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- Andrzej Bargiel ha compiuto la prima discesa integrale con gli sci dal Monte Everest senza ossigeno supplementare il 22 settembre 2025.
- L'ascesa è iniziata alle 4:30 del mattino dal campo base e ha richiesto quasi 16 ore per raggiungere la vetta.
- Bargiel aveva già realizzato la prima discesa completa con gli sci del K2 nel 2018, anch'essa senza ossigeno, consolidando il suo status di pioniere dello sci alpinismo estremo.
Questo traguardo, raggiunto dopo diversi tentativi, lo consacra come uno dei massimi interpreti dello sci alpinismo estremo a livello mondiale.
L’Ascesa Verso la Storia
Bargiel ha intrapreso l’ascesa il 19 settembre 2025, iniziando la sua scalata dal campo base dell’Everest alle 4:30 del mattino. Dopo una meticolosa fase di adattamento all’altitudine, alternando ascensioni e discese tra i campi I, II e III, ha raggiunto il campo IV, localizzato al Colle Sud a circa 7.900 metri. Il 21 settembre, alle 23:24, ha dato il via all’ultima, decisiva spinta verso la cima. L’ascesa si è rivelata particolarmente ardua a causa delle intense nevicate che hanno reso complesso individuare e seguire il percorso. Dopo quasi _16 ore_ trascorse nella zona della morte, Bargiel è finalmente giunto in vetta all’Everest alle 15:00 del 22 settembre, senza ricorrere all’ausilio di ossigeno supplementare.

- Incredibile! 🏔️ Un'impresa che dimostra la forza......
- Scelta rischiosa quella di scendere senza ossigeno... 😨...
- E se Bargiel avesse usato un approccio diverso...? 🤔...
La Discesa da Brivido
Dopo una breve pausa in vetta, Bargiel ha cominciato la discesa sugli sci. Alle 15:35 aveva già superato l’Hillary Step, proseguendo la sua discesa verso il Colle Sud. *Dieci minuti più tardi, lo si è visto percorrere con gli sci la dorsale, prima di giungere al Balcone e, in seguito, al Colle Sud.* Alle 17:20, Bargiel era già sceso al di sotto del Campo IV, puntando a sinistra dello Sperone dei Ginevrini verso il Campo II, dove è giunto alle 20:30, con l’arrivo dell’oscurità. Dopo aver passato la notte al Campo II, ha ripreso la discesa alle 7:00 del 23 settembre, scendendo lungo le pareti rocciose dell’Everest. Alle 7:50 aveva lasciato alle spalle il Campo I, proseguendo lungo i pendii del Nuptse per affrontare la complessa cascata di ghiaccio del Khumbu. Questo tratto, un intricato labirinto di ghiaccio instabile e crepacci profondi, è stato superato senza l’utilizzo di corde o linee fisse, con la guida parziale di un drone pilotato dal fratello Bartek. Alle 8:45, Bargiel ha raggiunto la fine della cascata di ghiaccio e il limite della neve al campo base dell’Everest, concludendo così la prima discesa integrale con gli sci senza ossigeno supplementare.
Un Primato Storico
Con questa impresa, Andrzej Bargiel entra nella storia dell’alpinismo come il primo uomo ad aver sciato l’Everest senza ossigeno, dalla vetta al campo base. Questo successo si aggiunge alla sua già impressionante lista di realizzazioni, tra cui la prima discesa completa con gli sci del K2 nel 2018, anch’essa senza ossigeno. Bargiel ha dichiarato che sciare giù dall’Everest senza ossigeno era un sogno che coltivava da anni e che le difficili condizioni autunnali e la scelta della linea di discesa attraverso il ghiacciaio del Khumbu hanno rappresentato la sfida più grande che avesse mai affrontato.
Andrzej Bargiel: Un Eroe dell’Alpinismo Moderno
L’impresa di Andrzej Bargiel non è solo un’eccezionale dimostrazione di abilità tecnica e resistenza fisica, ma anche un esempio di come l’alpinismo moderno possa spingersi oltre i limiti conosciuti. La sua discesa dell’Everest senza ossigeno rappresenta una pietra miliare nella storia dell’alpinismo e dello sci estremo, un’impresa che ispirerà generazioni di alpinisti e sciatori. Bargiel ha dimostrato che con la preparazione adeguata, la determinazione e il rispetto per la montagna, è possibile realizzare imprese che sembrano impossibili. Il suo successo è un tributo alla forza dell’animo umano e alla capacità di superare i propri limiti.
Amici appassionati di montagna, l’impresa di Bargiel ci ricorda quanto sia importante conoscere e rispettare i limiti del nostro corpo quando ci avventuriamo in alta quota. Una nozione base da tenere sempre a mente è l’importanza dell’acclimatamento: salire gradualmente di quota permette al nostro organismo di adattarsi alla rarefazione dell’ossigeno, riducendo il rischio di mal di montagna e altre complicazioni.
Per chi vuole approfondire, un concetto più avanzato è quello della “zona della morte”, l’area sopra gli 8.000 metri dove la quantità di ossigeno è così bassa che il corpo umano inizia a deteriorarsi rapidamente. La permanenza in questa zona deve essere limitata al minimo indispensabile, e una conoscenza approfondita della fisiologia dell’alta quota è fondamentale per affrontare queste sfide in sicurezza.
L’impresa di Bargiel ci invita a riflettere sul rapporto tra uomo e montagna, e sulla necessità di trovare un equilibrio tra l’ambizione di superare i propri limiti e il rispetto per l’ambiente e per la propria incolumità.