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- Emma Twyford è diventata la prima donna britannica a scalare «Yma O Hyd», una delle vie trad più ardue del Regno Unito, aprendo nuove prospettive per l'alpinismo femminile.
- Uno studio del 2018 dell'Università Claude Bernard di Lione ha evidenziato come i gruppi femminili orientati all'autonomia favoriscano l'acquisizione di competenze e una maggiore sicurezza in sé stesse.
- Antonella Giacomini ha denunciato come le donne alpiniste madri siano talvolta oggetto di critiche e giudizi severi, persino di denunce anonime ai servizi sociali.
Questa impresa, che ha visto Twyford diventare la prima donna britannica a conquistare tale grado di difficoltà, non è solo un trionfo personale, ma un simbolo di un cambiamento più ampio e profondo: l’evoluzione del ruolo femminile nell’alpinismo estremo. “Yma O Hyd”, considerata una delle vie trad più ardue del Regno Unito, rappresenta una sfida che richiede non solo una tecnica impeccabile e una forza fisica eccezionale, ma anche un’incrollabile determinazione e una gestione del rischio sofisticata. Twyford, con questa salita, si colloca tra le poche donne al mondo capaci di superare tali limiti, aprendo nuove prospettive per l’alpinismo femminile. Questa via, aperta nel 2024 da James McHaffie, mette a dura prova gli scalatori e le scalatrici sia dal punto di vista tecnico che mentale, richiedendo un controllo assoluto e una capacità di lettura della roccia senza pari. La sua realizzazione da parte di una donna sottolinea come le differenze di genere stiano diventando sempre meno rilevanti in un ambiente che premia la preparazione, la dedizione e la resilienza. L’ascensione di “Yma O Hyd” evidenzia un nuovo capitolo per le donne nel mondo dell’alpinismo, incoraggiando altre atlete a perseguire obiettivi ambiziosi e a superare i propri limiti. L’impatto di questa impresa va oltre la semplice conquista di una via difficile; è un invito a riflettere sul ruolo delle donne nello sport e sulla necessità di promuovere una cultura più inclusiva e paritaria. Il coraggio e la determinazione di Emma Twyford ispirano non solo altre alpiniste, ma anche chiunque aspiri a realizzare i propri sogni, dimostrando che con la giusta preparazione e la passione si possono raggiungere traguardi apparentemente impossibili.
Uno “Stile” femminile in montagna? Approcci e strategie a confronto
La domanda se esista uno “stile” femminile nell’alpinismo suscita un acceso dibattito. Alcune alpiniste sostengono che le donne tendano ad essere più prudenti e meticolose nella preparazione, privilegiando la sicurezza e la gestione del rischio rispetto alla pura performance. Altre evidenziano l’importanza della collaborazione e del supporto reciproco all’interno delle cordate femminili, creando un ambiente più sereno e meno competitivo. Secondo Anna Torretta, guida alpina di spicco, sebbene il suo approccio all’alpinismo non sia intrinsecamente diverso da quello dei suoi colleghi uomini, le dinamiche all’interno di una spedizione tra donne sono uniche, caratterizzate da rapporti umani più profondi e da una stima reciproca particolarmente forte. Uno studio del 2018 condotto dall’Università Claude Bernard di Lione ha evidenziato come i gruppi femminili orientati all’autonomia favoriscano l’acquisizione di competenze e il raggiungimento di una maggiore sicurezza in sé stesse. Secondo quanto emerge dalla ricerca, il fatto di scalare assieme ad altre donne facilita il superamento delle barriere culturali e di genere, promuovendo così una dimensione dove la competitività viene sostituita dalla gioia genuina nell’affrontare la montagna stessa. Un aspetto fondamentale da considerare è quello legato alla psicologia del rischio. In tal senso, Rossella Fumia, psicologa, chiarisce che l’alpinismo estremo può essere interpretato come un vero e proprio dialogo con il maestoso ambiente montano; è un processo interiore utile per fronteggiare timori personali ed esplorare nuove potenzialità interiori. Le abilità necessarie per compiere scelte lucide sotto pressione o per navigare nell’incertezza si rivelano imprescindibili per chiunque aspiri a conquistarsi uno spazio nel panorama altimetralmente sfidante delle alte quote, senza distinzione alcuna tra generi. Nonostante ciò risulti evidente, le alpiniste continuano ad affrontare discriminazioni legate ai pregiudizi consolidati; i media tendono frequentemente a mettere in evidenza soprattutto fattori legati all’aspetto fisico o alla vita privata piuttosto che mettere al centro della narrazione i loro indiscutibili talenti tecnici ed atletici – circostanza questa che non fa altro se non sminuire i loro traguardi sul campo mentre mantiene viva una percezione dell’alpinismo caratterizzata da esclusive sfumature maschili. Va bene così com’è.

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Alpinismo e genitorialità: un equilibrio possibile?
Il rapporto tra alpinismo e genitorialità rappresenta una sfida complessa, particolarmente sentita dalle donne. La questione è stata affrontata nel convegno “Alpiniste, genitorialità e rischio” tenutosi al Trento Film Festival, dove sono emerse diverse prospettive. Alcune alpiniste, pur riconoscendo un cambiamento nella percezione del rischio dopo la nascita dei figli, continuano a praticare l’alpinismo, seppur con maggiore prudenza e attenzione alla sicurezza. Altre, invece, scelgono di ridurre l’attività o di dedicarsi a forme di alpinismo meno estreme. Palma Baldo, prima guida alpina donna del Trentino, ha confessato di aver trovato sempre più difficile conciliare l’emotività di essere madre con le esigenze di concentrazione richieste dalle grandi salite. Federica Mingolla, atleta professionista e alpinista, pur non avendo figli al momento, ritiene che diventare madre ed essere guida alpina siano due realtà compatibili, pur con le necessarie modifiche nell’approccio alla montagna. Sara Avoscan, alpinista incinta del suo primo figlio, sottolinea l’importanza di una scelta condivisa con il partner e la necessità di mantenere un equilibrio tra il ruolo di madre e la propria identità personale. La società, tuttavia, esercita una forte pressione sulle donne alpiniste che sono anche madri. Spesso, vengono messe in discussione le loro capacità genitoriali e vengono sollevati dubbi sulla loro responsabilità nel praticare uno sport così rischioso. Come ha denunciato Antonella Giacomini, esploratrice e alpinista, le donne alpiniste sono talvolta oggetto di critiche e giudizi severi, persino di denunce anonime ai servizi sociali per abbandono di minore. La regista polacca Eliza Kubarska, nel suo film “K2, touching the sky”, esplora il tema dei figli di alpinisti scomparsi sul K2, sollevando interrogativi sulla legittimità di rischiare la propria vita quando ci sono figli ad aspettare a casa. Nonostante queste difficoltà, molte donne continuano a praticare l’alpinismo, dimostrando che è possibile conciliare la passione per la montagna con la genitorialità, pur con le dovute accortezze e un’attenta valutazione dei rischi.
Un futuro all’insegna dell’inclusione e del rispetto
L’ “Effetto Twyford” rappresenta un’opportunità per promuovere un cambiamento culturale all’interno della comunità alpinistica, favorendo un ambiente più inclusivo e rispettoso delle differenze. Non si tratta di creare categorie separate o di esaltare un presunto “alpinismo femminile”, ma di valorizzare il contributo unico che ogni alpinista, uomo o donna, può apportare a questa disciplina. È fondamentale riconoscere il valore delle imprese femminili nell’alpinismo e combattere i pregiudizi e gli stereotipi che ancora limitano le opportunità delle donne. I media hanno un ruolo cruciale in questo processo, e devono impegnarsi a fornire una rappresentazione più equilibrata e accurata delle donne alpiniste, concentrandosi sulle loro competenze tecniche e atletiche, piuttosto che sull’aspetto fisico o sulla vita privata. Le federazioni alpinistiche e i club alpini devono promuovere iniziative volte a favorire la partecipazione delle donne all’alpinismo, offrendo corsi di formazione specifici, creando gruppi di alpinismo femminile e sostenendo la carriera delle giovani alpiniste. L’obiettivo è quello di creare un ambiente in cui le donne si sentano benvenute, valorizzate e supportate, in modo da poter esprimere il loro pieno potenziale e contribuire alla crescita e all’evoluzione dell’alpinismo. L’ascensione di Emma Twyford a “Yma O Hyd” è un esempio di come le donne possano superare i propri limiti e raggiungere traguardi straordinari. Il suo coraggio e la sua determinazione ispirano non solo altre alpiniste, ma chiunque aspiri a realizzare i propri sogni, dimostrando che con la giusta preparazione e la passione si possono raggiungere vette impensabili. L’alpinismo, come la vita, è un’avventura che merita di essere vissuta appieno, senza distinzioni di genere.
Oltre la vetta: riflessioni sull’alpinismo e il suo significato
Il mondo dell’alpinismo, con le sue sfide fisiche e mentali, ci offre una prospettiva unica sulla resilienza umana e sulla capacità di superare i propri limiti. L’impresa di Emma Twyford, come abbiamo visto, non è solo una conquista personale, ma un simbolo di un cambiamento più ampio e profondo che riguarda il ruolo delle donne in questo sport. Ma cosa significa tutto questo per noi, appassionati di montagna e di avventura?
Notizie e approfondimenti sull’alpinismo ci offrono uno sguardo sul mondo verticale, sulle tecniche di scalata, sui pericoli e sulle strategie per affrontarli. Ma al di là degli aspetti tecnici, l’alpinismo è anche una metafora della vita. Ogni scalata è un percorso, un viaggio interiore che ci mette alla prova e ci costringe a confrontarci con le nostre paure e le nostre debolezze.
Un concetto avanzato che possiamo applicare è quello della “peak experience” teorizzato da Abraham Maslow. La montagna, con la sua bellezza e la sua imponenza, può essere un catalizzatore di queste esperienze, momenti di intensa gioia e di profonda connessione con se stessi e con il mondo circostante. L’alpinismo trascende il mero concetto di sport: esso rappresenta invece un’interessante opportunità per crescere, evolvere e scoprire il nostro autentico potenziale.
Pertanto, alla prossima occasione in cui ti troverai a leggere articoli riguardanti l’alpinismo, ti invito a spingerti oltre la mera performance atletica. Cerca di afferrare l’essenza più profonda delle imprese descritte: la narrazione intrisa di coraggio, determinazione e resilienza presente in ogni ascensione. Potresti anche decidere di lasciarti contagiare da tali racconti al fine di affrontare le tue sfide quotidiane con rinnovato spirito critico ed autoaffermazione.