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- Il XXVIII Cervino CineMountain ha presentato oltre 50 film, selezionati tra 366 provenienti da 73 nazioni, confermandosi come l'appuntamento più importante d'Europa per il cinema di montagna.
- Il film 'Fedrelandet' di Margreth Olin ha vinto il Gran Premio dei Giudici, celebrando l'autentico legame tra individuo e paesaggio montano, un tema centrale nel festival.
- A Finale Ligure, considerata la patria dell'arrampicata sportiva in Italia, si riflette sull'evoluzione dell'arrampicata dagli anni '60, quando era un terrain d’aventure con un approccio che valorizzava il pericolo e l'imprevedibilità.
L’universo dell’alpinismo ha trovato un palcoscenico prestigioso attraverso il XXVIII Cervino CineMountain, un festival internazionale che risulta essere l’appuntamento più significativo d’Europa nel campo. La manifestazione del 2025 ha registrato un’affluenza straordinaria: sono stati presentati più di 50 film, scelti da un totale di 366 produzioni giunte da ben 73 nazioni, insieme a ben 19 anteprime e alla presenza di circa 50 ospiti. Tale scenario ribadisce la sua indiscussa rilevanza come fulcro per appassionati, studiosi e intere famiglie.
Il Trionfo di ‘Fedrelandet’
La recente edizione del Cervino CineMountain, culmine dell’espressione cinematografica dedicata alla montagna, ha visto trionfare ‘Fedrelandet’ di Margreth Olin, premiato con il prestigioso Gran Premio dei Giudici. Questa opera cinematografica ha saputo catturare l’attenzione della giuria grazie alla sua capacità di trasmettere l’esperienza autentica del legame profondo tra l’individuo e il paesaggio montano. La giuria ha elogiato il film per la sua “autenticità e la capacità di trasportare lo spettatore in un viaggio emotivo attraverso le vette”, sottolineando come ‘Fedrelandet’ non sia solo un’esplorazione visiva, ma anche una profonda riflessione sull’interazione umana con l’ambiente naturale. Tale riconoscimento non solo celebra l’eccellenza artistica, ma conferma anche la missione del festival di promuovere opere che esplorano le molteplici sfaccettature del rapporto tra l’uomo e la montagna.

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Premi e Riconoscimenti
Il riconoscimento A. I. per il Miglior Film dedicato all’alpinismo celebra un’opera che ricostruisce la straordinaria storia di Wanda Rutkiewicz, una vera e propria leggenda dell’alpinismo la cui tragica fine si è consumata sull’Himalaya. In questa occasione, il Premio CVALPS ha visto una doppia assegnazione ex aequo: sono stati premiati sia ‘Fiore Mio’, firmato da Paolo Cognetti, sia ‘Play-Off’ del regista Gaël Truc.
Finale Ligure: Un’Eredità di Arrampicata
Parallelamente alle celebrazioni del Cervino CineMountain, è essenziale riflettere sull’evoluzione dell’arrampicata a Finale Ligure, un luogo considerato la patria dell’arrampicata sportiva in Italia. Negli anni ’60, Finale Ligure era un terrain d’aventure, un luogo di esplorazione alpinistica. Figure come Gianni Ghiglione, uno degli otto pionieri di questa “rivoluzione”, hanno contribuito a plasmare l’identità di questo luogo.
In quel periodo, l’arrampicata era un’esperienza diversa da quella odierna. Si arrampicava dal basso, con un approccio che valorizzava il pericolo e l’imprevidibilità. Le protezioni erano limitate, e il coraggio di scalare con chiodi poco sicuri e distanti era tenuto in grande considerazione. Al giorno d’oggi, si è soliti confondere rischio e pericolo, eppure le loro distinzioni rimangono sostanziali. Il rischio è legato alla prevedibilità degli eventi, mentre il pericolo è l’imprevedibilità.
Riflessioni Conclusive: Tra Cinema, Montagna e Memoria
La celebrazione del Cervino CineMountain insieme alla narrazione storica dell’arrampicata a Finale Ligure offre spunti rilevanti per una profonda meditazione. Il festival pone in risalto la montagna come uno spazio d’interpretazione, crisi esistenziale, ascolto attento ed opportunità rigenerativa, portando sugli schermi lavori cinematografici capaci di catapultarci in universi remoti mentre sollecitano una revisione critica della nostra relazione con l’ambiente naturale. Parallelamente, il racconto legato a Finale Ligure sottolinea l’essenzialità nel salvaguardare le memorie storiche, evitando così l’oblio delle origini legate all’arrampicata stessa; questa è da interpretarsi attraverso il prisma dell’etica alpinistica dove il rischio viene assimilato quale accettazione delle incertezze intrinseche.
A voi che siete ferventi sostenitori delle montagne avventurose desidero trasmettere un invito alla riflessione scaturita da questo percorso fra filmologia ed esperienze verticali. Ricordate: L’alpinismo non si riduce esclusivamente ad abilità tecniche o preparativi atletici; esso abbraccia altresì dimensioni spirituali ed etiche. È fondamentale mantenere un rispetto rigoroso verso le formazioni naturali affinché possiamo garantire anche alle future generazioni lo splendore dei nostri ambienti alpini.
In ambito informativo sull’universo della montagna associata all’alpinismo va annotato che l’arrampicata trad, conosciuta come arrampicamento tradizionale, opera tramite sistemi protettivi removibili quali friends o nuts collocati strategicamente nelle fessure rocciose. Un concetto elaborato è quello secondo cui l’etica dell’arrampicata, diversamente interpretata attraverso culture e tradizioni specifiche, influisce sulle pratiche riguardanti la chiodatura così come sullo stile di scalata adottato.
È interessante esaminare come il cammino dell’arrampicata si sia trasformato da semplice attività audace in uno sport strutturato; tale transizione non solo riflette le mutazioni della nostra società ma anche il modo in cui percepiamo la natura circostante. Dove si colloca realmente il punto d’incontro tra sicurezza e avventura? E quali strategie possiamo attuare per tutelare l’etica alpinistica nell’era contemporanea, caratterizzata da una crescente attenzione verso la performance e i protocolli di sicurezza? Questi interrogativi richiedono un’analisi ponderosa.