e non sempre lineari, gli esperti prevedono un aumento delle valanghe di neve umida, anche in piena stagione turistica, a causa delle variazioni termiche repentine e delle precipitazioni piovose in quota. Questi eventi mettono a dura prova i servizi di allerta e soccorso, chiamati a intervenire con tempestività ed efficacia per salvare vite umane.
Roberto Bolza, figura di spicco del Corpo nazionale del soccorso alpino e speleologico (Cnsas), sottolinea come i cambiamenti climatici abbiano un impatto diretto sulle condizioni di rischio in montagna. Egli evidenzia come i repentini sbalzi di temperatura, con il passaggio improvviso da temperature elevate a giornate di freddo intenso, aumentino il rischio di ipotermia in quota, soprattutto per le persone meno esperte e preparate. La montagna, un ambiente già di per sé impegnativo, diventa così ancora più insidiosa a causa degli imprevisti climatici.

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Turismo “mordi e fuggi”: imprudenza in quota
Parallelamente alle sfide climatiche, le montagne italiane si trovano a fronteggiare un’altra problematica crescente: il turismo “mordi e fuggi”. Questo fenomeno, caratterizzato da un afflusso di visitatori spesso impreparati e poco consapevoli dei rischi ambientali, sta mettendo a dura prova le risorse del Soccorso Alpino e la sicurezza degli stessi turisti. Attratti dalla bellezza dei paesaggi alpini e dalla promessa di facili avventure, molti si avventurano su sentieri impervi senza l’adeguata preparazione fisica, l’attrezzatura necessaria o la conoscenza del territorio.
Le statistiche sono eloquenti: una percentuale elevata di persone soccorse in montagna non è iscritta al Club Alpino Italiano (Cai), un’associazione che promuove la cultura della montagna e la pratica responsabile delle attività alpinistiche. Questo dato suggerisce una mancanza di formazione e di consapevolezza dei rischi da parte di molti escursionisti, che si avventurano in ambienti potenzialmente pericolosi senza le competenze adeguate.
Simone Alessandrini, membro attivo del Soccorso Alpino, sottolinea come il turismo montano abbia registrato un forte aumento negli ultimi anni, ma senza un’adeguata crescita della preparazione e della consapevolezza dei rischi. Troppo spesso, si assiste a scene di persone che affrontano sentieri di montagna con scarpe da ginnastica, magliette di cotone e senza una sufficiente riserva d’acqua, mettendo a repentaglio la propria incolumità e quella dei soccorritori, che sono chiamati a intervenire in situazioni di emergenza spesso evitabili.
Nel 2023, solo una minoranza delle persone soccorse in montagna era iscritta al Cai, un dato che evidenzia una mancanza di preparazione e consapevolezza diffusa. Questo fenomeno è aggravato dall’avvento di nuove attività sportive, come l’utilizzo di e-bike su sentieri impervi, che permettono anche ai meno esperti di raggiungere quote elevate, aumentando però il rischio di incidenti. Allo stesso modo, discipline estreme come il downhill e il base jumping, pur essendo praticate da un numero ristretto di persone, presentano un tasso di infortuni, spesso mortali, estremamente elevato. Questa combinazione di fattori sta mettendo a dura prova il Soccorso Alpino, chiamato a intervenire sempre più frequentemente per soccorrere persone in difficoltà, spesso a causa della loro imprudenza e mancanza di preparazione.
Il peso psicologico del soccorso
Il lavoro del Soccorso Alpino, spesso percepito come un atto di eroismo silenzioso, comporta un carico psicologico significativo per i suoi membri. Questi uomini e donne, che quotidianamente rischiano la propria vita per salvare quella degli altri, si trovano spesso a confrontarsi con situazioni estreme, drammatiche e traumatiche. La vista di incidenti gravi, la perdita di vite umane e l’intervento in condizioni ambientali difficili possono lasciare cicatrici profonde nella psiche dei soccorritori.
Il disturbo post-traumatico da stress (Ptsd) è una realtà con cui molti soccorritori devono fare i conti. I sintomi possono includere incubi persistenti, difficoltà a dormire, irritabilità, ipervigilanza e flashback intrusivi degli eventi traumatici vissuti. Questi sintomi possono compromettere la qualità della vita dei soccorritori, influenzando le loro relazioni personali, la loro capacità di lavorare e il loro benessere generale. Un’analisi del CNSAS ha messo in luce che nel 2023 si sono verificati 12.349 interventi, con un totale di 12.365 individui assistiti, tra cui 7.622 feriti e 491 purtroppo deceduti. Queste cifre, purtroppo, non rappresentano solo numeri, ma storie di sofferenza e di perdita che i soccorritori si trovano ad affrontare in prima persona.
Diego Coelli, psicologo impegnato nel supporto ai soccorritori, sottolinea come sia fondamentale che, al rientro da un intervento, i soccorritori siano in grado di “spogliarsi” non solo degli abiti, ma anche dei pensieri e delle emozioni provate. Tuttavia, questo processo non è sempre facile e richiede un adeguato supporto psicologico. Negli ultimi anni, è cresciuta la consapevolezza dell’importanza di tutelare la salute mentale dei soccorritori, con l’introduzione di percorsi di formazione che integrano preparazione fisica e psicologica. Questi percorsi mirano a fornire ai soccorritori gli strumenti necessari per gestire lo stress, elaborare le emozioni traumatiche e prevenire lo sviluppo del Ptsd.
La prevenzione e il supporto psicologico sono diventati un imperativo per le organizzazioni di soccorso. L’introduzione di protocolli di debriefing post-intervento, la creazione di numeri verdi e sportelli d’aiuto psicologico e la promozione di una cultura della sensibilizzazione interna sono passi importanti per garantire il benessere dei soccorritori e la loro capacità di continuare a svolgere il loro lavoro con professionalità e dedizione. Trovarsi di fronte a persone conosciute e non riuscire a portare a compimento al meglio l’operazione, o ancora chi ha avuto strascichi non semplici da elaborare: è necessario accompagnare i soccorritori in un lungo percorso per rimetterli in sesto.
Verso una montagna responsabile
Di fronte alle sfide crescenti poste dal cambiamento climatico e dal turismo irresponsabile, è necessario un cambio di passo verso una montagna più consapevole e sostenibile. Questo cambiamento richiede un impegno corale da parte di istituzioni, operatori turistici, associazioni e singoli individui. È fondamentale promuovere una cultura della montagna che metta al centro il rispetto per l’ambiente, la sicurezza e la preparazione adeguata alle attività alpinistiche.
La formazione e l’educazione sono strumenti chiave per raggiungere questo obiettivo. È necessario investire in programmi di sensibilizzazione rivolti a escursionisti e alpinisti, che forniscano informazioni sui rischi ambientali, le tecniche di sicurezza, l’attrezzatura necessaria e le regole di comportamento da seguire in montagna. Questi programmi dovrebbero essere rivolti a tutti, dai principianti agli esperti, e dovrebbero essere adattati alle diverse attività alpinistiche. Roberto Bolza sottolinea l’importanza della “crescita culturale” rispetto ai divieti generalizzati, auspicando un approccio che parta dalle scuole e coinvolga rifugi, associazioni, guide e lo stesso Soccorso Alpino. Solo attraverso un’educazione continua e capillare sarà possibile creare una comunità di montanari consapevoli e responsabili.
Le istituzioni hanno un ruolo fondamentale nel promuovere una montagna responsabile. È necessario implementare politiche di gestione del territorio che tengano conto dei cambiamenti climatici e dei rischi naturali, promuovere un turismo sostenibile che non danneggi l’ambiente e investire in infrastrutture che garantiscano la sicurezza degli escursionisti e degli alpinisti. Allo stesso modo, è necessario sostenere il lavoro del Soccorso Alpino, fornendo loro le risorse necessarie per operare in condizioni sempre più difficili e per affrontare il carico psicologico legato al loro lavoro. Un diverso approccio al turismo può rivelarsi utile: la mancanza di cognizione dei pericoli alpini è paragonabile alla sconsideratezza di chi, pur nuotando in piscina, si avventura in mare aperto senza la dovuta cautela. Questo è un percorso educativo continuo, senza garanzia di un esito immediato.
Infine, i singoli individui hanno una responsabilità importante nel contribuire a una montagna responsabile. Prima di avventurarsi in montagna, è fondamentale informarsi sulle condizioni ambientali, scegliere percorsi adatti alle proprie capacità, indossare l’abbigliamento e l’attrezzatura adeguata e portare con sé una sufficiente riserva d’acqua e cibo. È importante rispettare l’ambiente, non abbandonare rifiuti e seguire le indicazioni dei sentieri. E, soprattutto, è fondamentale essere consapevoli dei propri limiti e non esitare a chiedere aiuto in caso di difficoltà. La montagna è un ambiente meraviglioso, ma anche potenzialmente pericoloso. Solo attraverso un approccio responsabile e consapevole sarà possibile goderne appieno, senza mettere a rischio la propria incolumità e quella degli altri.
Oltre la vetta: una riflessione sull’alpinismo moderno
Il Soccorso Alpino, come abbiamo visto, si trova a essere sentinella di un cambiamento epocale. La sua attività, sempre più intensa e complessa, ci pone di fronte a una serie di interrogativi sul futuro dell’alpinismo e della frequentazione della montagna. Come conciliare la passione per la scoperta e l’avventura con la necessità di preservare l’ambiente e garantire la sicurezza? Come promuovere un turismo responsabile che non si limiti alla fruizione superficiale del paesaggio, ma che valorizzi la cultura e le tradizioni locali? Come sensibilizzare i frequentatori della montagna sui rischi ambientali e sulla necessità di un comportamento consapevole?
Queste sono domande che richiedono una riflessione profonda e un impegno costante da parte di tutti gli attori coinvolti. Il Soccorso Alpino, con la sua esperienza e la sua conoscenza del territorio, può svolgere un ruolo fondamentale nel promuovere un nuovo approccio all’alpinismo e alla frequentazione della montagna. Un approccio che metta al centro il rispetto per l’ambiente, la preparazione adeguata e la consapevolezza dei rischi. Un approccio che valorizzi la bellezza e l’integrità del nostro patrimonio alpino, garantendo la sicurezza di chi lo frequenta.
Ecco, guardando le montagne e leggendo queste righe, mi viene da pensare che l’alpinismo, in fondo, è un’arte che si impara con il tempo, un dialogo costante con la natura, un’esperienza che arricchisce l’anima. Una nozione base, che spesso dimentichiamo, è che la montagna non è un parco giochi, ma un ambiente vivo e fragile, che richiede rispetto e attenzione. Una nozione avanzata, invece, è che l’alpinismo moderno non può prescindere dalla consapevolezza dei cambiamenti climatici e dalla necessità di un approccio sostenibile, che limiti l’impatto ambientale e valorizzi le risorse locali. Riflettiamo, quindi, su come possiamo vivere la montagna in modo più consapevole e responsabile, per preservare la sua bellezza e integrità per le generazioni future.







