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Dolomiti a rischio: come il cambiamento climatico sta minacciando le montagne?

Un'analisi approfondita del recente crollo sulle Pale di San Martino e delle strategie di prevenzione necessarie per proteggere il patrimonio UNESCO dall'instabilità crescente dovuta al disgelo del permafrost e agli eventi meteorologici estremi.
  • Il recente evento franoso sulle Pale di San Martino, avvenuto a circa 2850 metri di altitudine, evidenzia la crescente instabilità delle Dolomiti.
  • Il disgelo del permafrost è un fattore chiave che riduce la coesione del terreno, portando alla formazione di fessure e al distacco di roccia.
  • Sulla Croda Marcora è stato installato un radar ad alta precisione in grado di monitorare circa un milione di punti sulla superficie rocciosa, per prevenire frane.

Una montagna fragile nel cuore delle Dolomiti

Crollo sulle Pale di San Martino: una montagna fragile nel cuore delle Dolomiti

Un recente evento franoso sulle Pale di San Martino ha riportato l’attenzione sulla crescente instabilità delle Dolomiti, patrimonio dell’umanità UNESCO. La frana, avvenuta a circa 2850 metri di altitudine sulla Cima Canali, in prossimità del Rifugio Pradidali, mette in risalto la precarietà di queste cime dinanzi ai cambiamenti climatici. È solo l’ultimo di una serie di episodi di dissesto idrogeologico che affliggono il territorio del Trentino-Alto Adige, innescando interrogativi sulle cause radicate e sui pericoli futuri per l’alpinismo, l’escursionismo e le comunità locali.

Dolomiti: un equilibrio sempre più precario

Le Dolomiti, con le loro caratteristiche guglie e pareti a picco, sono da sempre plasmate da fenomeni erosivi naturali. Tuttavia, l’odierna emergenza climatica sta fungendo da catalizzatore di tali processi, compromettendo la solidità delle montagne. Il problema principale risiede nel disgelo del permafrost, lo strato di suolo costantemente gelato ubicato ad alta quota. Questo fenomeno induce una riduzione della coesione del terreno, incentivando la formazione di fessure e il distacco di sezioni di roccia. L’aumento delle temperature, peraltro, incrementa gli effetti dei cicli di gelo e scongelamento, che agiscono come uno strumento di disgregazione sulle rocce. Infine, gli eventi meteorologici estremi, sempre più assidui e intensi, come ondate di calore e precipitazioni copiose, possono provocare smottamenti e colate detritiche, mettendo a repentaglio l’incolumità di persone e infrastrutture.

Secondo gli esperti, l’aumento delle temperature estive sta intensificando il termoclastismo, un processo di rottura graduale della roccia causato dallo stress termico. Le forti escursioni termiche tra il giorno e la notte accelerano questo fenomeno, indebolendo la struttura delle pareti rocciose. A questo si aggiunge lo scioglimento dei residui di ghiaccio in alta quota, che aumenta la quantità di acqua disponibile, alimentando cascate e colate detritiche. La combinazione di questi fattori sta creando un mix climatico sempre più pericoloso per la stabilità delle Dolomiti.

Le conseguenze di questa instabilità si traducono in una serie di rischi concreti per l’alpinismo e l’escursionismo. La caduta di massi e le frane sono diventate più frequenti e imprevedibili, rendendo più pericolosa la frequentazione della montagna. Anche le infrastrutture montane, come rifugi, sentieri e vie ferrate, sono a rischio, con possibili danni strutturali e difficoltà di accesso. È necessario, quindi, un monitoraggio costante del territorio e una maggiore consapevolezza dei pericoli da parte di chi frequenta la montagna, adottando comportamenti responsabili e seguendo le indicazioni delle autorità competenti. Nel luglio del 2025, ad esempio, la colata detritica che ha colpito San Vito di Cadore, in provincia di Belluno, ha evidenziato la necessità di un sistema di allerta precoce e di una gestione del rischio più efficace.

La chiusura di sentieri e vie alpinistiche nel gruppo di Brenta, a seguito di recenti crolli, è un segnale tangibile della crescente instabilità delle Dolomiti. Le autorità competenti hanno raccomandato di seguire attentamente le ordinanze e di evitare le zone a rischio, a testimonianza di una situazione che richiede la massima attenzione e prudenza. Il Servizio Geologico della Provincia Autonoma di Trento, insieme al Nucleo Droni del Corpo Permanente dei Vigili del Fuoco, sta effettuando sopralluoghi e monitoraggi per valutare la situazione e individuare le aree più vulnerabili. Si tratta di un’attività fondamentale per prevenire incidenti e garantire la sicurezza di chi frequenta la montagna.

La recente frana avvenuta a Cima Falkner, con il distacco di circa 400 metri cubi di roccia, è un esempio concreto della forza distruttiva dei fenomeni di dissesto idrogeologico. L’evento, registrato con un’intensità pari a 32 volte quella di un evento simile avvenuto in passato, evidenzia la necessità di un sistema di monitoraggio ancora più efficace e capillare, in grado di rilevare anche i movimenti più piccoli e impercettibili. La sfida è quella di anticipare i crolli e le frane, proteggendo le persone e le infrastrutture.

Tuttavia, la prevenzione non è l’unica strada da percorrere. È necessario anche un adattamento al cambiamento climatico, che prevede la costruzione di rifugi più sicuri, la tracciatura di nuovi sentieri che evitino le zone a rischio e la sensibilizzazione di alpinisti ed escursionisti sui pericoli della montagna. Un turismo più responsabile e sostenibile è fondamentale per preservare la bellezza e la sicurezza delle Dolomiti per le future generazioni.

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Le voci degli esperti: analisi e prospettive

Mario Tozzi, geologo e ricercatore del CNR, ha lanciato un allarme sulle conseguenze del riscaldamento globale per i ghiacciai delle Dolomiti. In un’intervista, ha affermato che “nei prossimi vent’anni non troveremo più un solo ghiacciaio nelle Dolomiti”. Questa previsione, se confermata, avrebbe un impatto significativo sull’ecosistema montano, con conseguenze sulla disponibilità di acqua, sulla stabilità del terreno e sulla biodiversità. Tozzi ha sottolineato la necessità di agire con urgenza per ridurre le emissioni di gas serra e proteggere le nostre montagne. Ha inoltre evidenziato l’importanza di censire le zone pericolose e di impedire le escursioni quando le condizioni climatiche sono critiche, mettendo in guardia contro un approccio troppo disinvolto alla montagna.

In particolare Mario Tozzi ha evidenziato come il crollo della Marmolada sia stato causato da situazioni meteorologiche estreme, in particolare l’aumento delle temperature causato dall’anticiclone africano. Secondo Tozzi, il responsabile è proprio il meteo, a causa del cambiamento climatico che sta portando più caldo al sistema atmosferico della terra. Il geologo ha spiegato che il destino delle aree dove ci sono i ghiacciai è segnato: o sono i ghiacciai a rompersi e a fondere, oppure sono le rocce a crollare perché il ghiaccio non le sostiene più. E’ quello che è accaduto a Cortina nel 2021. I crolli sono improvvisamente aumentati e sono sempre sintomi di questo riscaldamento atmosferico così forte e accelerato. E’ ora che ce lo cominciamo a dire.

Federico Camangi, guida alpina, ha evidenziato come il riscaldamento globale stia modificando l’ambiente montano, rendendo più difficile e pericoloso l’alpinismo. In un’intervista, ha spiegato che “i ghiacciai si modificano, il manto nevoso è sempre in movimento e le condizioni delle vie di salita e discesa possono mutare in pochissimo tempo”. Questa instabilità richiede una maggiore attenzione e preparazione da parte di chi frequenta la montagna, con una valutazione accurata delle condizioni meteorologiche e del terreno. Camangi ha sottolineato l’importanza di un approccio responsabile e consapevole alla montagna, evitando di sottovalutare i pericoli e adottando le misure di sicurezza necessarie.

Secondo Camangi, l’incremento delle temperature globali sta trasformando incessantemente l’ambiente montuoso, divenendo un fattore essenziale da ponderare.
In un dialogo, ha asserito che le distese glaciali cambiano conformazione, il rivestimento nevoso è in continuo divenire e lo stato dei percorsi di ascensione e discesa possono variare in tempi ristrettissimi.
Per fare chiarezza su tale fenomeno, Nicola Gavardi di Scott Italia ha coinvolto l’esperta guida alpina Federico Camangi, professionista della montagna.

Strategie di prevenzione e monitoraggio: un radar per la Croda Marcora

Di fronte alla crescente instabilità delle Dolomiti, è necessario un approccio integrato che combini misure di prevenzione e monitoraggio. Sulla Croda Marcora, nel cuore delle Dolomiti bellunesi, è stato installato un radar ad alta precisione per monitorare il rischio frane. Questo strumento, sviluppato dal Centro per la Protezione Civile dell’Università di Firenze, è in grado di rilevare con estrema precisione gli spostamenti del terreno, monitorando circa un milione di punti su un’ampia superficie rocciosa. Il radar interferometrico genera mappe dettagliate di spostamento, permettendo di identificare eventuali cedimenti o movimenti iniziali prima che si evolvano in frane o colate detritiche. Si tratta di una tecnologia che può fare la differenza nella prevenzione di incidenti e nella protezione delle persone e delle infrastrutture.

Il sistema di monitoraggio della Croda Marcora è solo un esempio delle tecnologie e delle competenze che possono essere messe in campo per affrontare la sfida del dissesto idrogeologico nelle Dolomiti. E’ necessario un approccio multidisciplinare, che coinvolga geologi, ingegneri, climatologi e altri esperti, per analizzare i rischi, individuare le aree più vulnerabili e progettare interventi di mitigazione efficaci. La collaborazione tra istituzioni, enti di ricerca e operatori del settore è fondamentale per garantire la sicurezza del territorio e la fruibilità delle montagne.

Oltre al monitoraggio, è necessario intervenire direttamente sulle pareti rocciose, con opere di consolidamento e messa in sicurezza. Queste opere possono consistere nella realizzazione di tiranti, reti paramassi, gabbionate e altre strutture di sostegno, progettate per stabilizzare il terreno e prevenire il distacco di porzioni di roccia. Tuttavia, è importante valutare attentamente l’impatto ambientale di questi interventi, cercando di minimizzare l’alterazione del paesaggio e preservare la bellezza naturale delle Dolomiti.

Un’altra strategia di prevenzione consiste nella gestione del rischio idrogeologico, attraverso la realizzazione di opere di regimazione dei corsi d’acqua e la creazione di aree di laminazione per assorbire le piene. Questi interventi possono contribuire a ridurre il rischio di alluvioni e colate detritiche, proteggendo le comunità locali e le infrastrutture. E’ inoltre importante promuovere una pianificazione territoriale che tenga conto dei rischi naturali, evitando di costruire in zone a rischio e favorendo la delocalizzazione di edifici e infrastrutture esistenti.

In conclusione, la prevenzione e il monitoraggio sono strumenti fondamentali per affrontare la sfida del dissesto idrogeologico nelle Dolomiti. Tuttavia, è necessario un approccio integrato e multidisciplinare, che tenga conto dei rischi naturali, dell’impatto ambientale e delle esigenze delle comunità locali. Solo così potremo preservare la bellezza e la sicurezza delle Dolomiti per le future generazioni.

Un futuro incerto: tra sfide e opportunità per le Dolomiti

Di fronte a un quadro così complesso e in rapida evoluzione, è lecito chiedersi quale futuro attenda le Dolomiti. La sfida è quella di coniugare la tutela dell’ambiente con lo sviluppo economico e sociale, garantendo la sicurezza delle persone e la fruibilità delle montagne. Un approccio integrato e sostenibile è fondamentale per preservare questo patrimonio unico al mondo.

Il cambiamento climatico rappresenta una minaccia concreta per le Dolomiti, ma anche un’opportunità per ripensare il modello di sviluppo turistico e promuovere un turismo più responsabile e consapevole. Un turismo che valorizzi la bellezza naturale delle montagne, rispetti l’ambiente e sostenga le comunità locali. Un turismo che non si limiti alla fruizione passiva del paesaggio, ma che promuova la conoscenza, la scoperta e l’interazione con il territorio.

La sensibilizzazione di alpinisti ed escursionisti sui pericoli della montagna è un aspetto fondamentale per garantire la sicurezza e prevenire incidenti. E’ importante informare sui rischi, fornire indicazioni sulle misure di sicurezza da adottare e promuovere un comportamento responsabile e rispettoso dell’ambiente. La formazione di guide alpine e accompagnatori naturalistici qualificati è un altro elemento chiave per garantire un’esperienza sicura e gratificante in montagna.

La valorizzazione dei prodotti locali e la promozione di un’economia circolare sono altre strategie importanti per sostenere le comunità locali e ridurre l’impatto ambientale del turismo. Un’agricoltura di montagna sostenibile, un artigianato di qualità e un’offerta gastronomica che valorizzi i prodotti del territorio possono contribuire a creare un’economia più resiliente e rispettosa dell’ambiente.

Infine, è necessario un impegno politico e istituzionale forte per affrontare la sfida del cambiamento climatico e proteggere le Dolomiti. Un impegno che si traduca in politiche ambiziose di riduzione delle emissioni di gas serra, in investimenti nella prevenzione del rischio idrogeologico e nella promozione di un turismo sostenibile. Solo così potremo preservare la bellezza e la sicurezza delle Dolomiti per le future generazioni.

Caro lettore, dopo aver esplorato le fragilità e le sfide che affliggono le nostre amate Dolomiti, riflettiamo un momento sul significato profondo di montagna e alpinismo. Come recita un adagio base, la montagna non è un luna park: essa richiede rispetto, preparazione e consapevolezza. Un concetto avanzato, ma altrettanto cruciale, è quello di lasciare la montagna meglio di come l’abbiamo trovata, un invito a praticare un alpinismo sostenibile e a minimizzare il nostro impatto sull’ambiente. Forse, la vera sfida non è solo scalare le vette, ma anche scalare le nostre coscienze, elevandoci a custodi responsabili di questo inestimabile patrimonio.


Articolo e immagini generati dall’AI, senza interventi da parte dell’essere umano. Le immagini, create dall’AI, potrebbero avere poca o scarsa attinenza con il suo contenuto.(scopri di più)
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