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- Nel 2012 è stato inaugurato il bivacco Luca Vuerich, in memoria dell'alpinista scomparso nel 2010, ora vittima di furti e vandalismi.
- Il furto al bivacco Luca Vuerich ammonta a circa 300 euro, una somma significativa per la manutenzione annuale della struttura.
- Secondo uno studio recente, il 35% degli alpinisti che frequentano i social media ammette di aver compiuto gesti irresponsabili per ottenere visibilità online.
Furti e vandalismi nei bivacchi alpini
L’alpinismo, da sempre sinonimo di rispetto per la montagna, sfida personale e solidarietà, si trova oggi a fare i conti con un fenomeno inquietante: il crescente numero di furti e atti vandalici che colpiscono rifugi e bivacchi alpini. L’episodio avvenuto recentemente al bivacco Luca Vuerich, situato a 2531 metri di altitudine sul Foronon del Buinz, è solo l’ultimo di una lunga serie. Ignoti, dopo aver forzato la cassetta delle offerte, hanno sottratto il denaro destinato alla manutenzione della struttura, lasciando dietro di sé rifiuti e disordine. Un gesto che ha suscitato indignazione e interrogativi profondi sulla vera natura dell’alpinismo moderno.
Il bivacco Luca Vuerich: un simbolo violato
Il bivacco Luca Vuerich, inaugurato nel 2012 in memoria del giovane e talentuoso alpinista tarvisiano scomparso nel 2010, rappresenta un punto di riferimento per gli amanti della montagna. La sua posizione strategica, la sua architettura innovativa e il suo valore simbolico ne fanno un luogo particolarmente caro agli alpinisti. Proprio per questo, il furto e gli atti vandalici compiuti al suo interno appaiono ancora più incomprensibili e inaccettabili. La notizia si è diffusa rapidamente sui social media, suscitando un’ondata di commenti di condanna e sconcerto. Molti utenti si sono chiesti come sia possibile compiere un gesto simile in un luogo che dovrebbe ispirare rispetto e ammirazione. Alcuni hanno espresso il timore che episodi come questo possano portare alla chiusura dei bivacchi, privando gli alpinisti di un importante punto di appoggio e mettendo a rischio la sicurezza in montagna. La sottrazione dei fondi destinati alla manutenzione, inoltre, compromette la possibilità di mantenere la struttura in condizioni ottimali, con conseguenze negative per tutti coloro che la utilizzano. Il valore stimato del furto ammonta a circa 300 euro, somma che rappresenta una parte significativa del budget annuale per la cura del bivacco.

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L’escalation dei vandalismi nei rifugi alpini
Purtroppo, l’episodio del bivacco Luca Vuerich non è un caso isolato. Negli ultimi anni, si è assistito a un aumento preoccupante degli atti vandalici e dei furti che colpiscono rifugi e bivacchi alpini in diverse regioni. Cartelli divelti, segnaletica imbrattata, porte forzate, arredi danneggiati, rifiuti abbandonati e persino furti di attrezzature e generi alimentari sono diventati una triste realtà. Questi episodi non solo causano danni economici e disagi per i gestori e gli utenti delle strutture, ma rappresentano anche un’offesa al patrimonio culturale e ambientale della montagna. Come riportato da diverse testate, l’inciviltà in montagna sembra essere in aumento, nonostante gli appelli al rispetto e alla responsabilità. In Piemonte, ad esempio, è stato segnalato il danneggiamento del bivacco a La Piana, mentre in Lombardia il Rifugio Alpe di Colonno è stato più volte preso di mira da vandali che hanno divelto cartelli, rubato tavoli e danneggiato la struttura esterna. Le autorità competenti sono intervenute in diversi casi, ma spesso è difficile individuare e punire i responsabili. La mancanza di controlli e la difficoltà di sorveglianza in alta quota rendono i rifugi e i bivacchi particolarmente vulnerabili. I gestori delle strutture, spesso volontari o appassionati di montagna, si sentono abbandonati e impotenti di fronte a questa escalation di inciviltà. Un esempio recente è il caso del rifugio in Val d’Aosta, dove ignoti hanno rubato una stufa a legna nuova, mettendo a rischio la possibilità di riscaldare l’ambiente durante i mesi invernali. La situazione è talmente grave che alcuni gestori stanno valutando la possibilità di chiudere le strutture o di limitarne l’accesso, con conseguenze negative per la fruizione della montagna da parte di tutti.
Le cause del fenomeno e il ruolo dei social media
Le cause di questo fenomeno sono molteplici e complesse. Da un lato, c’è sicuramente una componente di inciviltà e mancanza di rispetto per l’ambiente e per gli altri. Alcuni individui sembrano non rendersi conto del valore delle strutture alpine e delle conseguenze negative dei loro comportamenti. Dall’altro, possono entrare in gioco fattori psicologici e sociali, come il desiderio di trasgressione, la ricerca di emozioni forti o la semplice volontà di arrecare danno. Non va sottovalutato, inoltre, il ruolo dei social media, che spesso amplificano comportamenti irresponsabili e promuovono una visione distorta dell’alpinismo. La ricerca spasmodica di like e follower può spingere alcuni individui a compiere gesti eclatanti e pericolosi, senza curarsi delle conseguenze. Sui social media, inoltre, si diffondono spesso immagini e video che mostrano bivacchi e rifugi in condizioni di degrado, alimentando un circolo vizioso di inciviltà e abbandono. La competizione per la vetta, l’ostentazione delle proprie imprese e la mancanza di rispetto per la montagna sono diventati elementi comuni nel racconto dell’alpinismo sui social media. Questo tipo di narrazione rischia di allontanare i giovani dai valori autentici dell’alpinismo, come la solidarietà, la responsabilità e il rispetto per la natura. Secondo uno studio recente, il 35% degli alpinisti che frequentano i social media ammette di aver compiuto gesti irresponsabili per ottenere maggiore visibilità online. Questo dato allarmante testimonia l’influenza negativa dei social media sul comportamento degli alpinisti. Allo stesso tempo, però, i social media possono anche essere uno strumento utile per sensibilizzare l’opinione pubblica e promuovere un alpinismo più consapevole e responsabile. Diverse associazioni e gruppi di alpinisti utilizzano i social media per denunciare gli atti vandalici, diffondere informazioni utili e organizzare iniziative di pulizia e manutenzione dei rifugi alpini. L’importante è saper utilizzare i social media in modo critico e costruttivo, evitando di alimentare comportamenti negativi e promuovendo invece i valori positivi dell’alpinismo.
Oltre il gesto: riflessioni per un alpinismo responsabile
L’episodio del bivacco Luca Vuerich, e i tanti altri che si verificano sulle Alpi, non sono semplici fatti di cronaca, ma campanelli d’allarme che ci invitano a riflettere sul futuro dell’alpinismo. È necessario un cambio di mentalità, un ritorno ai valori autentici che hanno fatto la storia di questa disciplina. Il rispetto per la montagna, la solidarietà tra alpinisti, la responsabilità individuale e la consapevolezza dei propri limiti devono tornare a essere i pilastri fondamentali dell’alpinismo. È importante educare i giovani alla bellezza della montagna, trasmettere loro l’amore per la natura e insegnare loro a rispettare l’ambiente e le strutture alpine. Le associazioni alpinistiche, le guide alpine, i gestori dei rifugi e le istituzioni devono collaborare per promuovere un alpinismo più consapevole e responsabile. Occorre organizzare corsi di formazione, campagne di sensibilizzazione, iniziative di pulizia e manutenzione dei rifugi alpini. È necessario aumentare i controlli e prevedere sanzioni più severe per chi si macchia di atti vandalici e furti. Ma soprattutto, è fondamentale che ogni alpinista si senta responsabile della salvaguardia della montagna e si faccia portatore di un messaggio di rispetto e amore per la natura. Solo così potremo preservare la bellezza e l’integrità delle nostre montagne e garantire che l’alpinismo rimanga un’attività nobile e gratificante, basata sul rispetto, la responsabilità e la passione per la vetta. Il futuro dell’alpinismo dipende da noi, dalla nostra capacità di superare l’inciviltà e di tornare a essere custodi della montagna.
Amici della montagna, riflettiamo insieme. Questo articolo ci racconta una storia amara, ma che può essere un punto di partenza per un cambiamento. La nozione base che possiamo trarre è che l’alpinismo non è solo performance, ma anche etica. La vetta conquistata con fatica perde valore se la si raggiunge calpestando il rispetto per l’ambiente e per gli altri. Una nozione più avanzata ci suggerisce che l’alpinismo moderno deve fare i conti con le nuove sfide poste dai social media, imparando a utilizzarli in modo costruttivo per promuovere i valori positivi della montagna. Non lasciamoci sedurre dalla logica dei like, ma riscopriamo il piacere autentico di vivere la montagna in armonia con la natura. La montagna è un bene prezioso, proteggiamola insieme.