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- Denis Urubko tenta una nuova via sul Nanga Parbat in stile alpino, senza ossigeno, dopo il tentativo invernale al Gasherbrum I nel 2023-2024.
- Nel 2012, Urubko e Simone Moro avevano rinunciato alla scalata invernale del Nanga Parbat a causa delle pessime condizioni meteorologiche.
- Urubko ha scalato tutti gli ottomila senza ossigeno supplementare e ha realizzato due prime ascensioni invernali: il Makalu e il Gasherbrum II, dimostrando la sua determinazione e il suo spirito indomito.
Denis Urubko, l’alpinista russo-polacco-bergamasco, torna a sfidare le vette del Pakistan, questa volta con un ambizioso progetto sul Nanga Parbat. Dopo il tentativo invernale al Gasherbrum I nel 2023-2024 e la precedente esperienza sul Nanga Parbat nel 2012 con Simone Moro, Urubko si prepara ad affrontare la parete Diamir in stile alpino, senza ossigeno supplementare né guide d’alta quota.
Un ritorno al Nanga Parbat
Urubko, accompagnato dalla moglie Maria “Pipi” Cardell, punta all’apertura di una nuova via sulla parete Nord-Ovest del Nanga Parbat. L’alpinista, che ha già raggiunto la cima del Nanga Parbat nel 2003 lungo la via Kinshoffer, prevede una spedizione leggera, in linea con la sua filosofia alpinistica. Dopo un periodo di acclimatazione di due settimane nella zona di Skardu, il team si dirigerà verso il campo base, situato a circa 4.000 metri di altitudine.

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La sfida del Gasherbrum I
Nel gennaio 2024, Urubko aveva già tentato la scalata invernale in solitaria del Gasherbrum I (8.080 m). Sebbene la vetta fosse stata raggiunta in inverno nel 2012 dai polacchi Adam Bielecki e Janusz Golab, nessuno era mai riuscito a completare la salita prima del 28 febbraio, data considerata dai puristi come la vera fine dell’inverno meteorologico. Urubko, supportato dall’alpinista locale Hassan Shigri fino a quota 6.500 m, non è riuscito a portare a termine l’impresa, ma ha dimostrato ancora una volta la sua determinazione e il suo spirito indomito.
Rinuncia al Nanga Parbat nel 2012
Nel 2012, Simone Moro e Denis Urubko avevano dovuto rinunciare al tentativo di scalata invernale del Nanga Parbat a causa delle pessime condizioni meteorologiche. Nonostante l’individuazione di una via promettente, le forti nevicate e il maltempo avevano costretto i due alpinisti a interrompere la spedizione. Moro aveva espresso il rammarico per la rinuncia, sottolineando la bellezza del Diama Glacier e la convinzione che il Nanga Parbat sarebbe stato prima o poi scalato in inverno.
Un alpinista di fama mondiale
Denis Urubko, nato il 29 luglio 1973, ha all’attivo numerose imprese alpinistiche di rilievo. Ha scalato tutti gli ottomila senza ossigeno supplementare né supporto di sherpa e ha realizzato due prime ascensioni invernali: il Makalu (con Simone Moro) e il Gasherbrum II (con Moro e Cory Richards). Urubko ha inoltre aperto nuove vie sul Cho Oyu, Manaslu, Broad Peak e Gasherbrum II. È noto anche per i suoi interventi di soccorso in Himalaya, tra cui il salvataggio di Elisabeth Revol sul Nanga Parbat nel 2018, un’azione che gli è valsa la Legion d’Onore francese. Urubko è un alpinista completo, capace di affrontare sfide tecniche e fisiche estreme con grande determinazione e coraggio.
L’eredità di Urubko: Un esempio di alpinismo puro
L’approccio di Denis Urubko all’alpinismo, caratterizzato dall’assenza di ossigeno supplementare e di supporto esterno, rappresenta un esempio di alpinismo puro e autentico. La sua determinazione nel superare i propri limiti e la sua capacità di affrontare situazioni estreme lo rendono un modello per molti alpinisti. Le sue imprese, spesso compiute in condizioni difficili e pericolose, dimostrano che con la preparazione, la tenacia e il rispetto per la montagna è possibile raggiungere obiettivi apparentemente impossibili.
Nel mondo dell’alpinismo, la “linea di massima pendenza” rappresenta il percorso più diretto e intuitivo verso la vetta di una montagna. Individuarla richiede un’attenta osservazione della parete e una profonda conoscenza del terreno. Allo stesso modo, nella vita, trovare la propria “linea di massima pendenza” significa identificare i propri obiettivi e perseguirli con determinazione, superando gli ostacoli e le difficoltà che si presentano lungo il cammino.
Un concetto più avanzato è quello di “stile alpino”, che implica un approccio leggero e autonomo all’alpinismo, senza l’uso di corde fisse, campi pre-allestiti o ossigeno supplementare. Questo stile richiede una grande preparazione fisica e mentale, nonché una profonda conoscenza delle tecniche di arrampicata e di sopravvivenza in alta quota. Allo stesso modo, nella vita, adottare uno “stile alpino” significa affrontare le sfide con autonomia e responsabilità, fidandosi delle proprie capacità e risorse.
Riflettiamo: Qual è la nostra “linea di massima pendenza” nella vita? Siamo pronti ad affrontare le sfide con uno “stile alpino”, fidandoci delle nostre capacità e risorse?