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- Le accuse di Simone Moro mettono in dubbio la completezza delle 14 cime sopra gli 8.000 metri dichiarate da Marco Confortola.
- L'Himalayan Database etichetta come «disputed» diverse ascese di Confortola, tra cui Kangchenjunga, Makalu, Annapurna, Nanga Parbat, Dhaulagiri e Lhotse, negando l'emissione dei relativi certificati di vetta.
- Confortola difende i suoi certificati per il Dhaulagiri e il Nanga Parbat, ma ammette dubbi sulla sua presenza in vetta al Nanga Parbat al momento della salita e di non possedere il certificato per il Kangchenjunga.
Nel mondo dell’alpinismo italiano, una tempesta di accuse e smentite si è abbattuta sull’alpinista valtellinese Marco Confortola, 54 anni, in seguito alla sua recente ascensione al Gasherbrum I, vetta di oltre 8.000 metri situata al confine tra Pakistan e Cina. L’annuncio, fatto con enfasi sui social media lo scorso 20 luglio, ha riacceso un dibattito che serpeggia da tempo: la veridicità delle sue conquiste himalayane.
Accuse Incrociate e Certificati Contestati
A scatenare la bufera è stato Simone Moro, anch’egli alpinista di fama e pioniere del soccorso in Himalaya, che in diverse interviste ha messo in dubbio la completezza della collezione di Ottomila di Confortola. Secondo Moro, Confortola vanterebbe la conquista di tutte le 14 cime superiori agli 8.000 metri, quando in realtà ne mancherebbero almeno sei all’appello. Le accuse non si fermano qui: Moro insinua che Confortola abbia falsificato alcune imprese, ricorrendo a trucchi fotografici e all’uso occulto di ossigeno supplementare durante ascensioni dichiarate “senza ossigeno”. Si parla addirittura di fotomontaggi e sostituzioni di volti in foto di vetta.
Le contestazioni di Moro si concentrano su diverse cime, tra cui Kangchenjunga, Makalu, Annapurna, Nanga Parbat, Dhaulagiri e Lhotse. L’Himalayan Database, una delle fonti più autorevoli nel mondo dell’alpinismo, etichetterebbe come “disputed”, ovvero oggetto di controversia, tali ascese, negando l’emissione dei relativi certificati di vetta. Secondo Moro, l’assenza di prove concrete e verificabili da parte di Confortola renderebbe queste conquiste inesistenti agli occhi della storia dell’alpinismo.

- Complimenti a Confortola per le sue imprese! 💪 Ma......
- Le accuse di Moro sono gravi e meritano attenzione... 🤔...
- E se Confortola avesse semplicemente una diversa definizione di 'vetta'? 🏔️......
La Difesa di Confortola: Tra Rivendicazioni e Incertezze
La risposta di Confortola non si è fatta attendere. In diverse interviste, l’alpinista valtellinese ha respinto le accuse, affermando di scalare per sé stesso e non per compiacere Simone Moro o l’Himalayan Database. Tuttavia, le sue dichiarazioni appaiono a tratti contraddittorie. Se da un lato rivendica di aver raggiunto tutte le 14 vette, dall’altro sembra ammettere che l’affermazione sia stata attribuita a lui da altri.
Confortola difende la validità dei suoi certificati per il Dhaulagiri e il Nanga Parbat, pur ammettendo di aver avuto dubbi sulla sua effettiva presenza in vetta al Nanga Parbat al momento della salita. Sul Kangchenjunga, ammette di non possedere il certificato, ma ribadisce di aver raggiunto la cima. Riguardo alle accuse di aver fotomontato un’immagine del Lhotse, Confortola rilancia, suggerendo che potrebbe essere stato il collega alpinista Jorge Egocheaga a utilizzare una sua foto.
L’alpinista attribuisce le accuse a “mal di pancia” e invidia, minimizzando il ruolo di Simone Moro come “giudice supremo dell’alpinismo”.
Annapurna, Kangchenjunga e Nanga Parbat: I Nodi Cruciali
Le contestazioni si concentrano in particolare su tre cime: Annapurna, Kangchenjunga e Nanga Parbat.
Annapurna: Confortola afferma di aver incrociato Silvio Mondinelli a circa 100 metri dalla cima, ma ammette di non aver scattato foto più in alto rispetto a quelle fatte in cresta. Le versioni dei due alpinisti, tuttavia, contrastano. Kangchenjunga: Confortola dichiara di aver avuto un edema corneale durante la spedizione, ma ribadisce di essere arrivato in cima. Tuttavia, non risponde alle domande riguardanti le affermazioni del suo sherpa, che avrebbe sostenuto il contrario.
Nanga Parbat: Confortola ammette di aver inizialmente dichiarato di non essere arrivato in vetta, ma ora esibisce un certificato di vetta rilasciato dal club alpino pakistano, ottenuto grazie ai dati del suo tracciatore GPS.
Verità e Menzogne tra le Vette: Un’Analisi Approfondita
La vicenda Confortola solleva interrogativi profondi sulla natura della verità nell’alpinismo moderno. In un’epoca dominata dai social media e dalla ricerca della visibilità, la tentazione di abbellire le proprie imprese o di piegare la realtà alle proprie ambizioni può essere forte. La mancanza di standard univoci e di controlli rigorosi rende difficile distinguere tra conquiste reali e autocelebrazioni ingannevoli.
Le accuse di Simone Moro, pur pesanti, mettono in luce l’importanza della trasparenza e della verificabilità delle imprese alpinistiche. La certificazione delle vette, la documentazione fotografica e l’uso di tecnologie come il GPS sono strumenti fondamentali per garantire l’integrità e la credibilità dell’alpinismo.
Tuttavia, è importante ricordare che l’alpinismo è anche una sfida personale, un’esperienza interiore che va al di là dei numeri e delle classifiche. La motivazione principale di un alpinista dovrebbe essere la ricerca del limite, la comunione con la natura e la crescita personale, non la conquista di un posto nella storia o la gratificazione del proprio ego.
Oltre la Polemica: Riflessioni sull’Alpinismo Moderno
La polemica tra Confortola e Moro è un sintomo di un malessere più profondo che affligge l’alpinismo moderno. La commercializzazione delle spedizioni, la competizione esasperata e la pressione mediatica hanno snaturato in parte lo spirito originario di questa disciplina, trasformandola in uno spettacolo a volte poco edificante.
È necessario recuperare un approccio più etico e responsabile all’alpinismo, basato sul rispetto per la montagna, sulla solidarietà tra alpinisti e sulla ricerca di un’esperienza autentica e significativa. Solo così si potrà preservare la bellezza e il valore di questa straordinaria attività umana.
L’alpinismo è una disciplina che richiede non solo forza fisica e abilità tecnica, ma anche integrità morale e rispetto per la montagna. La certificazione delle vette e la trasparenza delle imprese sono fondamentali per garantire la credibilità dell’alpinismo e per preservare il suo valore etico.
Una nozione base di alpinismo è che la sicurezza viene prima di tutto. Una nozione avanzata è che il rispetto per l’ambiente montano è essenziale per la sostenibilità dell’alpinismo*.
Riflettiamo su come le polemiche e le controversie possano offuscare la vera essenza dell’alpinismo, che dovrebbe essere un’esperienza di crescita personale e di connessione con la natura.