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Lavorare in quota: è davvero troppo alto il prezzo da pagare?

La scomparsa di Tony Facchin riapre il dibattito sulla sicurezza dei lavoratori alpini e sulla necessità di una vigilanza più efficace per prevenire incidenti mortali.
  • Nel periodo tra gennaio e luglio 2025, si sono verificati in Italia ben 607 decessi sul luogo di lavoro, un aumento di 30 unità rispetto all'anno precedente, evidenziando un trend allarmante.
  • Nel 2018, il Soccorso Alpino e Speleologico ha effettuato 9.554 operazioni di soccorso, il numero più alto mai registrato, con le cadute o scivolamenti che rappresentano il 47,3% dei casi.
  • Daniele Girardi, segretario generale della Flai Cgil di Belluno, e Sebastiano Grosselle, esponente della segreteria veneta, hanno dichiarato congiuntamente che «il lavoro di manutenzione che si svolge in territorio montano presenta quasi sempre un profilo di rischio elevato, sensibilmente superiore a quello riscontrabile in numerosi altri contesti professionali».

Un’inchiesta sulla sicurezza dopo la scomparsa di Tony Facchin

Il tragico incidente che ha visto la perdita di Tony Facchin, un esperto boscaiolo di 42 anni, mentre operava su una strada forestale nei pressi di Livinallongo Del Col Di Lana, ha riportato prepotentemente al centro del dibattito pubblico le complesse e spesso precarie condizioni di sicurezza in cui versano i lavoratori alpini. L’evento, datato sabato scorso, ha innescato una serie di interrogativi cruciali circa le responsabilità gravanti sui datori di lavoro, l’effettiva validità e applicazione dei controlli di sicurezza, e l’urgenza di una più capillare e incisiva sensibilizzazione in merito ai pericoli intrinseci al peculiare ambiente montano.

I rischi del lavoro ad alta quota

L’ambiente montano, con la sua intrinseca variabilità climatica, la morfologia del territorio spesso impervia e la problematica dell’isolamento logistico, si configura come un contesto lavorativo intrinsecamente periglioso. I professionisti che operano in questo scenario, sovente impegnati in attività quali la silvicoltura, la manutenzione di infrastrutture sciistiche, o la gestione di rifugi alpini, si trovano esposti a un’ampia gamma di rischi, tra cui spiccano le cadute accidentali, gli incidenti connessi all’utilizzo di macchinari complessi, il pericolo di ipotermia a causa delle rigide temperature, e altre situazioni di emergenza potenzialmente letali. Le condizioni di lavoro in alta quota richiedono una preparazione specifica e una costante attenzione, poiché anche il più piccolo errore può avere conseguenze fatali.

Le peculiarità del lavoro in montagna richiedono una profonda conoscenza dell’ambiente e delle sue dinamiche. La rapida evoluzione delle condizioni meteorologiche può trasformare un’attività ordinaria in una situazione di pericolo in pochi minuti. La gestione del rischio diventa quindi una competenza fondamentale per chi opera in questo settore. La formazione continua e l’aggiornamento sulle nuove tecnologie e procedure di sicurezza sono essenziali per minimizzare i rischi e garantire la sicurezza dei lavoratori.

Le aziende che operano in montagna devono adottare misure di sicurezza rigorose e fornire ai propri dipendenti attrezzature adeguate e formazione specifica. La valutazione dei rischi deve essere effettuata da professionisti esperti che tengano conto delle peculiarità dell’ambiente montano e delle attività svolte. La collaborazione tra aziende, sindacati e enti di controllo è fondamentale per migliorare le condizioni di lavoro e ridurre il numero di incidenti.

La prevenzione degli incidenti in montagna passa anche attraverso la sensibilizzazione dei lavoratori e la promozione di una cultura della sicurezza. È importante che i lavoratori siano consapevoli dei rischi a cui sono esposti e che siano in grado di riconoscere e gestire le situazioni di pericolo. La comunicazione e la condivisione delle esperienze sono fondamentali per diffondere le buone pratiche e migliorare la sicurezza sul lavoro.

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L’indagine della flai cgil e la necessità di una nuova vigilanza

A seguito dell’incidente occorso a Facchin, la Flai Cgil ha espresso serie preoccupazioni circa le attuali lacune nel sistema di vigilanza del settore forestale. Il sindacato invoca l’implementazione di verifiche più severe e approfondite, mirate a valutare l’adeguatezza delle strumentazioni tecnologiche a disposizione dei lavoratori, la qualità e completezza dei programmi di formazione del personale, e l’efficacia complessiva delle attività di controllo svolte dagli enti preposti. Secondo le dichiarazioni congiunte di Daniele Girardi, segretario generale della Flai Cgil di Belluno, e Sebastiano Grosselle, esponente della segreteria veneta, “il lavoro di manutenzione che si svolge in territorio montano presenta quasi sempre un profilo di rischio elevato, sensibilmente superiore a quello riscontrabile in numerosi altri contesti professionali”. Questa affermazione sottolinea l’urgenza di un intervento mirato per migliorare la sicurezza dei lavoratori alpini.

La Flai Cgil ha evidenziato la necessità di un approccio più proattivo alla sicurezza sul lavoro in montagna. Il sindacato propone l’istituzione di un sistema di monitoraggio continuo delle condizioni di lavoro e l’adozione di misure preventive mirate a ridurre il rischio di incidenti. La formazione dei lavoratori deve essere costantemente aggiornata e adattata alle nuove tecnologie e alle nuove sfide poste dall’ambiente montano. È inoltre fondamentale garantire ai lavoratori il diritto di segnalare eventuali situazioni di pericolo senza timore di ritorsioni.

La collaborazione tra sindacati, aziende e istituzioni è essenziale per creare un ambiente di lavoro sicuro e dignitoso per i lavoratori alpini. È necessario promuovere un dialogo costruttivo e affrontare le problematiche del settore con un approccio pragmatico e orientato alla ricerca di soluzioni concrete. La sicurezza sul lavoro deve essere considerata una priorità assoluta e non un mero adempimento burocratico.

La Flai Cgil si impegna a promuovere iniziative volte a sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza della sicurezza sul lavoro in montagna. Il sindacato intende organizzare campagne di informazione e formazione, promuovere la ricerca e lo sviluppo di nuove tecnologie per la sicurezza, e collaborare con le istituzioni per l’adozione di normative più stringenti e efficaci.

Il recente tragico incidente ha dimostrato che c’è ancora molto da fare per garantire la sicurezza dei lavoratori alpini. La Flai Cgil è determinata a fare la sua parte per migliorare le condizioni di lavoro e ridurre il numero di incidenti.

Dati allarmanti e la testimonianza di un esperto

Le statistiche relative agli infortuni sul lavoro in ambiente montano delineano uno scenario preoccupante. Secondo i dati forniti dall’Osservatorio Sicurezza sul Lavoro e Ambiente Vega Engineering di Mestre, nel periodo compreso tra gennaio e la fine di luglio del 2025, si sono verificati in Italia ben 607 decessi sul luogo di lavoro, con un incremento di 30 unità rispetto all’anno precedente. Il Trentino Alto Adige si posiziona tra le regioni più esposte a tale rischio, con un totale di 12 vittime e un’incidenza percentuale superiore alla media nazionale. Questi numeri evidenziano la necessità di interventi urgenti e mirati per invertire questa tendenza allarmante.

Il Soccorso Alpino e Speleologico, nel corso del 2018, ha effettuato 9.554 operazioni di soccorso, il numero più elevato mai registrato nella sua storia. La causa predominante degli incidenti è rappresentata dalle cadute o scivolamenti, responsabili del 47,3% dei casi, seguite dallo smarrimento, dall’incapacità fisica, dai ritardi, dall’esaurimento delle energie, e dalle avverse condizioni meteorologiche, che incidono per il 25,7%. L’escursionismo si conferma come l’attività più rischiosa, rappresentando il 40,4% delle chiamate di soccorso. Questi dati forniscono un quadro dettagliato delle principali cause di infortunio in montagna e delle attività più a rischio.

Marco Milanese, rinomato alpinista e guida alpina, autore dell’opera “Volare le Montagne. Di linee, equilibri e altre libertà”, pone l’accento sull’importanza cruciale della consapevolezza dei rischi nell’ambiente montano. “Quando ti senti sicuro in montagna hai già sbagliato”, afferma Milanese, sottolineando come sia fondamentale coltivare un sano timore, gestendolo in modo efficace attraverso l’esperienza e un’adeguata preparazione. La sua testimonianza evidenzia come la sicurezza in montagna non sia solo una questione di attrezzature e procedure, ma anche di mentalità e approccio consapevole.

I dati statistici e la testimonianza di Marco Milanese convergono nell’evidenziare l’urgenza di un impegno più concreto per garantire la sicurezza dei lavoratori alpini. È indispensabile investire in modo significativo nella formazione, nell’acquisto di attrezzature all’avanguardia e nell’implementazione di controlli più efficaci, promuovendo al contempo una maggiore sensibilizzazione in merito ai rischi specifici associati all’ambiente montano. La tragica scomparsa di Tony Facchin deve rappresentare un monito per tutti: la sicurezza sul lavoro non può essere considerata un mero costo, bensì un investimento imprescindibile nella salvaguardia della vita umana.

La formazione dei lavoratori alpini deve essere completa e aggiornata, comprendendo non solo le tecniche di lavoro specifiche, ma anche la gestione dei rischi, il pronto soccorso e la conoscenza dell’ambiente montano. Le attrezzature devono essere adeguate alle condizioni di lavoro e costantemente controllate e manutenute. I controlli devono essere effettuati da personale qualificato e indipendente, in grado di individuare e segnalare eventuali situazioni di pericolo.

Prospettive future per la sicurezza in montagna

La tragica scomparsa di Tony Facchin ha innescato un’onda di riflessioni e proposte concrete per migliorare la sicurezza sul lavoro in montagna. Le istituzioni, le organizzazioni sindacali e le associazioni di categoria stanno collaborando per definire nuove strategie e misure preventive. L’obiettivo è quello di creare un ambiente di lavoro più sicuro e sostenibile per tutti i lavoratori alpini.

Tra le proposte in discussione, vi è l’istituzione di un fondo per la sicurezza sul lavoro in montagna, destinato a finanziare la formazione dei lavoratori, l’acquisto di attrezzature di sicurezza e la realizzazione di studi e ricerche sui rischi specifici dell’ambiente montano. Si sta inoltre valutando la possibilità di istituire un registro dei lavoratori alpini, al fine di monitorare le loro condizioni di lavoro e garantire il rispetto delle normative in materia di sicurezza.

Un altro aspetto fondamentale è la promozione di una cultura della sicurezza sul lavoro in montagna. È necessario sensibilizzare i lavoratori, i datori di lavoro e l’opinione pubblica sull’importanza della prevenzione degli incidenti e della creazione di un ambiente di lavoro sicuro e sano. A tal fine, si stanno organizzando campagne di informazione e formazione, seminari e workshop, e si sta promuovendo la diffusione di buone pratiche in materia di sicurezza.

La collaborazione tra istituzioni, organizzazioni sindacali, associazioni di categoria e lavoratori è fondamentale per raggiungere risultati concreti in materia di sicurezza sul lavoro in montagna. È necessario creare un sistema integrato di prevenzione e controllo, che tenga conto delle specificità dell’ambiente montano e delle esigenze dei lavoratori. Solo in questo modo sarà possibile ridurre il numero di incidenti e garantire un futuro più sicuro e sostenibile per tutti i lavoratori alpini.

La sicurezza sul lavoro in montagna è una sfida complessa, ma non impossibile da vincere. Con l’impegno e la collaborazione di tutti, sarà possibile creare un ambiente di lavoro più sicuro e dignitoso per tutti i lavoratori alpini.

Oltre la cronaca: una riflessione sull’alpinismo e la sicurezza

La tragica vicenda di Tony Facchin, pur focalizzandosi sulle condizioni di sicurezza nel lavoro montano, ci invita a una riflessione più ampia sull’alpinismo e sulla percezione del rischio in montagna. Come appassionati di montagna, è fondamentale ricordare che l’ambiente alpino, pur offrendo scenari di incomparabile bellezza e opportunità di crescita personale, presenta intrinsecamente dei pericoli che non possono essere completamente eliminati.

Una nozione base da tenere sempre a mente, per chi si avvicina al mondo della montagna, è l’importanza della preparazione fisica e tecnica, unita a una profonda conoscenza dell’ambiente circostante. Non si tratta solo di saper utilizzare correttamente l’attrezzatura, ma anche di essere in grado di valutare le condizioni meteorologiche, interpretare i segnali del terreno e prendere decisioni consapevoli in situazioni di emergenza.

Parallelamente, un concetto più avanzato riguarda la gestione del rischio residuo, ovvero quella quota di pericolo che permane anche dopo aver adottato tutte le misure di sicurezza possibili. Accettare questo rischio, e saperlo valutare in modo realistico, è parte integrante dell’esperienza alpinistica. Come ci ricorda l’esperienza ci insegna, l’umiltà e la prudenza devono sempre guidare le nostre azioni in montagna.

La vicenda di Tony Facchin ci spinge a interrogarci sul nostro rapporto con la montagna e sulla nostra capacità di gestire il rischio. Ricordiamoci che la montagna non è un parco giochi, ma un ambiente selvaggio e imprevedibile che merita rispetto e consapevolezza. Solo così potremo continuare a vivere la montagna in modo sicuro e appagante.


Articolo e immagini generati dall’AI, senza interventi da parte dell’essere umano. Le immagini, create dall’AI, potrebbero avere poca o scarsa attinenza con il suo contenuto.(scopri di più)
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