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- Nel 1969, Junko Tabei fondò il Joshi-Tohan Club, un club di arrampicata esclusivamente femminile, segnando una svolta nell'alpinismo giapponese.
- Dopo 5 anni di attesa e raccolta fondi, la spedizione «donne giapponesi per la spedizione sull'Everest» si concretizzò con il supporto della televisione giapponese e del quotidiano Yomiuri Shimbun.
- Il 16 giugno, Junko Tabei raggiunse la cima dell'Everest, diventando la prima donna a conquistare il tetto del mondo, dopo essere stata quasi sopraffatta da una valanga il 4 maggio.
- Junko Tabei completò le Seven Summits nel 1992, sviluppando una forte sensibilità ecologica e dedicandosi alla salvaguardia degli ambienti montani.
L’ambiente dell’alpinismo mondiale rende omaggio a Junko Tabei, avanguardista giapponese che, vincendo impedimenti culturali e fisici, ha impresso un’orma indelebile nella storia dell’alpinismo. Nata il 22 settembre 1939, in un Giappone ancora segnato dalle ripercussioni del secondo conflitto mondiale, Junko scoprì l’attrazione per la montagna durante una scampagnata scolastica a dieci anni. Questo avvenimento apparentemente banale fece divampare in lei una passione che l’avrebbe guidata a sfidare le consuetudini e a toccare cime inesplorate.
Gli esordi e la lotta per l’emancipazione
Nel Giappone del dopoguerra, il ruolo della donna era ancora saldamente radicato nella sfera domestica. Junko, tuttavia, non si fece scoraggiare da queste restrizioni. Durante gli studi alla Showa Women’s University, continuò a coltivare la sua passione per l’alpinismo, scontrandosi frequentemente con il pregiudizio maschile all’interno dei club di arrampicata. Nel 1969, esasperata da questi ostacoli, fondò il Joshi-Tohan Club, un club di arrampicata esclusivamente femminile, con lo scopo di programmare spedizioni all’estero in modo autonomo. Questo atto di ribellione inaugurò una nuova epoca per l’alpinismo femminile giapponese.
La conquista dell’Everest
Dopo il successo della spedizione all’Annapurna III, Junko Tabei si pose un traguardo ancora più ambizioso: l’Everest. Ottenere l’autorizzazione dal governo nepalese richiese cinque anni di attesa e un’intensa attività di raccolta fondi. Infine, grazie al supporto della televisione giapponese e del quotidiano Yomiuri Shimbun, la spedizione “donne giapponesi per la spedizione sull’Everest” si concretizzò. Il 4 maggio, un’improvvisa valanga travolse il Campo 2, seppellendo i membri del gruppo sotto uno spesso manto nevoso. Junko, bloccata nella tenda e oppressa dal peso dei suoi compagni, temette per la sua vita. “Ho cominciato a soffocare e ho pensato a come avrebbero descritto il nostro incidente“, ricordò in seguito. Fortunatamente, gli sherpa riuscirono a salvarli, ma occorsero tre giorni perché Junko potesse ristabilirsi completamente. Malgrado l’incidente, Junko non si arrese. Dodici giorni dopo, il 16 giugno, in compagnia dello sherpa Ang Tsering, raggiunse la cima dell’Everest, diventando la prima donna a conquistare il tetto del mondo.

Oltre l’Everest: le Seven Summits e l’impegno ambientale
Dopo l’Everest, Junko Tabei continuò a scalare le cime più alte di ciascun continente, completando le Seven Summits nel 1992. Queste esperienze la condussero a sviluppare una forte sensibilità ecologica, allarmata dall’impatto del turismo di massa sulle montagne. All’inizio del nuovo millennio, fece ritorno nel mondo accademico, specializzandosi in Scienze ambientali e diventando direttrice dell’Himalayan Head Trust of Japan, un’organizzazione dedicata alla salvaguardia degli ambienti montani. Anche dopo che le fu diagnosticato un cancro nel 2012, Junko continuò imperterrita le sue scalate fino alla sua scomparsa, avvenuta il 20 ottobre 2016.
L’eredità di una pioniera: un esempio di resilienza e determinazione
Junko Tabei, una donna alta solo un metro e quarantasette, ha lasciato un’eredità grandiosa nella storia dell’alpinismo. La sua figura personifica la resilienza, la determinazione e l’emancipazione femminile. Ha dimostrato che, con passione e impegno, si possono superare tutti gli ostacoli e conquistare vette inesplorate. La sua storia è un’ispirazione per chiunque ambisca a superare i propri limiti e a lasciare un’impronta nel mondo.
Amici appassionati di montagna, la storia di Junko Tabei ci rammenta un principio cardine dell’alpinismo: la preparazione e la conoscenza del territorio sono fondamentali per affrontare in sicurezza le sfide della montagna. Una nozione avanzata, applicabile al suo percorso, è l’importanza della sostenibilità ambientale nell’alpinismo moderno. Le sue scalate, in effetti, l’hanno resa consapevole dell’effetto del turismo di massa sulle montagne, incitandola a dedicarsi attivamente alla loro protezione.
La vicenda di Junko Tabei ci spinge a riflettere sul nostro legame con la montagna e sulla nostra responsabilità nel tutelarla per le generazioni venture. Che genere di alpinisti vogliamo essere? Vogliamo essere meri conquistatori di cime o custodi di un patrimonio naturale inestimabile? La risposta a tale interrogativo stabilirà il futuro dell’alpinismo e il destino delle nostre montagne.