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Rifugi Alpini S.O.S: L’allarme dei custodi della montagna di fronte alla crisi climatica

Scopri come lo scioglimento del permafrost e l'aumento delle temperature stanno mettendo a rischio le strutture alpine e cosa si sta facendo per monitorare e mitigare gli effetti del cambiamento climatico.
  • Il rifugio Casati, situato a 3.269 metri di altitudine, dovrà essere demolito e ricostruito a causa dello scioglimento del permafrost, con un investimento di 3,6 milioni di euro dalla Regione Lombardia.
  • La profondità dello «strato attivo» del permafrost ha raggiunto i 7,1 metri a quota 3.100 metri, un aumento di 2 metri rispetto alla media del periodo 2006-2021, secondo la «Carovana dei ghiacciai» di Legambiente.
  • Il Club alpino italiano (Cai) sta trasformando i rifugi in «sentinelle dell'ambiente», iniziando con l'installazione di una centralina al rifugio Galassi e prevedendo ulteriori installazioni in diverse regioni, dalle Alpi all'Etna, in collaborazione con il CNR.

Montagne in trasformazione: l’impatto del cambiamento climatico

L’alta quota è un territorio in rapida evoluzione, un palcoscenico dove le conseguenze del cambiamento climatico si manifestano con una forza inequivocabile. La stabilità precaria dei ghiacciai, l’incremento di frane e smottamenti, la trasformazione profonda dei percorsi alpini: questi sono i sintomi di una montagna che sta cambiando sotto i nostri occhi. I rifugisti, sentinelle privilegiate di questi ambienti, lanciano un allarme che non può essere ignorato.

Il riscaldamento globale non è solo una questione di qualche grado in più nelle temperature medie. È un processo che destabilizza l’intero ecosistema montano, mettendo a rischio le infrastrutture, le attività economiche e, soprattutto, la sicurezza delle persone che frequentano questi luoghi. La fusione del permafrost, quel terreno perennemente ghiacciato che funge da collante per le rocce e i detriti, è uno dei fenomeni più preoccupanti. Quando il permafrost si scioglie, il terreno perde la sua compattezza, aumentando il rischio di crolli, frane e cedimenti improvvisi.

Un esempio emblematico di questa situazione è rappresentato dal rifugio Casati, una struttura imponente situata a 3.269 metri di altitudine, al confine tra Lombardia e Trentino. Costruito nel 1923 e successivamente ampliato, il rifugio è un punto di riferimento per gli amanti dello scialpinismo e delle escursioni in quota. Tuttavia, a causa dello scioglimento del permafrost, il rifugio sta collassando lentamente e sarà necessario demolirlo e ricostruirlo in una posizione più sicura. L’intervento, finanziato dalla Regione Lombardia con 3,6 milioni di euro, rappresenta un campanello d’allarme sulla vulnerabilità delle infrastrutture alpine.

Dal Monte Rosa alle Alpi Retiche, numerosi rifugi d’alta quota stanno subendo in modo sempre più evidente gli effetti dell’aumento delle temperature globali. La Capanna Regina Margherita, situata a 4.556 metri sul Monte Rosa, è attualmente sotto monitoraggio per valutarne la stabilità. Analoghi problemi si riscontrano presso il rifugio Caduti dell’Adamello, costruito negli anni Venti del Novecento a 3.040 metri, dove sono già stati effettuati interventi per migliorarne la stabilità negli anni Novanta e nei primi anni Duemila.

Secondo i dati raccolti durante l’ultima “Carovana dei ghiacciai” di Legambiente, lo “strato attivo” di permafrost, ovvero la parte superficiale che si scongela durante l’estate, ha raggiunto una profondità di 7,1 metri a quota 3.100 metri, ben due metri in più rispetto alla media del periodo 2006-2021. Questo significa che il terreno gelato si sta ritirando sempre più in profondità, aumentando il rischio di cedimenti e crolli.

Non solo i rifugi, ma anche i bivacchi, piccole strutture non custodite, rappresentano un elemento di preoccupazione. La scorsa estate, il crollo di uno sperone roccioso sul Monte Bianco ha distrutto il bivacco Alberico-Borgna, un luogo carico di storia e significato per l’alpinismo. Anche altre pareti stanno mostrando segni di cedimento geo-meccanico a causa dello scioglimento del permafrost, mettendo a rischio diversi bivacchi.

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  • Un articolo importante che mette in luce… 🏔️...
  • Ma non è allarmismo ingiustificato? 🤔......
  • E se invece di ricostruire, imparassimo a… 🚶‍♀️......

Rifugi sentinella: un osservatorio privilegiato sui cambiamenti climatici

I rifugi alpini non sono solo strutture ricettive, ma anche importanti stazioni di monitoraggio ambientale. Alcuni rifugi sono dotati di centraline meteorologiche che misurano temperatura, vento, pressione, umidità e inquinamento. Questi dati sono fondamentali per comprendere l’evoluzione del clima e per valutare l’impatto dei cambiamenti climatici sull’ambiente alpino.

Il Club alpino italiano (Cai) ha avviato un progetto per trasformare alcuni rifugi in “sentinelle dell’ambiente”. Attualmente, è stata installata una sola centralina al rifugio Galassi, ma è in programma l’installazione di altre centraline in diversi rifugi, distribuiti lungo tutta la penisola, dalle Alpi agli Appennini, fino all’Etna. Questo permetterà di monitorare i cambiamenti climatici in diverse aree geografiche e di raccogliere dati preziosi per la ricerca scientifica.

Piero Carlesi, Presidente del Comitato Scientifico Centrale del Club alpino italiano, sottolinea l’importanza di questo progetto: “Oggi come oggi è stata montata una sola centralina al rifugio Galassi.”

In collaborazione con il CNR, è prevista l’implementazione di ulteriori centraline: il programma include installazioni al rifugio Mantova sulla vetta del Vioz, al rifugio Telegrafo sul Monte Baldo, al rifugio Città di Carpi nell’area di Misurina, al rifugio Rossi sulle Alpi Apuane, al rifugio Duca degli Abruzzi sul Gran Sasso e, infine, al rifugio Citelli, situato alle pendici dell’Etna, per estendere il monitoraggio a tutto il territorio nazionale, dalle Alpi agli Appennini.

Anche il Club alpino svizzero (Cas) è impegnato nel monitoraggio dei cambiamenti climatici. L’organizzazione ha promosso lo studio “Capanne Cas 2050“, i cui risultati saranno resi noti nei primi mesi del 2024. L’obiettivo dello studio è valutare l’impatto dei cambiamenti climatici sul paesaggio, sulle attività alpinistiche e sui rifugi in alta montagna, anche rispetto a rischi naturali come lo scioglimento del permafrost. Questo permetterà di definire le misure necessarie per garantire la sicurezza e la sostenibilità delle attività alpinistiche nei prossimi decenni.

Ulrich Delang, responsabile del settore capanne presso il Segretariato centrale del Cas, spiega: “L’obiettivo è cercare di capire quali sono gli impatti del cambiamento climatico sul paesaggio, sulle attività alpinistiche e sui rifugi in alta montagna, anche rispetto a rischi naturali come lo scioglimento del permafrost. Questo ci permetterà anche di valutare quali misure mettere in atto per continuare a svolgere attività alpinistiche: fra trent’anni alcuni rifugi potrebbero essere chiusi o spostati”.

Turismo sostenibile e sicurezza in montagna: strategie per il futuro

La crisi climatica impone una riflessione profonda sul futuro del turismo in montagna. Non possiamo più ignorare l’impatto delle nostre attività sull’ambiente alpino. È necessario promuovere un turismo più responsabile, che tenga conto della fragilità dell’ecosistema montano e che contribuisca alla sua conservazione.

Un primo passo è ridurre l’impatto ambientale dei rifugi. Questo significa investire in energie rinnovabili, ridurre i consumi idrici, gestire correttamente i rifiuti e promuovere l’utilizzo di prodotti locali. Alcuni rifugi stanno già sperimentando soluzioni innovative in questo senso, come l’installazione di pannelli solari, l’utilizzo di sistemi di depurazione delle acque reflue e la promozione di menù a base di prodotti a chilometro zero.

Un altro aspetto fondamentale è la gestione dei rischi. Lo scioglimento dei ghiacciai, l’aumento della frequenza di frane e smottamenti e l’instabilità dei percorsi alpini rendono la montagna sempre più pericolosa. È necessario investire nella formazione di guide alpine e soccorritori, migliorare i sistemi di allerta e monitoraggio ambientale e sensibilizzare gli alpinisti e gli escursionisti ai rischi connessi al cambiamento climatico.

La sicurezza in montagna passa anche attraverso una maggiore consapevolezza dei propri limiti e una preparazione adeguata. È importante informarsi sulle condizioni meteorologiche e ambientali, scegliere percorsi adatti alle proprie capacità, portare con sé l’attrezzatura necessaria e rispettare le regole di comportamento in montagna.

Luca Gibello, presidente dell’associazione Cantieri d’alta quota, invita a riflettere sul futuro delle costruzioni in alta quota: “Forse alcuni edifici a rischio non dovrebbero essere ricostruiti: si parla molto di decrescita, di risparmiare risorse e conservare il paesaggio. Ovviamente decisioni che vanno in questo senso hanno una ricaduta economica su chi gestisce queste strutture. Non abbiamo una soluzione ma è chiaro che non possiamo più fare finta di nulla”.

Riccardo Giacomelli conclude: “Oggi siamo al lavoro per consolidare ma tra venti o trent’anni la domanda potrebbe essere se ha ancora senso mantenere alcuni rifugi.”

Dobbiamo inoltre interrogarci sull’opportunità di ricostruire con approcci diversi, una scelta che dipende significativamente dall’affluenza di visitatori sulle montagne. In futuro, potremmo assistere a una diminuzione del numero di rifugi, che saranno però più contenuti e sicuri.

Nel Canton Vallese, in Svizzera, sono iniziati nell’estate del 2023 i lavori per la demolizione e la successiva ricostruzione su roccia stabile del Rothornhütte, un rifugio, per un costo di circa 3,7 milioni di franchi svizzeri. La Mutthornhütte, una capanna chiusa da novembre 2021 a causa del serio pericolo di caduta massi, è stata smantellata e riedificata in una posizione più protetta, a circa un chilometro di distanza.

Un futuro incerto, una responsabilità condivisa

Il futuro dell’alpinismo e del turismo in montagna è incerto. I cambiamenti climatici stanno trasformando profondamente l’ambiente alpino, mettendo a rischio la sicurezza delle persone e la sostenibilità delle attività economiche. Tuttavia, non dobbiamo rassegnarci a questo scenario. Abbiamo la responsabilità di agire, di adottare strategie innovative e di promuovere un turismo più consapevole e rispettoso dell’ambiente.

La sfida è complessa, ma non impossibile. Richiede un impegno congiunto da parte di istituzioni, operatori turistici, alpinisti, escursionisti e cittadini. Dobbiamo lavorare insieme per proteggere questo patrimonio prezioso, per preservare la bellezza e la fragilità della montagna per le generazioni future.

La nozione base che possiamo ricordare in questo contesto è che le montagne sono ambienti sensibili ai cambiamenti climatici a causa della loro altitudine e della presenza di ghiacciai e permafrost. I rifugi alpini, essendo situati in queste aree, diventano indicatori preziosi di tali cambiamenti.

Una nozione più avanzata riguarda la gestione adattativa dei rischi in montagna. Questo approccio implica un monitoraggio continuo delle condizioni ambientali, una valutazione dinamica dei pericoli e l’implementazione di misure di sicurezza flessibili e adattabili alle nuove condizioni climatiche.

La montagna è un libro aperto che ci racconta la storia del nostro pianeta. Sta a noi imparare a leggere questo libro con attenzione e rispetto, per comprendere i cambiamenti che lo stanno trasformando e per agire di conseguenza. La montagna è un bene comune, un tesoro da custodire con cura. Non lasciamo che la nostra indifferenza la condanni a un futuro incerto.


Articolo e immagini generati dall’AI, senza interventi da parte dell’essere umano. Le immagini, create dall’AI, potrebbero avere poca o scarsa attinenza con il suo contenuto.(scopri di più)
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