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Himalaya in pericolo: scopri come inquinamento e cambiamenti climatici stanno trasformando il tetto del mondo

Un'analisi approfondita rivela l'allarmante impatto dell'inquinamento e della riduzione della neve sull'himalaya, con conseguenze devastanti per miliardi di persone e l'intero ecosistema montano.
  • L'himalaya è sempre più soffocato dall'inquinamento, con la stagione secca estesa fino a dicembre, peggiorando la qualità dell'aria e riducendo la visibilità.
  • Nel 2024, a pokhara, si sono registrati 168 giorni consecutivi di fitta foschia, rispetto ai soli 23 di quattro anni prima, un aumento che aggrava le malattie respiratorie.
  • I ghiacciai dell'hindu kush himalaya potrebbero ridursi fino all'80% entro la fine del secolo, minacciando l'approvvigionamento idrico di 12 fiumi e 2 miliardi di persone in asia.
  • Le precipitazioni nevose nell'himalaya hanno raggiunto il livello più basso degli ultimi 23 anni, con una diminuzione del 23,6% rispetto alla media, aumentando il rischio di siccità e la dipendenza dalle falde acquifere.

Inquinamento e Cambiamenti Climatici Minacciano il Tetto del Mondo

L’Himalaya, un tempo sinonimo di vette immacolate e cieli tersi, sta affrontando una crisi senza precedenti. La bellezza iconica di queste montagne, le più alte del mondo, è sempre più oscurata da una cappa di inquinamento persistente. Questo fenomeno, che si protrae ormai per tutto l’anno, trasforma il panorama in un indistinto mare di fumo e polveri, con conseguenze devastanti per l’ambiente, la salute umana e l’economia regionale.

Un tempo, le stagioni primaverili e autunnali, da marzo a maggio e da ottobre a novembre, offrivano condizioni atmosferiche ideali con cieli limpidi. Oggi, la “stagione secca” si è estesa fino a dicembre, portando a un drastico peggioramento della qualità dell’aria e a una riduzione della visibilità a poche migliaia di metri. Banchi di particolato (PM10, PM2.5), microfibre e fuliggine rimangono sospesi nell’aria, avvolgendo valli come quella di Kathmandu in una foschia perenne.

Le ripercussioni sono tangibili e immediate. Ad aprile 2025, un volo internazionale ha dovuto effettuare quasi 20 tentativi di atterraggio a Kathmandu a causa della scarsa visibilità, un problema aggravato dalla posizione dell’aeroporto, circondato da colline e montagne che richiedono condizioni di visibilità ottimali. Questi disagi si traducono in ritardi, cancellazioni e inevitabili aumenti dei costi per i viaggiatori.

Le cause di questa crisi sono molteplici e interconnesse. Le emissioni veicolari e industriali della capitale nepalese sono tra i principali responsabili, aggravate dalla proliferazione di cantieri edili e dalla combustione incontrollata dei rifiuti. Nelle regioni settentrionali, la pratica agricola del “fuoco post raccolto”, in cui stoppe e sterpaglie vengono bruciate, contribuisce ulteriormente all’inquinamento atmosferico. A ciò si aggiungono i monsoni sempre più irregolari, con periodi di siccità prolungati alternati a rovesci intensi, che impediscono la dispersione degli agenti inquinanti.

L’impatto sulla salute pubblica è allarmante. Nel 2024, a Pokhara, si è osservato un incremento notevole nella presenza di fitta foschia, registrando 168 giorni consecutivi rispetto ai soli 23 di quattro anni prima. Questo aumento esponenziale ha un effetto devastante sulle malattie respiratorie e cardiovascolari, colpendo in particolare le fasce più vulnerabili della popolazione. Anche sul versante indiano, in Uttarakhand e in Pakistan occidentale, le cime un tempo nitide sono ora offuscate dallo smog. La situazione richiede una strategia multilivello che comprenda normative più severe sulle emissioni, una gestione più efficace dei rifiuti, pratiche agricole alternative al “fuoco” e sistemi di monitoraggio continuo della qualità dell’aria.

La Criosfera dell’Hindu Kush Himalaya: Un Declino Inarrestabile

Un rapporto dell’International Center for Integrated Mountain Development (ICIMOD), che coinvolge otto nazioni tra cui Afghanistan, Bangladesh, Bhutan, Cina, India, Myanmar, Nepal e Pakistan, ha rivelato che i cambiamenti nella criosfera dell’Hindu Kush Himalaya (HKH) sono “senza precedenti e in gran parte irreversibili”. Lo studio, basato sui più recenti progressi scientifici, evidenzia i legami tra criosfera, acqua, biodiversità e società nella regione, tracciando gli impatti dei rapidi cambiamenti dei ghiacciai e della neve sulle persone e sulla natura.

Considerando le attuali tendenze delle emissioni, si stima che entro la fine del secolo i ghiacciai nell’HKH possano subire una riduzione fino all’80% del loro volume attuale. È previsto che la copertura nevosa si contragga fino a un quarto negli scenari con elevate emissioni, con una drastica riduzione dell’apporto di acqua dolce per corsi d’acqua vitali come l’Amu Darya, l’Indo e l’Helmand. Il calo del permafrost comporterà un aumento delle frane e problematiche per le infrastrutture situate ad alta quota.

Gli scienziati prospettano ripercussioni catastrofiche per la sicurezza idrica e alimentare, le fonti energetiche, gli ecosistemi e la vita di centinaia di milioni di individui in tutta l’Asia. Tra il 2011 e il 2020, i ghiacciai dell’HKH sono diminuiti con una rapidità superiore del 65% rispetto al decennio precedente. Il documento sottolinea l’impellente necessità di un supporto a livello internazionale e di una collaborazione regionale per affrontare le perdite e i danni inevitabili nel breve termine e per sostenere gli sforzi di adattamento delle comunità locali.

La vicedirettrice generale dell’ICIMOD, Izabella Koziell, ha avvertito che “i ghiacciai dell’Hindu Kush Himalaya sono una componente importante del sistema terrestre. Con 2 miliardi di persone in Asia che dipendono dall’acqua che i ghiacciai e la neve trattengono, le conseguenze della perdita di questa criosfera sono troppo vaste per essere contemplate”.

Il ghiaccio e la neve nell’Hindu Kush himalayano costituiscono una risorsa idrica essenziale per 12 fiumi che attraversano 16 Paesi asiatici, garantendo acqua dolce e servizi ecosistemici vitali a 240 milioni di abitanti delle aree montane e a 1,65 miliardi nelle zone a valle. Le popolazioni montane vulnerabili stanno già sperimentando gravi effetti negativi, inclusi eventi catastrofici che causano la perdita di vite umane, proprietà e infrastrutture.

Amina Maharjan, specialista senior in mezzi di sussistenza all’ICIMOD, ha evidenziato che “gli attuali sforzi di adattamento sono del tutto insufficienti per affrontare le sfide poste dal cambiamento criosferico e gli eventi estremi che ora sappiamo che, con un alto grado di certezza, colpiranno queste comunità già vulnerabili con maggiore portata e complessità”.

Si prevede che la disponibilit di acqua nell’HKH raggiungerà il picco a metà del secolo, per poi diminuire, con la variabilit dell acqua di scioglimento dei ghiacciai e della neve che si tradurr in un enorme incertezza per le comunit montane e le grandi popolazioni di pianura. Inondazioni e frane sono destinate ad aumentare nei decenni a venire, con pericoli a insorgenza lenta e rapida che si manifestano spesso contemporaneamente negli stessi bacini idrografici. Attualmente, nell’HKH si contano 200 laghi glaciali considerati a rischio, e la regione potrebbe assistere a un incremento significativo del pericolo di inondazioni causate dalla rottura di laghi glaciali (GLOF) entro la fine del secolo.

Gli effetti del mutamento della criosfera sugli ecosistemi montani fragili sono particolarmente marcati, con impatti a cascata osservati nella maggior parte degli habitat e che interessano la maggior parte delle specie viventi. Sono già stati segnalati il declino e l’estinzione di specie, insieme allo spostamento degli areali verso quote superiori, il degrado degli ecosistemi e l’introduzione di specie invasive.

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Allarme Neve: Minimi Storici e Rischio Siccità nell’Himalaya

La carenza di neve sull’Himalaya minaccia l’approvvigionamento idrico di due miliardi di persone. In Nepal, le precipitazioni nevose nella catena montuosa Hindu Kush hanno toccato il livello più basso degli ultimi 23 anni, ponendo a rischio la popolazione che dipende dallo scioglimento della neve. La significativa diminuzione della persistenza nevosa, pari al 23,6% al di sotto della media, per il terzo anno consecutivo, fa presagire una potenziale riduzione dei flussi fluviali, una maggiore dipendenza dalle falde acquifere e un accresciuto rischio di siccità.

Secondo l’Hkh Snow Update Report 2025 dell’International Center for Integrated Mountain Development (Icimod), il 2025 non solo ha segnato il terzo anno consecutivo con persistenza nevosa inferiore alla norma, ma ha anche raggiunto un minimo storico negli ultimi 23 anni, attestandosi al -23,6% rispetto alla media. Quattro dei cinque inverni tra il 2020-2021 e il 2024-2025 hanno registrato una persistenza nevosa inferiore alla norma in tutti e dodici i bacini fluviali analizzati. I cali più marcati si sono osservati nei bacini del Mekong (-51,9%) e del Salween (-48,3%), seguiti dall’altopiano tibetano (-29,1%), dal Brahmaputra (-27,9%), dallo Yangtze (-26,3%) e dal Gange (-24,1%). Anche i bacini dove la neve è predominante, come l’Amu Darya (-18,8%) e l’Indo (-16%), hanno contribuito a questa riduzione della persistenza nevosa.

Sher Muhammad, autore principale del rapporto, ha spiegato che “quest’anno, le nevicate sono iniziate tardi a gennaio e sono rimaste basse in media durante la stagione invernale”. Diversi paesi della regione hanno già emesso allarmi di siccità, legati al fatto che i prossimi raccolti e l’eccesso all’acqua saranno a rischio per popolazioni già provate da ondate di calore sempre pi lunghe, pi intense e pi frequenti.

Gli autori del rapporto raccomandano che le autorità competenti si preparino con anticipo, elaborando strategie per un’allocazione ottimale delle risorse idriche e istituendo protocolli di risposta alla siccità per garantire interventi efficaci e tempestivi in caso di emergenze. Pema Gyamitsho, direttore generale dell’Icimod, ha commentato che

Il rapporto, che si avvale delle più recenti scoperte della scienza, pone in risalto i nessi esistenti tra la criosfera, l’acqua, la diversità biologica e le comunità della regione, analizzando gli effetti delle rapide alterazioni che interessano ghiacciai e manto nevoso sulla vita delle persone e sull’ambiente circostante.
Considerando che miliardi di asiatici fanno affidamento sull’acqua immagazzinata nei ghiacciai e nella neve, le implicazioni derivanti dalla scomparsa di questa parte cruciale dell’ambiente sono enormi e vanno ben oltre la nostra capacità di comprensione.

Amina Maharjan, esperta senior in risorse vitali presso l’ICIMOD, ha fatto notare che le misure di adeguamento attualmente in atto sono del tutto insufficienti per fronteggiare le difficoltà provocate dai cambiamenti della criosfera e dagli eventi estremi che, come ora sappiamo con un elevato livello di certezza, avranno un impatto sempre più ampio e complesso su queste comunità, che sono già in condizioni di fragilità.
Si prevede che la quantità di acqua disponibile nell’HKH raggiungerà il suo apice verso la metà del secolo, per poi cominciare a decrescere, e l’incertezza legata all’acqua proveniente dallo scioglimento dei ghiacciai e della neve causerà notevoli problemi alle comunità montane e alle vaste popolazioni che risiedono nelle pianure.

Numerosi paesi della regione hanno già lanciato l’allarme siccità, segnalando il pericolo per le prossime produzioni agricole e per la disponibilità idrica, con popolazioni già duramente colpite da ondate di calore sempre più estese, violente e ricorrenti.


Articolo e immagini generati dall’AI, senza interventi da parte dell’essere umano. Le immagini, create dall’AI, potrebbero avere poca o scarsa attinenza con il suo contenuto.(scopri di più)
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