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- Il blocco dei social media, tra cui Facebook, Instagram, YouTube e X, ha scatenato l'ira della «generazione z» in Nepal, portando a proteste di massa.
- Le manifestazioni, inizialmente pacifiche, si sono trasformate in episodi di violenza, con almeno 23 vittime e numerosi feriti a seguito degli scontri tra manifestanti e forze dell'ordine.
- In risposta alle proteste e alle pressioni internazionali, il governo nepalese ha revocato il divieto sui social media e il primo ministro Khadga Prasad Sharma Oli si è dimesso.
<a class="crl" target="_blank" rel="nofollow" href="https://www.agi.it/estero/news/2025-09-09/nepal-morti-proteste-<a class="crl" target="_blank" rel="nofollow" href="https://tg24.sky.it/mondo/2025/09/09/nepal-proteste-blocco-social-revocato”>blocco-social-33079523/”>Le recenti proteste in Nepal, scatenate dal blocco dei social media imposto dal governo, hanno portato a una crisi politica senza precedenti. La decisione del governo di bloccare piattaforme come Facebook, Instagram, YouTube e X, adducendo come motivazione la necessità di contrastare la diffusione di fake news e incitamento all’odio, ha scatenato l’ira della cosiddetta “Generazione Z”. Questo movimento giovanile, sentendosi privato della propria libertà di espressione e comunicazione, è sceso in piazza in massa, dando vita a manifestazioni che hanno rapidamente assunto toni violenti.
La scintilla della rivolta: il blocco dei social media
Il premier nepalese Khadga Prasad Sharma Oli ha giustificato il divieto sui social media invocando la necessità di una regolamentazione più ferrea delle piattaforme affinché queste rispettino le normative locali. Fra le misure richieste vi era quella obbligatoria per tutte le piattaforme internet di effettuare una registrazione presso il Ministero delle Comunicazioni e delle Tecnologie dell’Informazione e designare un rappresentante ufficiale nel Paese. Tuttavia, colossi dell’informazione digitale come Facebook e Google, unitamente ad altre imprese simili, si sono rifiutati di aderire a tali disposizioni; ciò ha comportato necessariamente la loro esclusione dal mercato nepalese attraverso pratiche bloccanti. Tale iniziativa è stata vista dai più come una violenza nei confronti della libertà d’espressione ed un atto censorio proveniente da un governo già sotto accusa per episodi legati alla corruzione ed al favoritismo familiare. La tensione sociale ha subito una forte impennata in seguito a questo provvedimento legislativo stimolando risentimento pubblico per via del sempre più evidente abisso che separa gli strati dirigenti dalla gente comune; oltre a ciò si sono moltiplicate le contestazioni sull’apparente ostentazione della fortuna personale mostrata dai rampolli degli influenti politici locali.

- 💪 Finalmente la Gen Z si fa sentire... ...
- 🤔 Il blocco dei social era davvero necessario... ...
- 🏔️ Un parallelismo tra scalata e libertà... ...
La protesta infiamma le strade: violenza e repressione
All’inizio caratterizzate da un clima pacifico, le manifestazioni hanno subito una repentina evoluzione in episodi di violenza cruenta tra i partecipanti alla protesta e le autorità locali. In reazione a tali eventi tumultuosi, la squadra della polizia nepalese, per cercare di ripristinare l’ordine pubblico, ha impiegato proiettili gonfiati d’aria compressa non letali oltre all’utilizzo dei gas lacrimogeni assieme ad idranti volti alla dispersione dei rivoltosi; tuttavia, la situazione è rapidamente sfuggita al controllo degli agenti stessi. I rivoltosi sono giunti fino al palazzo del parlamento a Kathmandu dove hanno scatenato incendi devastatori danneggiando notevolmente lo stabile governativo centrale. Non solo il parlamento è stato oggetto delle loro ire: anche diverse sedi istituzionali e abitazioni private appartenenti ai funzionari sono state invase e in parte distrutte dai ribelli infuriati. Gli esiti tragici degli scontri si contano in almeno 23 vittime, accompagnati da numerosi ferimenti che colpiscono non soltanto i civili ma anche alcuni membri della forza pubblica stessa nel corso dei disordini insanguinati successivi ai riot; tale brutalità da parte delle autorità sta sollevando eco sonore ben oltre i confini nazionali, vedendo comparire critiche severe su scala internazionale, comprese le richieste esplicite dall’ONU e da parte dell’organizzazione umanitaria notoria quale Amnesty International di approfondire un’inchiesta mirante sulla proporzionalità nell’utilizzo della forza repressiva agita.
Le dimissioni e il dietrofront: un fragile tentativo di pacificazione
In risposta all’intensificarsi delle richieste popolari e alle ripercussioni internazionali negative, l’amministrazione nepalese ha deciso un parziale ravvedimento nella sua strategia comunicativa. Il titolare del dicastero delle Comunicazioni, Prithvi Subba Gurung, ha dichiarato la revoca dell’interdizione ai social media come tentativo volto a mitigare i sentimenti indignati dei cittadini nelle piazze. Tuttavia, questa iniziativa non è riuscita ad attenuare le tensioni esistenti: le manifestazioni sono proseguite senza tregua fino al momento culminante rappresentato dalle dimissioni del primo ministro Khadga Prasad Sharma Oli. Tali dimissioni sono state anticipate da altri significativi membri dell’esecutivo; tra questi figura anche Ramesh Lekhak, ex-ministro degli Interni, che si è ritirato dall’incarico quale atto simbolico contro gli attacchi perpetrati dalla polizia nei confronti dei manifestanti pacificamente schierati. L’attuale emergenza politica sembra così trascinare il Nepal verso un baratro di incertezza e potenziale destabilizzazione sociale dovuta a un possibile vuoto gestionale e all’ulteriore aggravamento delle contese già accese fra i diversi gruppi politici.
Il futuro incerto del Nepal: tra speranza e instabilità
Le attuali difficoltà politiche in Nepal rivelano chiaramente le sostanziali fratture presenti all’interno della sua società. Da una parte emergono giovani sempre più consapevoli e interconnessi grazie al potere dell’internet e dei social media, i quali reclamano non solo il diritto alla libertà d’espressione ma anche richieste di maggiore trasparenza amministrativa ed efficienza governativa. Dall’altra parte sorge un’élite politica gravemente compromessa dalle accuse relative a pratiche corruttive e nepotistiche; essa appare impotente nell’affrontare efficacemente le reali necessità della cittadinanza. Di conseguenza, il panorama futuro per il Nepal rimane avvolto nell’incertezza: il paese deve adesso prendere decisioni cruciali su come affrontare l’emergente malcontento sociale—se soffocarlo ulteriormente o piuttosto esplorare sentieri di dialogo autentico con i gruppi civili e i giovani attivisti. Tale scelta sarà determinante per delineare la traiettoria nazionale nei prossimi anni.
Riflessioni conclusive: la montagna e l’alpinismo come metafore della libertà
Le questioni attinenti al Nepal, pur essendo collocate a distanza dalle maestose cime innevate, offrono suggestioni significative circa l’universo dell’alpinismo. La montagna rappresenta storicamente un simbolo potente: sfida, libertà e sforzo individuale. Essa si erge così a vera metafora del combattimento per i diritti universali. Proprio come gli scalatori osano affrontare ostacoli impegnativi nel loro cammino verso la vetta, analogamente i giovani nepalesi manifestano audacia nel proteggere con fervore le proprie convinzioni.
A livello fondamentale delle informazioni riguardanti montagne ed escursionismo emerge chiaramente il fatto che il diritto all’esplorazione libera è cruciale per tutti, tanto nei sentieri alpini quanto nelle esperienze quotidiane.
Per approdare a un pensiero più complesso si constata che:l’abilità nell’adattarsi alle avversità è imprescindibile. Queste stesse doti risultano vitali sia ad alta quota sia nell’affrontare intricati scenari politici o sociali.
In tal modo la situazione critica del Nepal ci costringe a meditare profondamente sulla preziosità della libertà d’espressione: una necessità imperativa da salvaguardare ovunque essa appaia minacciata. Ci invita a considerare attentamente l’importanza dei social media, protagonisti nella società moderna, nonché la loro potenzialità nel risvegliare le coscienze collettive e nell’incitare trasformazioni significative. Inoltre, mette in evidenza come la battaglia per conquistare la libertà sia una sfida senza fine, che esige uno sforzo continuo e una tenacia indomita da parte di tutti coloro che vi partecipano.