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Tragedia sull«Yalung Ri»: La speranza non si spegne grazie agli sherpa

Nonostante le condizioni proibitive e la difficoltà del territorio, gli sherpa nepalesi continuano le ricerche degli alpinisti dispersi, offrendo un esempio di resilienza e solidarietà in uno scenario di dolore e incertezza.
  • Il 3 novembre, una valanga sull'«Yalung Ri» ha travolto un gruppo di 12 alpinisti, causando la morte di 7 persone, tra cui l'italiano Paolo Cocco.
  • Nonostante le condizioni meteorologiche avverse che hanno interrotto le operazioni di soccorso italiane, la squadra nepalese guidata da Phurba Tenjing Sherpa continua imperterrita le ricerche concentrandosi sull'area indicata dal GPS di Marco Di Marcello.
  • Davide Peluzzi, capo-spedizioniere di Teramo Explora Nunaat International, ha definito l'incidente la più grave calamità mai verificatasi nella regione montuosa, sottolineando i rischi intrinseci dell'alpinismo moderno nonostante le tecnologie avanzate.

Gli interventi di ricerca per rintracciare gli alpinisti scomparsi sul Yalung Ri, situato in Nepal, proseguono incessantemente, anche se le condizioni atmosferiche sono decisamente sfavorevoli e il territorio presenta notevole difficoltà. Il tragico evento è avvenuto a causa di una potenziale valanga, registratasi il 3 novembre. Questa calamità ha coinvolto un gruppo di alpinisti che stavano affrontando la salita del Dolma Khang, un picco che supera i 6.000 metri d’altitudine.

La tragedia e le prime operazioni di soccorso

Un gruppo composto da dodici alpinisti è stato sommerso da una valanga devastante che ha provocato la morte tragica di sette membri dello stesso gruppo; tra essi figurava l’italiano Paolo Cocco, fotografo quarantunenne e già vicesindaco a Fara San Martino. Le prime fasi dei soccorsi sono state dirette da Agostino Da Polenza, con il supporto operativo fornito da due elicotteri: uno della Simrik Air e l’altro gestito dall’Eli Everest. In seguito ai voli ricognitivi effettuati nel teatro dell’accaduto sono stati rinvenuti ramponi e pezzi d’abbigliamento che confermavano la ferocia dell’incidente.

Le attività investigative si sono concentrate attorno al monte Yalung Ri; un’attenzione particolare è stata rivolta al luogo specifico dove il GPS del recentemente segnalato Marco Di Marcello aveva registrato i suoi ultimi dati. Purtroppo però le dimensioni vastissime della zona interessata dagli eventi avversi unite alle rigide temperature ambientali ed alla neve compattata hanno ostacolato notevolmente le operazioni delle squadre impegnate nei soccorsi.

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  • 🙏 Un tributo agli sherpa che non si arrendono......
  • 🤔 L'alpinismo moderno: preparazione impeccabile, ma rischio ineludibile......
  • 💔 Una tragedia che solleva interrogativi profondi sull'alpinismo......

La speranza non si spegne: gli sherpa in prima linea

Malgrado l’interruzione delle operazioni da parte dei soccorritori italiani a seguito di condizioni meteorologiche estremamente sfavorevoli, la squadra nepalese capitanata da Phurba Tenjing Sherpa di Dreamers Destination ha perseverato instancabilmente nella ricerca. L’ambasciatore del Parco Gran Sasso-Laga, Phurba, ha manifestato una ferrea volontà nel continuare gli sforzi, sebbene fosse pienamente consapevole della bassa probabilità di rinvenire i dispersi ancora in vita.

La squadra di Phurba ha concentrato le ricerche sull’area indicata dal GPS di Di Marcello, un’area vasta e impervia. I membri della famiglia Di Marcello hanno accolto con un senso di sollievo la decisione degli sherpa riguardo alla ricerca di Marco. In modo particolare, il suo fratello Gianni ha manifestato una profonda speranza e una netta convinzione nell’abilità del rinomato alpinista Phurba, affermando che potesse riuscire a ritrovare Marco vivo.

Identità dei dispersi e contesto delle spedizioni

Nel novero delle persone disperse figura anche Marco Di Marcello; con lui ci sono l’altoatesino Markus Kirchler, il tedesco Jakob Schreiber e due nepalesi: Mere Karki e Padam Tamang. Il biologo e alpinista Marco Di Marcello aveva 37 anni ed era originario della località Villa Zaccheo nel comune di Castellalto in provincia di Teramo.

La familiarità che Phurba Tenjing Sherpa nutriva per Di Marcello, così come per Tamang e Cocco, derivava dalle loro precedenti collaborazioni in quattro spedizioni dirette da Davide Peluzzi. Quest’ultimo è il capo-spedizioniere della realtà Teramo Explora Nunaat International, nonché un noto ambasciatore del Parco stesso. Nella sua dichiarazione sulla vicenda tragica avvenuta sull’Himalaya, Peluzzi ha evidenziato che si tratta della più grave calamità mai verificatasi nella regione montuosa.

Un tributo alla resilienza e alla solidarietà

L’incidente verificatosi sullo Yalung Ri ha avuto un impatto devastante sulla comunità degli alpinisti, richiamando l’attenzione sulla pericolosità insita nelle spedizioni ad alta quota. In contrapposizione a questa drammaticità, emerge il valore della resilienza degli sherpa, i quali mostrano una forte affinità con queste vette maestose. La loro tenacia nel proseguire le operazioni di ricerca – anche in condizioni difficili e con scarso ottimismo – rappresenta un fulgido esempio di coraggio e spirito di solidarietà.

Oltre la tragedia: riflessioni sull’alpinismo moderno

<L'alpinismo moderno, pur usufruendo di tecnologie all’avanguardia insieme a una preparazione minuziosa, permane come attività gravata da intrinseci rischi. La vastità delle montagne con la loro natura incostante rappresenta una continua sfida per l’essere umano, mettendone alla prova i limiti sia fisici che psicologici.
L’incidente sullo Yalung Ri evidenzia quanto sia cruciale avere cautela nel praticare questo sport: non dimentichiamo mai l’importanza della preparazione previa insieme al dovuto rispetto verso l’ambiente montano. Riconoscere adeguatamente il profilo dei rischi è essenziale; organizzarsi con attenzione per ogni spedizione ed evitare qualsiasi sottovalutazione delle condizioni atmosferiche sono passaggi necessari.

È importante tenere presente che non bisogna considerare la montagna come un nemico da abbattere; piuttosto dovrebbe essere vista come un ecosistema da esplorare con oculatezza. Adottando una mentalità umile è fondamentale garantire sicurezza nell’affrontare queste esperienze estreme dell’alpinismo.
In aggiunta ai fondamenti già esposti sulla pura forza fisica o competenze tecniche c’è il tema chiave della gestione del rischio sulle vette elevate. Saper calibrare i livelli di rischio attraverso decisioni lucide diventa essenziale anche quando si opera sotto pressione in situazioni d’emergenza. Saper riconoscere le dinamiche legate alle valanghe, saper leggere i segnali forniti dal terreno circostante insieme alla rapidità nell’affrontare situazioni inattese sono elementi cruciali per garantire una sopravvivenza in contesti estremi.

La terribile vicenda dello Yalung Ri sollecita una profonda meditazione circa il vero significato dell’arte alpinistica nonché sul complesso rapporto fra l’essere umano e i grandi massicci montuosi. Ma quali forze motivazionali ci spronano ad intraprendere sfide tanto elevate? Ciò potrebbe essere correlato alla volontà di testare i nostri limiti personali o all’esigenza impellente di affrontare gli spazi naturali puri e intatti. In definitiva, che si tratti della necessità di superarsi o semplicemente della pura passione per l’avventura outdoor, risulta imprescindibile avvicinarsi alle montagne portando rispetto, cognizione del rischio. Dobbiamo costantemente ricordarci come questa magnificenza naturale racchiuda al suo interno potenzialità distruttive oltre a quelle estetiche.


Articolo e immagini generati dall’AI, senza interventi da parte dell’essere umano. Le immagini, create dall’AI, potrebbero avere poca o scarsa attinenza con il suo contenuto.(scopri di più)
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