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- Nel 1996, Hans Kammerlander realizzò la discesa dall'Everest in solitaria, senza sherpa e senza ossigeno, richiedendo meno di 24 ore con solo un litro di tè.
- Andrzej Bargiel, supportato da un drone e dal fratello Bartek, ha effettuato la discesa dal versante sud dell'Everest, un'impresa celebrata dal suo sponsor, Red Bull, suscitando critiche per la sua «spettacolarizzazione».
- Kammerlander critica l'«alpinismo da carnevale» sull'Everest, lamentando l'affollamento e la perdita dello spirito di avventura, mentre Bargiel rappresenta una nuova frontiera dell'alpinismo, più spettacolare ma forse meno autentica.
Nel panorama dell’alpinismo si sta sviluppando un acceso dibattito sulla discesa con gli sci dal Monte Everest; il noto alpinista Hans Kammerlander, infatti, non ha risparmiato critiche nei confronti di Andrzej Bargiel. Le obiezioni sollevate da Kammerlander riguardano principalmente l’enfasi messa dai media sulla performance di Bargiel. Secondo lui, ciò tende a distorcere il significato autentico della scalata; egli ritiene che la propria realizzazione avvenuta nel 1996 – sebbene comportasse tratti percorsi a piedi per via della scarsa neve – fosse molto più autentica e svolta in condizioni estremamente severe.
La Discesa di Kammerlander nel 1996: Un’Impresa Solitaria
Nel lontano 1996, Hans Kammerlander realizzò la discesa con gli sci dall’Everest lungo la parete nord-orientale, un’impresa che, a suo dire, fu compiuta in solitaria, senza l’ausilio di sherpa e senza ossigeno supplementare. L’alpinista altoatesino sottolinea come l’intera operazione, comprensiva di salita e discesa, richiese meno di 24 ore, con un equipaggiamento ridotto all’essenziale: solo un litro di tè. Questa narrazione contrasta fortemente con la percezione dell’impresa di Bargiel, che Kammerlander descrive come uno “show” gonfiato dai media e supportato da un’imponente logistica.
- Kammerlander ha ragione, l'alpinismo è sfida e solitudine... ⛰️...
- Bargiel ha aperto una nuova era, ma a che prezzo?... 💸...
- E se il vero Everest fosse la capacità di adattarsi?... 🤔...
La Replica di Bargiel e la Spettacolarizzazione dell’Alpinismo
Andrzej Bargiel, accompagnato dal fratello Bartek e supportato da un drone per la ripresa dell’evento, ha effettuato la discesa senza ossigeno supplementare dal versante sud dell’Everest, un’impresa celebrata con grande enfasi dal suo sponsor, Red Bull. Kammerlander critica aspramente questa “spettacolarizzazione”, affermando che essa snatura l’essenza dell’alpinismo estremo e riduce l’impresa a una mera operazione di marketing. La critica si estende all’enorme dispiegamento di risorse e all’attenzione mediatica, elementi che, secondo Kammerlander, non hanno nulla a che vedere con lo spirito originario dell’alpinismo.

Le Critiche all’Alpinismo Moderno sull’Everest
Kammerlander non risparmia critiche alla situazione attuale sull’Everest, definendola un “alpinismo da carnevale”. L’altoatesino lamenta l’eccessivo affollamento della montagna, trasformata in un business redditizio, e la perdita dello spirito di avventura e sfida personale che caratterizzava le spedizioni di un tempo. La sua visione è quella di un alpinismo più puro e rispettoso, dove l’esperienza e la preparazione individuale prevalgono sulla logistica e sulla spettacolarizzazione.
Riflessioni sull’Evoluzione dell’Alpinismo: Tra Tradizione e Modernità
L’eco delle parole di Kammerlander solleva interrogativi profondi sull’evoluzione dell’alpinismo. Da un lato, l’impresa solitaria e minimalista del 1996, simbolo di un’epoca in cui l’alpinista si confrontava con la montagna con le proprie forze e risorse limitate. Dall’altro, la discesa di Bargiel, un evento mediatico supportato da tecnologie avanzate e sponsorizzazioni, che rappresenta una nuova frontiera dell’alpinismo, più spettacolare e accessibile, ma forse meno autentica.
L’alpinismo è in continua evoluzione, e il dibattito tra Kammerlander e Bargiel ne è una chiara testimonianza. È fondamentale interrogarsi su quale sia il futuro di questa disciplina, se debba rimanere fedele ai suoi valori originari o se debba abbracciare le nuove tecnologie e le opportunità offerte dal marketing.
Un concetto base dell’alpinismo è la “sicurezza in montagna”, che implica la conoscenza del terreno, la preparazione fisica e mentale, e la capacità di valutare i rischi. Un concetto avanzato è invece la “gestione del rischio residuo”, ovvero la capacità di minimizzare i pericoli anche dopo aver adottato tutte le precauzioni possibili.
Riflettiamo: l’alpinismo è una sfida con se stessi e con la natura, ma anche un’attività che richiede consapevolezza e rispetto. Qual è il limite tra impresa sportiva e spettacolarizzazione? E come possiamo preservare l’etica dell’alpinismo in un mondo sempre più orientato al business e alla performance?