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Alpinismo in Giappone: l’avventura inedita di Camilla Reggio tra vette sacre e nuove discipline

L'alpinista italiana Camilla Reggio ha trascorso un anno esplorando le montagne giapponesi, scoprendo differenze culturali e nuove sfide alpinistiche come l'arrampicata in fiume, ampliando i suoi orizzonti e la sua visione dell'alpinismo.
  • Camilla Reggio ha trascorso un anno in Giappone, iniziando a fine marzo 2025, scoprendo un ambiente montuoso diverso dalle Alpi, con altitudini che raggiungono i 2000-2300 metri.
  • L'alpinista ha scalato il Tateyama, una delle tre montagne sacre del Giappone, percorrendo 25 km a piedi a causa della chiusura della strada, e dormendo in un bivacco sommerso dalla neve.
  • Camilla Reggio, grazie all'amicizia con Nobuko, ha scoperto l'arrampicata in fiume e ha scalato due vie sulla parete nord del Mt. Kita Hodaka, nelle Alpi del Nord, affrontando dislivelli di 2300 metri.

L’esperienza di Camilla Reggio

Il Giappone, terra di contrasti e tradizioni millenarie, si rivela un terreno fertile per nuove avventure alpinistiche. Camilla Reggio, alpinista italiana, ha trascorso un anno esplorando le montagne giapponesi, adattandosi a una cultura e a un ambiente profondamente diversi dalle Alpi europee. Iniziata a fine marzo 2025, la sua permanenza a Kanazawa, legata a un progetto di ricerca scientifica, si è trasformata in un’immersione nel cuore dell’alpinismo giapponese.

Reggio ha subito notato una differenza fondamentale: l’assenza delle imponenti pareti rocciose tipiche delle Alpi. Il paesaggio montuoso giapponese si presenta come una distesa di colline boscose, che raggiungono altitudini di 2000-2300 metri, ricoperte da una vegetazione subtropicale dominata dal bambù nano. Nonostante questa diversità, l’alpinista non si è scoraggiata, affrontando dislivelli significativi, fino a 1700 metri, immersa in boschi ripidi e inesplorati.

Cosa ne pensi?
  • Che avventura incredibile! 🤩 Camilla ha saputo......
  • Non sono convinto che l'alpinismo giapponese possa......
  • Interessante il parallelo tra Alpi e Giappone, ma forse......

Le montagne sacre e i luoghi simbolo dell’arrampicata

Durante i suoi weekend di esplorazione, Camilla Reggio ha scalato le tre montagne sacre del Giappone: il monte Fuji, il Tateyama e l’Hakusan. La salita al Tateyama, compiuta all’inizio di aprile, si è rivelata un’esperienza unica. A causa della chiusura della strada, l’alpinista ha dovuto percorrere 25 km a piedi per raggiungere la cima, dividendo l’ascensione in due giorni e dormendo in un bivacco sommerso dalla neve. Le abbondanti nevicate invernali, con muri di neve che raggiungono quote elevate, hanno stupito Reggio, abituata alle condizioni alpine. L’odore persistente di zolfo, proveniente dalle solfatare attive, ha accompagnato la sua solitaria progressione, culminata con la vista di un santuario in cima e un panorama mozzafiato sulle vette innevate.

Mizugaki e Ogawayama rappresentano il cuore pulsante dell’arrampicata giapponese. Questi due siti, distanti circa un’ora l’uno dall’altro, attraggono scalatori provenienti da tutto il paese. Situati a un’altitudine compresa tra 1000 e 1600 metri, offrono condizioni ideali per l’arrampicata in mezza stagione. Le vie, prevalentemente in stile trad, si sviluppano su placche a spalmo di granito e boulder, con rare eccezioni di vie a tacche o strapiombanti. La conformazione del terreno, caratterizzata da una successione di guglie, invita gli scalatori a spostarsi continuamente da un torrione all’altro. Mizugaki, più selvaggio e severo di Ogawayama, ha particolarmente affascinato Camilla Reggio, che si è sentita ispirata a cimentarsi in vie impegnative durante l’autunno.

Incontri e nuove discipline: l’arrampicata in fiume e le Alpi del Nord

Da metà giugno, Camilla Reggio ha trovato una compagna di avventure in Nobuko, un’alpinista locale che l’ha introdotta a una disciplina insolita: l’arrampicata in fiume. Questa attività, una sorta di torrentismo al contrario, consiste nel risalire corsi d’acqua superando risalti rocciosi e cascate. Insieme, le due alpiniste hanno esplorato le montagne del centro-nord, nella zona di Takayama–Matsumoto, scoprendo lo Shizuka, un paradiso per l’arrampicata su misto, e le Alpi del Nord, dove hanno scalato due vie sulla parete nord del Mt. Kita Hodaka, a circa 3100 metri. Nonostante la bellezza del paesaggio e la qualità della roccia, Reggio ha notato la brevità delle vie, circa 100-150 metri, e la difficoltà di accesso, con dislivelli di 2300 metri e bivacchi necessari per raggiungere la base delle pareti. Questa esperienza l’ha portata a riflettere sulla fortuna di avere pareti più accessibili nelle Alpi europee.

L’amicizia con Nobuko ha permesso a Camilla Reggio di apprezzare anche le tradizioni giapponesi legate all’alpinismo. Dopo ogni escursione, la prima cosa a cui pensano è trovare l’onsen più vicino, le terme naturali, per rilassarsi e rigenerarsi, abbandonando l’abitudine occidentale di cercare un bar per bere una birra o mangiare un panino. Solo dopo essersi ben ritemprate e aver curato la propria igiene personale, si dedicano a sfamarsi.

Riflessioni conclusive: un ponte tra culture alpinistiche

L’esperienza di Camilla Reggio in Giappone offre uno spaccato interessante sulle differenze e le similitudini tra l’alpinismo occidentale e quello giapponese. Le montagne del Sol Levante, pur non offrendo le stesse pareti imponenti delle Alpi, presentano sfide uniche e paesaggi suggestivi. L’incontro con la cultura locale, le tradizioni e le nuove discipline come l’arrampicata in fiume hanno arricchito il suo bagaglio alpinistico e personale. Il suo racconto è un invito a esplorare nuovi orizzonti, a superare i propri limiti e a scoprire la bellezza della montagna in tutte le sue forme.

Amici appassionati di montagna, l’esperienza di Camilla ci ricorda che l’alpinismo non è solo una questione di vette e difficoltà tecniche, ma anche di scoperta culturale e personale. Una nozione base da tenere sempre a mente è che ogni montagna ha la sua storia e il suo spirito, e che il rispetto per l’ambiente e le tradizioni locali è fondamentale per vivere un’esperienza autentica e significativa.

Per i più esperti, un concetto avanzato da considerare è l’importanza dell’adattamento e della flessibilità nell’affrontare nuove sfide alpinistiche. Come ha dimostrato Camilla, l’alpinismo non è solo una questione di forza fisica e tecnica, ma anche di capacità di adattarsi a nuovi ambienti, culture e stili di arrampicata. Questa capacità di adattamento è fondamentale per superare i propri limiti e per vivere esperienze alpinistiche sempre più ricche e gratificanti.

Vi invito a riflettere: cosa significa per voi l’alpinismo? È solo una questione di performance e risultati, o anche un’opportunità per scoprire nuovi mondi e per crescere come persone? L’esperienza di Camilla Reggio ci dimostra che l’alpinismo può essere molto più di una semplice attività sportiva, ma un vero e proprio viaggio alla scoperta di sé stessi e del mondo che ci circonda.


Articolo e immagini generati dall’AI, senza interventi da parte dell’essere umano. Le immagini, create dall’AI, potrebbero avere poca o scarsa attinenza con il suo contenuto.(scopri di più)
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