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- Negli ultimi 10 anni, il ghiacciaio del Ventina si è ritirato di circa 400 metri, rendendo obsolete le tradizionali metodologie di misurazione delle variazioni glaciali.
- La ritirata dei ghiacciai porta alla luce rocce vulnerabili all'erosione, aumentando il rischio di frane e smottamenti, trasformando sentieri un tempo sicuri in insidie.
- L'implementazione di sistemi affidabili per il monitoraggio continuo dei laghi glaciali è imprescindibile per prevenire inondazioni e colate detritiche, un rischio crescente a causa dello scioglimento dei ghiacciai.
Un simbolo del cambiamento climatico
Nella sua intramontabile capacità di attrarre esploratori e avventurieri intrepidi, le montagne, da sempre mete di scoperta e sfida, si presentano oggi come teatri di una trasformazione accelerata. Il recente, tragico episodio verificatosi sul ghiacciaio del Ventina, in Valmalenco, costituisce un’evidente e drammatica dimostrazione di come i cambiamenti climatici stiano ridefinendo le dinamiche tra l’uomo e gli ambienti montani. Un tempo contraddistinto da una maestosità glaciale, *il Ventina è divenuto un simbolo del regresso dei ghiacciai alpini, non solo un’immagine dell’evoluzione orografica, bensì anche dell’aumento costante dei nuovi pericoli legati alla pratica dell’alpinismo.
L’aspetto più allarmante risiede nella velocità dei cambiamenti: negli ultimi dieci anni, il ghiacciaio si è ritirato di circa 400 metri. Questo calo impressionante rende obsolete le tradizionali metodologie di misurazione delle variazioni glaciali. Tale arretramento porta alla luce rocce precedentemente nascoste, rendendole vulnerabili all’erosione, con conseguente aumento della probabilità di frane, smottamenti o crolli.
I sentieri – un tempo ritenuti sicuri – si trasformano rapidamente in insidie, celando crepacci nascosti o seracchi instabili, pronti a cedere. È un ambiente in costante evoluzione, dove la conoscenza del territorio e la preparazione diventano elementi cruciali per la sopravvivenza.
La montagna, tuttavia, è spesso percepita come un ambiente “addomesticato”, un parco giochi a cielo aperto dove i rischi sono minimizzati e la natura è sotto controllo. Questa illusione, alimentata da un turismo di massa sempre più frettoloso e superficiale, porta molti escursionisti e alpinisti a sottovalutare i pericoli oggettivi e a intraprendere escursioni senza la preparazione adeguata. Equipaggiamento inadatto, mancanza di esperienza, sottovalutazione delle condizioni meteorologiche: sono tutti fattori che contribuiscono ad aumentare il rischio di incidenti.
La tragedia del Ventina ci ricorda che la montagna non è un luogo da affrontare con leggerezza. Richiede rispetto, preparazione e consapevolezza dei propri limiti. Ignorare questi principi significa mettere a rischio la propria vita e quella degli altri.

Nuove rotte, nuovi pericoli: l’evoluzione del rischio
La ritirata dei ghiacciai ha conseguenze dirette sul panorama montano: non solo modifica gli scenari naturali ma introduce anche nuove sfide e insidie nel percorso degli alpinisti. Le vie consuete che un tempo si snodavano su ampie distese di gelo hanno perso la loro solidità; ora appaiono come tratti fragili ed incerti da percorrere. Crepaci finora invisibili emergono improvvisamente, mentre i seracchi evidenziano segni di debolezza sempre maggiori; inoltre, gli strapiombi montani subiscono l’assenza della struttura glaciale creando condizioni favorevoli a crolli letali o movimenti della terra accidentali. Di conseguenza, chi pratica l’alpinismo deve fronteggiare prove mai sperimentate prima d’ora, necessitando così sia di competenze approfondite riguardo all’ambiente circostante sia della straordinaria abilità nell’adattarsi a tali cambiamenti imprevedibili.
In particolare, destando preoccupazione è lo scioglimento del permafrost – quella porzione di terreno permanentemente gelato presente nelle Alpi sulle alture – un indizio crescente dell’emergente crisi climatica cui ci troviamo faccia a faccia oggi. Questa massa congelata riveste infatti un ruolo cruciale: essa agisce come collante tra le rocce stabilizzando efficacemente i pendii circostanti; con il suo progressivo scioglimento tuttavia assistiamo alla destabilizzazione delle strutture rocciose sottostanti aumentando esponenzialmente anche le probabilità di frane imminenti o eventi franosi catastrofici. L’alta quota presenta quindi notevoli rischi legati alle suddette dinamiche: qui le temperature generalmente contenute contribuiscono ulteriormente alla permanenza ed estensione degli strati artici del suolo…
I laghi glaciali stanno emergendo come risultati dello scioglimento dei ghiacciai; tali formazioni acquatiche costituiscono una minaccia considerevole. Posizionati frequentemente in luoghi caratterizzati da instabilità geologica, questi specchi d’acqua possono sovraccaricarsi repentinamente ed esondare. Ciò provoca potenziali inondazioni accompagnate da colate detritiche che possono gravemente danneggiare le vallate sottostanti. Pertanto, l’implementazione di sistemi affidabili per il monitoraggio continuo dei laghi è imprescindibile per attuare misure preventive contro simili catastrofi.
L’evoluzione del paesaggio alpino impone una revisione completa dell’approccio alpinistico tradizionale. Affidarsi alle antiche guide o ai sentieri consueti non basta più: occorre essere sempre aggiornati riguardo alle variabili ambientali vigenti nel territorio montano circostante attraverso il confronto con specialisti riconosciuti nel settore oppure con guide alpine qualificate; l’impiego della strumentazione corretta si rivela parimenti vitale.
Oggi le montagne offrono uno scenario dinamico e imprevisto, richiedendo attenzione costante ed elevata adattabilità agli escursionisti odierni.
- Articolo molto interessante, fa riflettere sull'importanza della preparazione......
- La tragedia del Ventina è un campanello d'allarme ⚠️......
- Forse stiamo guardando la montagna con occhi sbagliati 🤔......
La percezione del rischio e l’importanza della preparazione
Uno dei problemi principali nell’alpinismo moderno è la percezione distorta del rischio. Molti escursionisti e alpinisti, attratti dalla bellezza del paesaggio alpino e dalle sfide che offre, tendono a sottovalutare i pericoli oggettivi e a sopravvalutare le proprie capacità. Questa illusione di sicurezza, alimentata da un turismo di massa sempre più frettoloso e superficiale, può avere conseguenze fatali.
Roberto Bolza, consigliere nazionale del Corpo nazionale del soccorso alpino e speleologico (Cnsas), sottolinea l’importanza della “crescita culturale” per ridurre gli incidenti in montagna. Secondo Bolza, è fondamentale che le persone acquisiscano una maggiore consapevolezza dei rischi oggettivi e sviluppino una cultura della sicurezza che comprenda la preparazione fisica e tecnica, l’utilizzo di attrezzature adeguate e la conoscenza del territorio. “Gli infortuni diminuiranno nel momento in cui le persone cresceranno culturalmente, cioè quando si renderanno conto che devono avere una determinata attrezzatura e, cosa non scontata, saperla usare, ma soprattutto allenamento mentale e conoscenza”, afferma Bolza.
Tuttavia, la preparazione va oltre l’acquisizione di abilità tecniche o l’uso appropriato dell’attrezzatura necessaria. Essa implica soprattutto uno stato mentale favorevole che deve fondarsi su principi come prudenza, umiltà, ed inevitabilmente il rispetto per la montagna. Essere coscienti dei propri limiti rappresenta una condizione imprescindibile; infatti, occorre evitare ogni forma di sopravvalutazione delle proprie capacità ed escludere ogni ipotesi d’intraprendere escursioni che superino le forze disponibili. Qualora sussistano incertezze, è sempre consigliabile optare per il ritorno.
Nell’ambito dell’alpinismo contemporaneo risulta fondamentale rivedere l’approccio mentale verso questa disciplina. Essere esclusivamente scalatori esperti o appassionati camminatori non basta più; serve sviluppare qualità quali: l’attenta osservazione dell’ambiente circostante, una riflessione prudente sulle potenziali insidie legate all’escursionismo ed una costante sensibilità rispetto alle esigenze dei luoghi naturali visitati. Soltanto tramite tale apertura mentale sarà possibile affrontare efficacemente i mutamenti climatici in atto mantenendo intatta l’esperienza eccezionale offerta dalle Alpi.
Oltre la tragedia: un nuovo umanesimo alpino
Di fronte alla crescente instabilità delle montagne e all’aumento degli incidenti, è necessario ripensare il nostro rapporto con l’ambiente alpino. Non si tratta solo di adottare misure di sicurezza più efficaci o di migliorare la preparazione tecnica degli alpinisti. È necessario un cambiamento culturale profondo, che promuova un “nuovo umanesimo alpino”, basato sul rispetto, la consapevolezza e la responsabilità.
Questo nuovo approccio implica una maggiore attenzione alla fragilità dell’ambiente montano e alla necessità di preservarlo per le generazioni future. Significa abbandonare la logica del turismo di massa e promuovere un turismo più sostenibile e rispettoso, che valorizzi le tradizioni locali e la cultura alpina. Significa anche riconoscere i limiti del nostro controllo sulla natura e accettare che la montagna è un ambiente selvaggio e imprevedibile, che richiede umiltà e prudenza.
L’appello di [Nome Bristot] contro la spettacolarizzazione della morte in montagna si inserisce in questo contesto. La diffusione sui social media di immagini o filmati relativi a incidenti sulle montagne – frequentemente privi della necessaria contestualizzazione – favorisce una sorta di voyeurismo morboso, portando con sé il rischio tangibile di sminuire l’importanza della consapevolezza personale riguardo ai pericoli reali delle attività alpinistiche. Anziché glorificare eventi tragici come spettacoli da osservare passivamente, sarebbe più opportuno orientarsi verso la prevenzione, rafforzando l’educazione dei praticanti ed incentivando una cultura della sicurezza.
Nell’attuale contesto segnato dal cambiamento climatico, il futuro dell’alpinismo risulta indissolubilmente legato alla nostra abilità nel dare vita a quello che possiamo definire come un _”umanesimo alpino”_. Solo attraverso tale approccio avremo gli strumenti necessari per fronteggiare le difficoltà future mantenendo una relazione positiva con l’ambiente montano.
Cari amici delle alte vette, non possiamo ignorare il messaggio potente inviato dalla triste vicenda del Ventina: è essenziale approcciare l’alpinismo con serietà e attenzione. È fondamentale comprendere che la montagna non deve essere considerata uno spazio ludico; essa rappresenta piuttosto uno scenario selvaggio richiedente preparazione meticolosa ed umiltà adeguata. Investire nella propria formazione consentirà a ciascun alpinista di elevare ogni escursione a una modalità tanto sicura quanto gratificante.
Aspettando l’approfondimento su argomenti complessi, diventa imprescindibile afferrare il modo in cui i cambiamenti climatici influiscono sulla stabilità delle masse glaciali nonché dei pendii montuosi. L’osservazione degli eventi legati al disgelo del permafrost, così come quella riguardante il sorgere di laghi glaciali, permette non solo d’individuare potenziali minacce ma anche d’adattare con saggezza le tecniche alpinistiche impiegate. Una tale coscienza deve unirsi ad adeguate capacità tecniche insieme alla valutazione scrupolosa delle insidie; è qui che si cela il confine tra esperienze straordinarie ed eventi avversi da evitare.
Sono stimolato a chiedervelo: quali passi possiamo compiere affinché nasca una consapevolezza attorno alla sicurezza nei contesti montani? In che modo potremmo facilitare uno sviluppo turistico che si riveli più ecologico ed attento all’integrità ambientale delle aree alpine? Il reperimento delle risposte relative a tali interrogativi si presenta cruciale nel delineamento di uno scenario dove l’amore per le montagne sappia coesistere armonicamente con l’adeguato rispetto verso l’ambiente nonché garanzie della sicurezza collettiva.
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Riformulazione della frase:*
Bolza asserisce che, soltanto attraverso un innalzamento del livello culturale delle persone, che comprenda la consapevolezza della necessità di disporre di equipaggiamento appropriato e, aspetto tutt’altro che scontato, della competenza per utilizzarlo correttamente, unitamente ad un’adeguata preparazione mentale e alla conoscenza del contesto ambientale, si potrà assistere a una riduzione degli incidenti.