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Montagna fatale: selfie e impreparazione mettono a rischio la tua vita?

Scopri come l'aumento del turismo da selfie e la mancanza di preparazione stanno portando a un incremento allarmante degli incidenti in montagna, mettendo a dura prova i soccorsi alpini e sollevando interrogativi sui costi e sulla prevenzione.
  • Nel 2024, il CNSAS ha effettuato 12.063 interventi di recupero, assistendo 11.789 persone, con 466 decessi in montagna.
  • Le cadute o scivolate rappresentano il 43,2% degli interventi, spesso a causa di calzature e attrezzature inadeguate.
  • L'escursionismo è l'attività più rischiosa, con il 44,3% degli interventi correlati a questa pratica.

la mancanza di preparazione di chi frequenta le zone montuose. Questo evento, che si svolge sullo scenario delle magnifiche Dolomiti, patrimonio dell’umanità, genera inevitabilmente domande sulla cognizione dei pericoli e sulla preparazione necessaria per affrontare l’ambiente alpino.

Il 7 dicembre 2025, la questione della sicurezza in montagna assume un’importanza ancora maggiore, alla luce dei dati allarmanti divulgati dal Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico (CNSAS). L’aumento degli interventi di salvataggio, spesso legati a comportamenti avventati e alla mancanza di competenze appropriate, mette a dura prova le risorse del soccorso alpino e solleva interrogativi sulla necessità di una maggiore sensibilizzazione e prevenzione. Il “turismo da selfie”, un fenomeno in crescita alimentato dai social media, sembra acuire il problema, spingendo molti ad affrontare la montagna con leggerezza e senza la dovuta preparazione, alla ricerca di uno scatto da condividere online, noncuranti dei pericoli che si nascondono dietro un’immagine apparentemente innocua.

Analisi dei dati: numeri in crescita e cause principali

Nel corso del 2024, il CNSAS ha registrato un totale di 12.063 interventi di recupero, offrendo ausilio a 11.789 persone. Purtroppo, 466 di queste hanno perso la vita in montagna. Questi dati, che delineano un quadro preoccupante, evidenziano una tendenza in crescita rispetto agli anni precedenti e sottolineano la necessità di un’azione immediata per invertire la rotta.
L’analisi delle cause degli interventi rivela che le principali problematiche sono:

Cadute o scivolate: Responsabili del 43,2% degli interventi, spesso dovute a sentieri scivolosi, terreni impervi o mancanza di adeguate calzature e attrezzature.
Incapacità durante l’attività svolta: Coinvolge il 26,5% dei casi, manifestandosi con stanchezza, disorientamento o difficoltà nel superare passaggi tecnici, soprattutto a causa di una preparazione fisica insufficiente e della sottovalutazione delle difficoltà del percorso.
Malori: Rappresentano il 12,7% degli interventi, spesso causati da colpi di calore, problemi cardiaci o patologie preesistenti, aggravati dalle condizioni ambientali estreme e dalla mancanza di acclimatamento all’altitudine.

L’escursionismo si conferma l’attività più a rischio, con il 44,3% degli interventi legati a questa pratica. Tuttavia, anche altre attività come l’alpinismo, lo sci alpinismo e la mountain bike contribuiscono in modo significativo al numero totale di soccorsi.

Un ulteriore elemento di riflessione è l’identikit della persona soccorsa: prevalentemente uomini italiani tra i 50 e i 60 anni, spesso vittime di cadute durante escursioni nel mese di agosto. Questo dato suggerisce che anche l’esperienza pregressa non sempre è sufficiente per evitare incidenti, e che è fondamentale mantenere un approccio prudente e consapevole, indipendentemente dal livello di preparazione fisica e tecnica.

Cosa ne pensi?
  • Articolo importante! La montagna è meravigliosa ma......
  • Troppi selfie e poca preparazione 😡: ecco cosa......
  • E se invece di vietare, educassimo diversamente alla montagna 🤔...?...

Le testimonianze: Dall’allarme dei soccorritori al ruolo dei social media

Le voci dei protagonisti del soccorso alpino offrono un quadro ancora più chiaro della situazione. Maurizio Dellantonio, presidente del CNSAS, ha lanciato un allarme: “Mai così tanti morti in montagna. Siamo oltre ogni limite”. Le sue parole, che riecheggiano con forza nel panorama alpino, sottolineano la gravità della situazione e la necessità di un cambiamento radicale nell’approccio alla montagna.

Alberto Covi, presidente del Soccorso Alpino altoatesino, ha espresso preoccupazione per l’aumento del “turismo da selfie” e per la superficialità con cui molti affrontano l’ambiente alpino: “C’è una maggiore accessibilità alla montagna grazie al boom turistico e sempre più persone si avventurano senza un’adeguata preparazione e rispetto per l’ambiente”.

Entrambi i soccorritori concordano sull’importanza dei social media come fattore di rischio. La diffusione di immagini e video di imprese estreme, spesso realizzate senza la dovuta preparazione, spinge molti ad imitare comportamenti pericolosi, alla ricerca di un facile consenso online. “Uno fa una foto e scrive: ‘Sono arrivato in cima’. Il giorno dopo c’è subito chi ci prova, anche senza prepararsi”, ha affermato Dellantonio. Covi ha aggiunto: “Sui social si vedono imprese anche estreme e molti pensano di poterle replicare. Questo è pericoloso”.

La testimonianza di un soccorritore alpino, che ha preferito rimanere anonimo, offre un ulteriore spunto di riflessione: “Spesso ci troviamo a soccorrere persone che si sono perse a pochi metri dal sentiero, magari perché stavano guardando il cellulare per scattare una foto. La montagna non è un parco giochi, è un ambiente selvaggio che richiede rispetto e attenzione”.

Queste voci, che provengono direttamente dal campo, evidenziano come l’impreparazione, l’influenza dei social media e la mancanza di consapevolezza dei rischi siano fattori determinanti nell’aumento degli incidenti in montagna.

Costi del soccorso alpino: Un servizio essenziale con un prezzo

Il soccorso alpino è un servizio fondamentale per la sicurezza in montagna, ma il suo funzionamento comporta costi significativi per la collettività. La spesa è a carico del Servizio Sanitario Nazionale solo se il trasporto comporta il ricovero del paziente. In caso contrario, alcune regioni, tra cui Valle d’Aosta, Piemonte, Lombardia, Trentino, Alto Adige e Veneto, prevedono il pagamento di tariffe che variano a seconda del tipo di intervento e della regione.

Le tariffe possono variare da poche centinaia di euro per un intervento di soccorso terrestre a diverse migliaia di euro per un intervento con elicottero. In Valle d’Aosta, ad esempio, una chiamata immotivata può costare 225 euro, mentre l’elisoccorso può arrivare a 120 euro al minuto. In Lombardia, un intervento di elisoccorso costa 1500 euro all’ora. Per quanto riguarda l’Alto Adige, se l’intervento si rivela non necessario, l’intero ammontare, potenzialmente di migliaia di euro, potrebbe essere addebitato.

Questi costi, che gravano sulle casse pubbliche, sollevano interrogativi sull’opportunità di rivedere il sistema di finanziamento del soccorso alpino, magari introducendo un sistema di assicurazione obbligatoria per chi pratica attività a rischio in montagna. Tuttavia, è importante sottolineare che il costo del soccorso alpino è solo una parte del problema. Il vero costo, in termini di vite umane perse e di sofferenza causata dagli incidenti, è incalcolabile.

Prevenire è meglio che curare: Riflessioni e proposte per una montagna più sicura

Di fronte a questi dati allarmanti, è fondamentale interrogarsi su come sensibilizzare il pubblico e prevenire incidenti. La formazione e l’informazione sono strumenti fondamentali per chi frequenta la montagna. Conoscere i propri limiti, scegliere percorsi adeguati alle proprie capacità, utilizzare attrezzatura idonea e informarsi sulle condizioni meteo sono accorgimenti che possono fare la differenza tra una giornata indimenticabile e una tragedia.

Alberto Covi suggerisce che l’educazione dovrebbe partire dalle scuole e proseguire con associazioni come il CAI, e che anche le aziende turistiche dovrebbero fornire informazioni pratiche su attrezzatura, idratazione e limiti fisici.

Un’analisi comparativa con altri paesi alpini potrebbe fornire spunti utili per migliorare la situazione in Italia. In Austria e Svizzera, ad esempio, una solida tradizione e cultura della montagna contribuiscono a una maggiore consapevolezza dei rischi e a una maggiore attenzione alla sicurezza. In Nord America, invece, prevale un approccio “wilderness”, che punta sull’autosufficienza e sulla preparazione individuale, con una forte responsabilizzazione degli escursionisti.

Il soccorso alpino svolge un ruolo insostituibile, ma la prevenzione è la chiave per ridurre il numero di interventi e garantire la sicurezza in montagna. Un appello alla responsabilità individuale e alla consapevolezza dei rischi, per vivere la montagna in modo sicuro e rispettoso. Il presidente Covi ha affermato: “Anche se il Soccorso Alpino c’è sempre, non è un servizio taxi”. La montagna è un ambiente meraviglioso, ma esige rispetto e preparazione.

Oltre l’emergenza: Coltivare una cultura della montagna

La questione della sicurezza in montagna non si esaurisce nella mera gestione dell’emergenza e nel conteggio degli interventi di soccorso. Si tratta, piuttosto, di promuovere una vera e propria cultura della montagna, basata sul rispetto, sulla consapevolezza dei rischi e sulla preparazione adeguata. È necessario superare la logica del “turismo mordi e fuggi”, che trasforma la montagna in un mero sfondo per selfie e imprese superficiali, e riscoprire il valore autentico di un ambiente unico e fragile, che richiede un approccio umile e responsabile.

In quest’ottica, è fondamentale investire nell’educazione e nella sensibilizzazione, a partire dalle scuole e dalle famiglie, per trasmettere alle nuove generazioni l’amore per la montagna e la consapevolezza dei suoi pericoli. È necessario, inoltre, promuovere un turismo sostenibile e responsabile, che valorizzi le tradizioni locali e il rispetto per l’ambiente, e che scoraggi comportamenti imprudenti e superficiali. Solo in questo modo sarà possibile garantire la sicurezza in montagna e preservare la bellezza e l’integrità di questo ambiente per le future generazioni. —–

L’allarme sicurezza in montagna tra impreparazione e selfie

Il recente episodio di escursionisti tratti in salvo in Val Gardena, rinvenuti a 3000 metri di altezza con un’attrezzatura inadatta, nello specifico calzature sportive, rappresenta un severo monito riguardo a una problematica sempre più diffusa: la scarsa preparazione di coloro che frequentano le aree montane. Questo evento, che si manifesta nel contesto delle imponenti Dolomiti, dichiarate patrimonio dell’umanità, solleva inevitabilmente interrogativi sulla percezione dei pericoli e sull’adeguata preparazione essenziale per affrontare l’ambiente alpino.

Il 7 dicembre 2025, la questione della sicurezza in montagna assume una rilevanza ancora maggiore, alla luce dei dati allarmanti comunicati dal Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico (CNSAS). L’aumento delle operazioni di soccorso, spesso collegate a condotte sconsiderate e alla mancanza di competenze appropriate, mette a dura prova le risorse del soccorso alpino e fa sorgere interrogativi sulla necessità di una maggiore sensibilizzazione e prevenzione. Il “turismo da selfie”, un fenomeno in espansione alimentato dai social media, sembra esasperare il problema, inducendo molti ad affrontare la montagna con leggerezza e senza la necessaria preparazione, alla ricerca di una foto da pubblicare online, incuranti dei rischi che si celano dietro un’immagine apparentemente innocua.

Analisi dei dati: numeri in crescita e cause principali

Nel corso del 2024, il CNSAS ha registrato un totale di 12.063 interventi di recupero, offrendo ausilio a 11.789 persone. Purtroppo, 466 di queste hanno perso la vita in montagna. Questi dati, che delineano un quadro preoccupante, evidenziano una tendenza in crescita rispetto agli anni precedenti e sottolineano la necessità di un’azione immediata per invertire la rotta.

L’analisi delle cause degli interventi rivela che le principali problematiche sono:
Cadute o scivolate: Responsabili del 43,2% degli interventi, spesso dovute a sentieri scivolosi, terreni impervi o mancanza di adeguate calzature e attrezzature.
Incapacità durante l’attività svolta: Coinvolge il 26,5% dei casi, manifestandosi con stanchezza, disorientamento o difficoltà nel superare passaggi tecnici, soprattutto a causa di una preparazione fisica insufficiente e della sottovalutazione delle difficoltà del percorso.
Malori: Rappresentano il 12,7% degli interventi, spesso causati da colpi di calore, problemi cardiaci o patologie preesistenti, aggravati dalle condizioni ambientali estreme e dalla mancanza di acclimatamento all’altitudine.

L’escursionismo si conferma l’attività più a rischio, con il 44,3% degli interventi legati a questa pratica. Tuttavia, anche altre attività come l’alpinismo, lo sci alpinismo e la mountain bike contribuiscono in modo significativo al numero totale di soccorsi.

Un ulteriore elemento di riflessione è l’identikit della persona soccorsa: prevalentemente uomini italiani tra i 50 e i 60 anni, spesso vittime di cadute durante escursioni nel mese di agosto. Questo dato suggerisce che anche l’esperienza pregressa non sempre è sufficiente per evitare incidenti, e che è fondamentale mantenere un approccio prudente e consapevole, indipendentemente dal livello di preparazione fisica e tecnica.

Le testimonianze: Dall’allarme dei soccorritori al ruolo dei social media

Le voci dei protagonisti del soccorso alpino offrono un quadro ancora più chiaro della situazione. Maurizio Dellantonio, presidente del CNSAS, ha lanciato un allarme: “Mai così tanti morti in montagna. Siamo oltre ogni limite”. Le sue parole, che riecheggiano con forza nel panorama alpino, sottolineano la gravità della situazione e la necessità di un cambiamento radicale nell’approccio alla montagna.

Alberto Covi, presidente del Soccorso Alpino altoatesino, ha espresso preoccupazione per l’aumento del “turismo da selfie” e per la superficialità con cui molti affrontano l’ambiente alpino: “C’è una maggiore accessibilità alla montagna grazie al boom turistico e sempre più persone si avventurano senza un’adeguata preparazione e rispetto per l’ambiente”.

Entrambi i soccorritori concordano sull’importanza dei social media come fattore di rischio. La diffusione di immagini e video di imprese estreme, spesso realizzate senza la dovuta preparazione, spinge molti ad imitare comportamenti pericolosi, alla ricerca di un facile consenso online. “Uno fa una foto e scrive: ‘Sono arrivato in cima’. Il giorno dopo c’è subito chi ci prova, anche senza prepararsi”, ha affermato Dellantonio. Covi ha aggiunto: “Sui social si vedono imprese anche estreme e molti pensano di poterle replicare. Questo è pericoloso”.

La testimonianza di un soccorritore alpino, che ha preferito rimanere anonimo, offre un ulteriore spunto di riflessione: “Spesso ci troviamo a soccorrere persone che si sono perse a pochi metri dal sentiero, magari perché stavano guardando il cellulare per scattare una foto. La montagna non è un parco giochi, è un ambiente selvaggio che richiede rispetto e attenzione”.

Queste voci, che provengono direttamente dal campo, evidenziano come l’impreparazione, l’influenza dei social media e la mancanza di consapevolezza dei rischi siano fattori determinanti nell’aumento degli incidenti in montagna.

Costi del soccorso alpino: Un servizio essenziale con un prezzo

Il soccorso alpino è un servizio fondamentale per la sicurezza in montagna, ma il suo funzionamento comporta costi significativi per la collettività. La spesa è a carico del Servizio Sanitario Nazionale solo se il trasporto comporta il ricovero del paziente. In caso contrario, alcune regioni, tra cui Valle d’Aosta, Piemonte, Lombardia, Trentino, Alto Adige e Veneto, prevedono il pagamento di tariffe che variano a seconda del tipo di intervento e della regione.

Le tariffe possono variare da poche centinaia di euro per un intervento di soccorso terrestre a diverse migliaia di euro per un intervento con elicottero. In Valle d’Aosta, ad esempio, una chiamata immotivata può costare 225 euro, mentre l’elisoccorso può arrivare a 120 euro al minuto. In Lombardia, un intervento di elisoccorso costa 1500 euro all’ora. Per quanto riguarda l’Alto Adige, se l’intervento si rivela non necessario, l’intero ammontare, potenzialmente di migliaia di euro, potrebbe essere addebitato.

Questi costi, che gravano sulle casse pubbliche, sollevano interrogativi sull’opportunità di rivedere il sistema di finanziamento del soccorso alpino, magari introducendo un sistema di assicurazione obbligatoria per chi pratica attività a rischio in montagna. Tuttavia, è importante sottolineare che il costo del soccorso alpino è solo una parte del problema. Il vero costo, in termini di vite umane perse e di sofferenza causata dagli incidenti, è incalcolabile.

Prevenire è meglio che curare: Riflessioni e proposte per una montagna più sicura

Di fronte a questi dati allarmanti, è fondamentale interrogarsi su come sensibilizzare il pubblico e prevenire incidenti. La formazione e l’informazione sono strumenti fondamentali per chi frequenta la montagna. Conoscere i propri limiti, scegliere percorsi adeguati alle proprie capacità, utilizzare attrezzatura idonea e informarsi sulle condizioni meteo sono accorgimenti che possono fare la differenza tra una giornata indimenticabile e una tragedia.
Alberto Covi suggerisce che l’educazione dovrebbe partire dalle scuole e proseguire con associazioni come il CAI, e che anche le aziende turistiche dovrebbero fornire informazioni pratiche su attrezzatura, idratazione e limiti fisici.

Un’analisi comparativa con altri paesi alpini potrebbe fornire spunti utili per migliorare la situazione in Italia. In Austria e Svizzera, ad esempio, una solida tradizione e cultura della montagna contribuiscono a una maggiore consapevolezza dei rischi e a una maggiore attenzione alla sicurezza. In Nord America, invece, prevale un approccio “wilderness”, che punta sull’autosufficienza e sulla preparazione individuale, con una forte responsabilizzazione degli escursionisti.

Il soccorso alpino svolge un ruolo insostituibile, ma la prevenzione è la chiave per ridurre il numero di interventi e garantire la sicurezza in montagna. Un appello alla responsabilità individuale e alla consapevolezza dei rischi, per vivere la montagna in modo sicuro e rispettoso. Il presidente Covi ha affermato: “Anche se il Soccorso Alpino c’è sempre, non è un servizio taxi”. La montagna è un ambiente meraviglioso, ma esige rispetto e preparazione.

Oltre l’emergenza: Coltivare una cultura della montagna

La questione della sicurezza in montagna non si esaurisce nella mera gestione dell’emergenza e nel conteggio degli interventi di soccorso. Si tratta, piuttosto, di promuovere una vera e propria cultura della montagna, basata sul rispetto, sulla consapevolezza dei rischi e sulla preparazione adeguata. È necessario superare la logica del “turismo mordi e fuggi”, che trasforma la montagna in un mero sfondo per selfie e imprese superficiali, e riscoprire il valore autentico di un ambiente unico e fragile, che richiede un approccio umile e responsabile.

In quest’ottica, è fondamentale investire nell’educazione e nella sensibilizzazione, a partire dalle scuole e dalle famiglie, per trasmettere alle nuove generazioni l’amore per la montagna e la consapevolezza dei suoi pericoli. È necessario, inoltre, promuovere un turismo sostenibile e responsabile, che valorizzi le tradizioni locali e il rispetto per l’ambiente, e che scoraggi comportamenti imprudenti e superficiali. Solo in questo modo sarà possibile garantire la sicurezza in montagna e preservare la bellezza e l’integrità di questo ambiente per le future generazioni.
—–

L’allarme sicurezza in montagna tra impreparazione e selfie
Il recente episodio di escursionisti recuperati in Val Gardena, ritrovati a 3000 metri di altitudine con attrezzature inadatte, come semplici scarpe da ginnastica, funge da triste monito riguardo una criticità sempre più comune: la mancanza di preparazione di coloro che si avventurano in montagna. Questo episodio, che si consuma sullo sfondo delle maestose Dolomiti, patrimonio UNESCO, solleva inevitabilmente interrogativi sulla comprensione dei rischi e sulla preparazione indispensabile per affrontare l’ambiente alpino.

Il 7 dicembre 2025, l’importanza della sicurezza in montagna si fa ancora più pressante, alla luce dei dati allarmanti diffusi dal Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico (CNSAS). L’incremento degli interventi di soccorso, spesso riconducibili a comportamenti imprudenti e alla mancanza di adeguate capacità, mette a dura prova le risorse del soccorso alpino e solleva dubbi sulla necessità di una maggiore sensibilizzazione e prevenzione. Il “turismo da selfie”, un fenomeno in espansione alimentato dai social media, sembra amplificare il problema, inducendo molti ad affrontare la montagna con leggerezza e senza la preparazione necessaria, alla ricerca di una foto da condividere online, noncuranti dei pericoli che si celano dietro un’immagine apparentemente innocua.

Analisi dei dati: numeri in crescita e cause principali

Nel corso del 2024, il CNSAS ha registrato un totale di 12.063 interventi di recupero, offrendo ausilio a 11.789 persone. Purtroppo, 466 di queste hanno perso la vita in montagna. Questi dati, che delineano un quadro preoccupante, evidenziano una tendenza in crescita rispetto agli anni precedenti e sottolineano la necessità di un’azione immediata per invertire la rotta.

L’analisi delle cause degli interventi rivela che le principali problematiche sono:
Cadute o scivolate: Responsabili del 43,2% degli interventi, spesso dovute a sentieri scivolosi, terreni impervi o mancanza di adeguate calzature e attrezzature.
Incapacità durante l’attività svolta: Coinvolge il 26,5% dei casi, manifestandosi con stanchezza, disorientamento o difficoltà nel superare passaggi tecnici, soprattutto a causa di una preparazione fisica insufficiente e della sottovalutazione delle difficoltà del percorso.
Malori: Rappresentano il 12,7% degli interventi, spesso causati da colpi di calore, problemi cardiaci o patologie preesistenti, aggravati dalle condizioni ambientali estreme e dalla mancanza di acclimatamento all’altitudine.

L’escursionismo si conferma l’attività più a rischio, con il 44,3% degli interventi legati a questa pratica. Tuttavia, anche altre attività come l’alpinismo, lo sci alpinismo e la mountain bike contribuiscono in modo significativo al numero totale di soccorsi.

Un ulteriore elemento di riflessione è l’identikit della persona soccorsa: prevalentemente uomini italiani tra i 50 e i 60 anni, spesso vittime di cadute durante escursioni nel mese di agosto. Questo dato suggerisce che anche l’esperienza pregressa non sempre è sufficiente per evitare incidenti, e che è fondamentale mantenere un approccio prudente e consapevole, indipendentemente dal livello di preparazione fisica e tecnica.

Le testimonianze: Dall’allarme dei soccorritori al ruolo dei social media

Le voci dei protagonisti del soccorso alpino offrono un quadro ancora più chiaro della situazione. Maurizio Dellantonio, presidente del CNSAS, ha lanciato un allarme: “Mai così tanti morti in montagna. Siamo oltre ogni limite”. Le sue parole, che riecheggiano con forza nel panorama alpino, sottolineano la gravità della situazione e la necessità di un cambiamento radicale nell’approccio alla montagna.

Alberto Covi, presidente del Soccorso Alpino altoatesino, ha espresso preoccupazione per l’aumento del “turismo da selfie” e per la superficialità con cui molti affrontano l’ambiente alpino: “C’è una maggiore accessibilità alla montagna grazie al boom turistico e sempre più persone si avventurano senza un’adeguata preparazione e rispetto per l’ambiente”.
Entrambi i soccorritori concordano sull’importanza dei social media come fattore di rischio. La diffusione di immagini e video di imprese estreme, spesso realizzate senza la dovuta preparazione, spinge molti ad imitare comportamenti pericolosi, alla ricerca di un facile consenso online. Dellantonio ha affermato: “Uno scatta una foto, scrive: ‘Sono arrivato in cima’ e il giorno seguente qualcun altro ci prova subito, anche senza la giusta preparazione”. Covi ha poi aggiunto: “Sui social media si osservano gesta anche ai limiti e in tanti credono di poterle ripetere, generando un rischio concreto”.

La testimonianza di un soccorritore alpino, che ha preferito rimanere anonimo, offre un ulteriore spunto di riflessione: “Spesso ci troviamo a soccorrere persone che si sono perse a pochi metri dal sentiero, magari perché stavano guardando il cellulare per scattare una foto. La montagna non è un parco giochi, è un ambiente selvaggio che richiede rispetto e attenzione”.

Queste voci, che provengono direttamente dal campo, evidenziano come l’impreparazione, l’influenza dei social media e la mancanza di consapevolezza dei rischi siano fattori determinanti nell’aumento degli incidenti in montagna.

Costi del soccorso alpino: Un servizio essenziale con un prezzo

Il soccorso alpino è un servizio fondamentale per la sicurezza in montagna, ma il suo funzionamento comporta costi significativi per la collettività. La spesa è a carico del Servizio Sanitario Nazionale solo se il trasporto comporta il ricovero del paziente. In caso contrario, alcune regioni, tra cui Valle d’Aosta, Piemonte, Lombardia, Trentino, Alto Adige e Veneto, prevedono il pagamento di tariffe che variano a seconda del tipo di intervento e della regione.

Le tariffe possono variare da poche centinaia di euro per un intervento di soccorso terrestre a diverse migliaia di euro per un intervento con elicottero. In Valle d’Aosta, ad esempio, una chiamata immotivata può costare 225 euro, mentre l’elisoccorso può arrivare a 120 euro al minuto. In Lombardia, un intervento di elisoccorso costa 1500* euro all’ora. Per quanto riguarda l’Alto Adige, se l’intervento si rivela non necessario, l’intero ammontare, potenzialmente di migliaia di euro, potrebbe essere addebitato.

Questi costi, che gravano sulle casse pubbliche, sollevano interrogativi sull’opportunità di rivedere il sistema di finanziamento del soccorso alpino, magari introducendo un sistema di assicurazione obbligatoria per chi pratica attività a rischio in montagna. Tuttavia, è importante sottolineare che il costo del soccorso alpino è solo una parte del problema. Il vero costo, in termini di vite umane perse e di sofferenza causata dagli incidenti, è incalcolabile.

Prevenire è meglio che curare: Riflessioni e proposte per una montagna più sicura

Di fronte a questi dati allarmanti, è fondamentale interrogarsi su come sensibilizzare il pubblico e prevenire incidenti. La formazione e l’informazione sono strumenti fondamentali per chi frequenta la montagna. Conoscere i propri limiti, scegliere percorsi adeguati alle proprie capacità, utilizzare attrezzatura idonea e informarsi sulle condizioni meteo sono accorgimenti che possono fare la differenza tra una giornata indimenticabile e una tragedia.
Alberto Covi suggerisce che l’educazione dovrebbe partire dalle scuole e proseguire con associazioni come il CAI, e che anche le aziende turistiche dovrebbero fornire informazioni pratiche su attrezzatura, idratazione e limiti fisici.

Un’analisi comparativa con altri paesi alpini potrebbe fornire spunti utili per migliorare la situazione in Italia. In Austria e Svizzera, ad esempio, una solida tradizione e cultura della montagna contribuiscono a una maggiore consapevolezza dei rischi e a una maggiore attenzione alla sicurezza. In Nord America, invece, prevale un approccio “wilderness”, che punta sull’autosufficienza e sulla preparazione individuale, con una forte responsabilizzazione degli escursionisti.

Il soccorso alpino svolge un ruolo insostituibile, ma la prevenzione è la chiave per ridurre il numero di interventi e garantire la sicurezza in montagna. Un appello alla responsabilità individuale e alla consapevolezza dei rischi, per vivere la montagna in modo sicuro e rispettoso. Il presidente Covi ha affermato: “Anche se il Soccorso Alpino c’è sempre, non è un servizio taxi”. La montagna è un ambiente meraviglioso, ma esige rispetto e preparazione.

Oltre l’emergenza: Coltivare una cultura della montagna

La questione della sicurezza in montagna non si esaurisce nella mera gestione dell’emergenza e nel conteggio degli interventi di soccorso. Si tratta, piuttosto, di promuovere una vera e propria cultura della montagna, basata sul rispetto, sulla consapevolezza dei rischi e sulla preparazione adeguata. È necessario superare la logica del “turismo mordi e fuggi”, che trasforma la montagna in un mero sfondo per selfie e imprese superficiali, e riscoprire il valore autentico di un ambiente unico e fragile, che richiede un approccio umile e responsabile.

In quest’ottica, è fondamentale investire nell’educazione e nella sensibilizzazione, a partire dalle scuole e dalle famiglie, per trasmettere alle nuove generazioni l’amore per la montagna e la consapevolezza dei suoi pericoli. È necessario, inoltre, promuovere un turismo sostenibile e responsabile, che valorizzi le tradizioni locali e il rispetto per l’ambiente, e che scoraggi comportamenti imprudenti e superficiali. Solo in questo modo sarà possibile garantire la sicurezza in montagna e preservare la bellezza e l’integrità di questo ambiente per le future generazioni.


Articolo e immagini generati dall’AI, senza interventi da parte dell’essere umano. Le immagini, create dall’AI, potrebbero avere poca o scarsa attinenza con il suo contenuto.(scopri di più)
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