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- Andrzej Bargiel ha compiuto la prima discesa integrale con gli sci dell'Everest senza ossigeno il 22 e 23 settembre 2025, sette anni dopo la sua discesa del K2.
- Bargiel ha iniziato la sua ascesa il 19 settembre, partendo dall'Everest Base Camp alle 04:30, e ha trascorso quasi 16 ore nella zona della morte prima di raggiungere la vetta.
- Hans Kammerlander ha criticato l'impresa di Bargiel, definendola «alpinismo carnevalesco» e sottolineando la differenza tra la sua discesa parziale del 1996 e l'impresa di Bargiel, supportata da una vasta produzione televisiva.
Il 22 e 23 settembre 2025, Andrzej Bargiel ha compiuto un’impresa storica che ridefinisce i confini dell’alpinismo moderno. A distanza di sette anni dalla sua audace discesa del K2, il 37enne polacco ha realizzato la prima discesa integrale con gli sci del Monte Everest senza l’ausilio di ossigeno supplementare. Questa conquista non è solo un record, ma un simbolo di determinazione e audacia in un ambiente tra i più ostili del pianeta.
Bargiel ha iniziato la sua ascesa il 19 settembre, partendo dall’Everest Base Camp alle 04:30. Dopo una fase di acclimatamento tra i campi I, II e III, ha raggiunto il Campo IV sul Colle Sud a 7.900 metri. L’assalto finale alla vetta è iniziato alle 23:24 del 21 settembre. La salita si è rivelata particolarmente ardua a causa delle abbondanti nevicate che hanno reso difficile tracciare il percorso. Dopo quasi 16 ore trascorse nella zona della morte, Bargiel ha raggiunto la vetta alle 15:17 del 22 settembre.

La discesa: Un percorso tra difficoltà e pericoli
Dopo una breve sosta in vetta, Bargiel ha iniziato la discesa alle 15:35, superando l’Hillary Step e raggiungendo il Colle Sud. Alle 15:45 è stato avvistato mentre sciava lungo la cresta, per poi raggiungere il Balcone. Alle 17:20, era già sotto il Campo IV, dirigendosi verso il Campo II, che ha raggiunto alle 20:30. La mattina successiva, alle 07:00, ha ripreso la discesa, superando il Campo I e affrontando l’insidiosa cascata di ghiaccio del Khumbu. Questo labirinto di ghiaccio instabile e crepacci profondi è stato superato senza corde fisse, guidato in parte da un drone pilotato dal fratello Bartek. Alle 08:45, Bargiel ha raggiunto il limite della neve al campo base dell’Everest, completando la storica discesa.
“È una delle pietre miliari più importanti della mia carriera sportiva,” ha dichiarato Bargiel. “Da molti anni accarezzavo il desiderio di sciare dall’Everest senza l’ausilio di ossigeno.”
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- 🤔 L'uso del drone toglie valore all'impresa? Non sono convinto......
- ⚠️ Attenzione a non emulare imprese del genere senza preparazione... ...
Reazioni e confronti: Un’impresa che divide
L’impresa di Bargiel ha suscitato reazioni contrastanti nel mondo dell’alpinismo. Mentre molti hanno celebrato il suo coraggio e la sua abilità, altri hanno sollevato dubbi sulla purezza dell’impresa, sottolineando l’importanza del supporto logistico e tecnologico ricevuto. Hans Kammerlander, che nel 1996 aveva effettuato una discesa parziale dell’Everest con gli sci, ha criticato l’eccessiva spettacolarizzazione dell’evento, definendola “alpinismo carnevalesco”. Kammerlander ha evidenziato la differenza tra la sua esperienza, in cui aveva trasportato tutto il materiale da solo e senza ossigeno, e l’impresa di Bargiel, supportata da una vasta produzione televisiva e da un team di esperti.
Nonostante le critiche, è innegabile che Bargiel abbia compiuto un’impresa straordinaria, superando i limiti fisici e mentali in un ambiente estremamente pericoloso. La sua discesa integrale dell’Everest senza ossigeno rappresenta un nuovo standard per lo scialpinismo estremo.
Un nuovo orizzonte per l’alpinismo? Riflessioni conclusive
L’impresa di Andrzej Bargiel apre un nuovo capitolo nella storia dell’alpinismo. La sua discesa integrale dell’Everest senza ossigeno non è solo un’impresa sportiva, ma una dimostrazione di come la tecnologia e la preparazione fisica possano spingere i limiti dell’esplorazione umana. Tuttavia, solleva anche interrogativi sul futuro dell’alpinismo e sul ruolo della spettacolarizzazione e del supporto logistico nelle imprese estreme.
*L’alpinismo moderno si trova di fronte a un bivio:* da un lato, la ricerca di nuove sfide e record, dall’altro, la necessità di preservare l’etica e la purezza dell’esperienza alpinistica. La discesa di Bargiel ci invita a riflettere su questi temi e a interrogarci su cosa significhi veramente superare i propri limiti in montagna.
Amici appassionati di montagna, riflettiamo un attimo su questa incredibile impresa. Una nozione base dell’alpinismo è l’importanza dell’acclimatamento: Bargiel ha passato giorni a salire e scendere tra i campi per preparare il suo corpo all’altitudine. Ma c’è di più: una nozione avanzata è la gestione del rischio nella “zona della morte”. Bargiel ha trascorso 16 ore sopra gli 8.000 metri senza ossigeno, un tempo che mette a dura prova il corpo umano. Questo ci fa pensare a quanto sia cruciale la preparazione fisica e mentale per affrontare sfide simili. Cosa ne pensate? Fino a che punto si può spingere il corpo umano in montagna? E qual è il limite tra impresa e rischio eccessivo?







