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- L'invecchiamento della popolazione italiana potrebbe portare a superare i 47 milioni nei prossimi decenni, ma alcune aree alpine mostrano segni di ripresa grazie a investimenti mirati.
- Nonostante un calo della natalità a meno di 400mila nati all'anno, l'Uncem evidenzia che le montagne continuano ad attrarre nuovi abitanti grazie allo smart working e alla qualità della vita.
- Entro il 2040, si stima che l'Italia vedrà ridursi la propria forza lavoro di circa 5 milioni di unità, con possibili decrementi dell'11% del PIL, ma la Valtellina si propone come centro innovativo per il ripopolamento sostenibile.
il futuro delle valli alpine
Il tema dello spopolamento nelle zone montane è divenuto sempre più critico nel panorama italiano attuale; tuttavia, emergono segni positivi. Alcune località alpine stanno mostrando la loro sorprendente attitudine a rinnovare l’interesse verso l’insediamento locale, sostenute da investimenti oculati nell’innovazione delle infrastrutture. L’analisi dei dati forniti dall’Istat rivela uno scenario nazionale preoccupante: il continuo invecchiamento della popolazione potrebbe condurre a superare la soglia dei 47 milioni nei prossimi decenni. Si stima che molti comuni del nostro Paese siano afflitti dalla mancanza di nuove nascite; d’altra parte, l’emigrazione giovanile compromette ulteriormente le prospettive future delle regioni montuose.
Nonostante questo sfondo desolante, il report Uncem suggerisce cambiamenti significativi nella narrativa dominante: il mondo alpino continua ad essere visto come luogo attraente per nuovi abitanti. Solo con adeguati sforzi da parte delle istituzioni locali e coinvolgendo tutte le parti interessate nell’ampliamento dei servizi pubblici, potrebbero sorgere possibilità occupazionali rilevanti ed emergere una ripartenza concreta negli insediamenti rurali. In questo contesto demografico stagnante degli ultimi dieci anni è stato stimato anche che si assista a una diminuzione critica nella natalità che ha portato a meno di 400mila nati all’anno, ed essenzialmente quasi quattrocento comuni sono privi completamente della registrazione di neonati per il 2024. Il fenomeno dell’emigrazione giovanile si manifesta in modo evidente tanto nel Mezzogiorno quanto in diverse aree interne settentrionali d’Italia. Le stime suggeriscono che nei prossimi cinquant’anni ci sarà una notevole contrazione della popolazione nazionale – prevista sotto i 50 milioni – accompagnata da un aumento dell’età media fino a oltrepassare i 50 anni tra due decenni.
La Valtellina funge da epicentro per tali dinamiche demografiche avverse: il flusso migratorio dei giovani verso le città per studio o lavoro contribuisce allo spopolamento, mentre contemporaneamente calano le nascite creando pressioni sui servizi locali già impegnati nel prendersi cura di una popolazione prevalentemente anziana. Ciononostante, vi è ancora spazio per ripensamenti innovativi: come evidenziato dal rapporto redatto dall’Uncem, c’è ora consapevolezza che le montagne possono costituire sia punti d’origine che mete ambite. Infatti, negli ultimi tempi la tendenza verso lo smart working ha portato famiglie e professionisti a rivalutare i piccoli borghi alpini per le loro opportunità legate alla qualità della vita naturale e agli ampi orizzonti verdi disponibili.
In quest’ottica, la valorizzazione delle risorse agroalimentari locali prestigiose, del turismo ecocompatibile, dello sviluppo energetico sostenibile ed infine dell’imprenditoria innovativa si presentano come strade praticabili, vitali per garantire un futuro prospero alla Valtellina. Secondo le opinioni degli specialisti del settore, è evidente che l’attrattività, per quanto significativa possa apparire all’inizio, rappresenta soltanto uno degli elementi in gioco. Affinché si realizzi un ambiente idoneo al soggiorno permanente delle persone in montagna, diviene imprescindibile attuare sostanziali investimenti in ambiti quali le infrastrutture, la mobilità efficiente, le connessioni digitali affidabili, i servizi sanitari vicini ai cittadini e l’istruzione formativa. In assenza di questi elementi cruciali, la montagna potrebbe scivolare verso una scelta temporanea piuttosto che trasformarsi in un autentico progetto esistenziale. È imperativo per la Valtellina adottare approcci lungimiranti che abbraccino tutti gli attori sociali coinvolti. Le implicazioni economiche della crescente crisi demografica sono già manifestamente palpabili; si stima che entro il 2040 l’Italia vedrà ridursi la propria forza lavoro complessivamente di circa 5 milioni di unità, portando anche a prospettive problematiche riguardanti il prodotto interno lordo con probabili decrementi dell’11%. Ciò comporterà inevitabilmente minore passaggio delle imprese familiari tra generazioni successive, sfoltimento del capitale umano nelle industrie agricola e turistica, nonché aggravamenti nella gestione dei servizi fondamentali. Nonostante ciò, però, sorge dinanzi alla valle una prospettiva interessante: diventare un centro innovativo per iniziative mirate al ripopolamento rispettoso dell’ambiente e alla crescita sostenibile.
Abruzzo montano: un bivio tra declino demografico e strategie di sviluppo
La montagna abruzzese si trova in un momento cruciale, stretta tra lo spopolamento e la necessità di strategie di sviluppo innovative. Il “Rapporto Montagne Italia 2025” di Uncem offre un’analisi approfondita delle aree montane italiane, evidenziando sia le vulnerabilità che le potenzialità inespresse della regione.
Al 1° gennaio 2024, l’Abruzzo contava 1.272.762 abitanti, affrontando una situazione demografica complessa nelle sue aree interne. Sebbene si sia osservata una contrazione della popolazione nei piccoli insediamenti montani, la regione ha comunque manifestato un incremento netto degli spostamenti interni pari al +3,67 per mille tra il 2019 e il 2023, evidenziando un arrivo di nuovi residenti da diverse provenienze. Questo potrebbe invertire la tendenza negativa. L’Abruzzo è ripartito in 22 distinti ambiti territoriali, con la Marsica che registra 96.009 abitanti.
Uncem caldeggia una cooperazione sinergica tra le autorità pubbliche e gli operatori del luogo per valorizzare sia il patrimonio naturale sia quello culturale dell’Abruzzo, incentivando settori quali l’agricoltura di montagna, l’ecoturismo e l’artigianato tradizionale. L’adozione di investimenti specifici e la messa in atto di politiche attive sono fondamentali non solo per affrontare il drammatico problema dello spopolamento, ma anche per garantire che le giovani generazioni possano rimanere nel loro territorio. Questo approccio potrebbe consentire all’Abruzzo di evolversi come un modello esemplare nell’ambito dell’innovazione e della sostenibilità.
Attualmente, il tasso d’impiego in Abruzzo risulta essere pari al 38,5%. Questa cifra appare nettamente al di sotto della media italiana, fissata intorno al 45%. La differenza diventa ancora più marcata quando si considera l’occupazione femminile: qui essa si assesta sul 34,5% mentre nella penisola raggiunge una percentuale equamente maggiore, cioè 37,9%. A dispetto delle sfide insormontabili, sorgono indubbi segnali positivi nel panorama imprenditoriale abruzzese. Infatti, registriamo circa 9.000 nuove imprese negli ultimi anni. In tal contesto, focalizziamoci sul contributo significativo offerto dal mondo artigiano: quest’ultimo rappresenta una porzione rilevante, arricchendo ulteriormente il tessuto produttivo regionale. Nonostante ciò, il PIL pro capite sul territorio sia limitato a 19.000 euro, chiaramente distante dalla media italiana fissata su 27.400 euro.
Per quanto concerne le attività agricole nella montagna abruzzese, la densità imprenditoriale si stabilisce a soli 2 km², contrapposta ai dati nazionali che mostrano una presenza doppia (3,1). Si registra inoltre come in circa 129 comuni su un totale di 372 ogni sviluppo economico relativo all’agricoltura possa superare quota 20 milioni di euro. Il presidente dell’Uncem ha sottolineato con enfasi come l’impegno manifestatosi nei contesti locali dell’Abruzzo costituisca non solo un esempio ma anche un’opportunità reale per affrontare questo fenomeno demografico complesso e rivitalizzante, orientandosi verso orizzonti “di qualità alta” all’interno del panorama nazionale.
La potenzialità turistica risulta essere piuttosto cospicua nel contesto montano abruzzese, nominando (come sempre) che sono disponibili ben 17 posti letto/abitante/100, confrontabili quasi col doppio in percentuale degli italiani. Comunque interesse suscitano le osservazioni sui brevi soggiorni turistici, istituzionalisti citati meno del 14%, internazionali. A questo punto, i quesiti vertono sull’efficiente sfruttamento degli usi, indicando anche “l’outcome” condizionato ad alcune fonti prime necessità.

- Che bello vedere come la tecnologia può aiutare questi borghi... ⛰️...
- Spopolamento? Forse la montagna non è per tutti... 🤔...
- E se invece di combattere lo spopolamento, lo abbracciassimo... 🏔️❓...
La rinascita della montagna attraverso la tecnologia
Le montagne, per lungo tempo considerate terre marginali, stanno vivendo una rivalutazione grazie alla tecnologia. Rodolfo Pinto, fondatore e ceo di SuperUrbanity, sottolinea come la montagna, da sentinella del cambiamento climatico, stia diventando un luogo di sperimentazione e innovazione. Le città, sempre più inospitali a causa del clima e della compressione degli spazi, spingono verso la ricerca di alternative nelle aree montane.
Dopo anni di spopolamento, alcune aree montane registrano un aumento di residenti permanenti, una crescente domanda di seconde case e un’intensificazione dell’offerta turistica sostenibile, con oltre 100.000 abitanti guadagnati in 5 anni. Questa inversione di rotta non è solo demografica, ma anche culturale, economica e infrastrutturale, richiedendo una visione e strumenti adeguati. È necessario un nuovo paradigma che consideri le aree montane come centrali per la sperimentazione sostenibile, sia per l’Italia che per l’Europa. Il documento “Strategia per le montagne e le aree interne” di Uncem, datato marzo [2025], operando in concerto con la Strategia Nazionale per le Aree Interne (SNAI), identifica in questa metamorfosi prospettica la chiave per il futuro: ovvero, superare un approccio esclusivamente emergenziale e settoriale, per promuovere la montagna quale sistema integrato, attivo e reciprocamente dipendente. Nel contesto italiano si trovano ben *3.900 comuni, sparsi su quasi la metà dell’intera superficie nazionale; questo è riconosciuto come il principale baluardo ambientale contro gli effetti devastanti del cambiamento climatico. Le montagne non sono soltanto paesaggi meravigliosi ma costituiscono anche importanti custodi delle risorse idriche, preservano biodiversità inestimabile e foreste indispensabili all’assorbimento della CO2; inoltre generano prodotti agroalimentari d’eccellenza a livello qualitativo elevato rendendole tra le infrastrutture naturali più rilevanti d’Europa. Questi luoghi fungono altresì da ambiti sociali ricchi di coesione comunitaria nei campi dell’artigianato tradizionale così come nella diffusione dei saperi locali, oltre che nelle economie basate sulla prossimità.
Affinché tale patrimonio possa agire quale propulsore per lo sviluppo economico, dovrà manifestarsi in modo contemporaneo: esso deve risultare moderno e integrato nel contesto urbano in cui vive; qui emerge l’importanza cruciale della tecnologia stessa. È imperativo trasferire innovazioni digitali nelle aree interne affinché vengano forniti gli strumenti necessari ai tempi attuali. In questa ottica diventa imprescindibile avere solide fondamenta conoscitive per riuscire a ristrutturare questi spazi. Strumenti quali tecnologie per la raccolta dei dati – sensoristica innovativa, satelliti dedicati, open data territoriali – abbinati a metodologie avanzate d’analisi offrono opportunità notevoli, permettendo così una comprensione fluida (ed anticipatoria) del territorio locale tramite monitoraggi sui dissesti esistenti, attraverso mappe relative ai mutamenti climatici in atto, studi approfonditi sulle tendenze demografiche ed economiche presenti, oltre ad azioni finalizzate alla reintegrazione degli immobili dismessi potenzialmente recuperabili nel tessuto sociale attuale. Rivedere l’approccio all’utilizzo dei dati nel governo del territorio è imperativo; bisogna abbandonare schemi obsoleti caratterizzati da una struttura verticale e reattiva. È fondamentale implementare un modello che favorisca la collaborazione, la digitalizzazione e l’interazione a più livelli fra istituzioni locali, settori privati, organizzazioni non profit e cittadini stessi. In questo contesto, piattaforme digitali orientate alla partecipazione possono rivestire un ruolo cruciale nell’attivare le comunità sia per quanto concerne la gestione delle risorse abbandonate che nella salvaguardia dei beni ambientali; esse possono trasformarsi così in veri e propri motori della rinascita civile ed economica. Diversi progetti innovativi già operano su queste linee in alcune regioni italiane: uno degli esempi più significativi è rappresentato da Superurbanity che collabora attivamente con l’Università di Bergamo per creare un hub digitale dedicato alle aree montane prealpine. È possibile sviluppare un modello in grado di promuovere il benessere attraverso la valorizzazione della qualità della vita, la coesione sociale e la rigenerazione territoriale. Questo implica un’efficace integrazione fra le aree urbane e alpine, nonché una sinergia fra gli spazi centrali e quelli periferici, insieme a una convivenza armoniosa fra l’innovazione tecnologica e il rispetto per l’ambiente naturale. Rappresenta quindi una priorità trasferire le potenzialità delle zone montane verso un futuro luminoso; ciò può realizzarsi mediante l’introduzione di strumenti tecnologici avanzati, raccolta dati puntuali e modelli predittivi che permettano agli enti locali di fornire soluzioni innovative alla popolazione. Tali pratiche possono trasformare queste regioni in veri luoghi ideali capaci di offrire respiro climatico e opportunità socio-economiche da assorbire dalle aree più congestionate delle metropoli.
Verso un nuovo umanesimo montano: riflessioni conclusive
Il futuro delle aree montane italiane si gioca su un equilibrio delicato tra tradizione e innovazione, tra tutela del patrimonio culturale e naturale e l’apertura a nuove forme di sviluppo. La sfida più grande è quella di conciliare le esigenze dei “nuovi montanari”, attratti dalla qualità della vita e dalle opportunità del lavoro agile, con quelle delle comunità locali, custodi di saperi antichi e di un legame profondo con il territorio.
È fondamentale superare la visione romantica della montagna come luogo isolato e marginale, abbracciando un approccio più dinamico e integrato. La tecnologia può essere un alleato prezioso, offrendo strumenti per monitorare il territorio, gestire le risorse in modo sostenibile e favorire la partecipazione delle comunità locali ai processi decisionali. Tuttavia, non bisogna dimenticare che la vera ricchezza della montagna risiede nella sua umanità, nella sua storia e nella sua capacità di offrire un’alternativa al modello di vita frenetico e alienante delle città.
Creare un nuovo umanesimo montano significa valorizzare il capitale umano delle aree interne, sostenere le attività tradizionali, promuovere l’innovazione sociale e culturale e incentivare un turismo responsabile che rispetti l’ambiente e le identità locali. Significa anche investire in infrastrutture e servizi, garantendo l’accesso alla connettività digitale, alla sanità e all’istruzione, per creare un ambiente favorevole alla crescita e alla permanenza delle giovani generazioni.
Solo attraverso un impegno congiunto di istituzioni, imprese, comunità locali e “nuovi montanari” sarà possibile costruire un futuro prospero e sostenibile per le aree montane italiane, preservando la loro identità culturale e la loro biodiversità. Un futuro in cui la montagna non sia solo un luogo di rifugio, ma un laboratorio di idee e di pratiche per un nuovo modello di sviluppo più umano, equo e rispettoso dell’ambiente.
Caro lettore,
Spero che questo articolo ti abbia offerto una visione più completa e sfaccettata delle sfide e delle opportunità che le aree montane italiane stanno affrontando. Il mondo alpino rappresenta sin dalla sua origine una metafora potente dell’avventura umana oltre il limite naturale; oggi emerge con urgenza l’esigenza della sua valorizzazione continua.
Qualora tu fossi tra gli estimatori della vita in alta quota o del mondo dell’alpinismo, ti sarà ben noto quanto siano indispensabili una preparazione scrupolosa insieme a una profonda comprensione del territorio per affrontare gli innumerevoli aspetti complessi proposti dalla pratica escursionistica. L’organizzazione precisa dei percorsi previsti, l’analisi meticolosa delle previsioni meteorologiche unitamente all’impiego degli strumenti appropriati costituiscono requisiti imprescindibili per garantire una fruizione della montagna non solo sicura ma anche rispettosa degli ecosistemi circostanti.
In aggiunta a ciò, il contesto alpino si rivela quale arena ideale per esperienze formative ed evolutive. Cimentarsi nelle difficoltà effettive è un’occasione unica per trascendere i propri limiti fisici e mentali mentre si contempla lo splendore naturale: tali momenti contribuiscono non poco alla nostra crescita interiore facendoci avvertire il legame intrinseco con l’universo circostante.
Sarò lieto se considererai come ciascun individuo possa svolgere una parte significativa nella salvaguardia del fascino incessante delle montagne; quest’impegno può concretizzarsi tanto mediante scelte informate nel vissuto quotidiano quanto attraverso partecipazioni concrete alle dinamiche favorevoli riguardanti pratiche turistiche attente alla sostenibilità e alla responsabilità ambientale. Un paesaggio montano è, indubbiamente, una risorsa di grande valore che necessita di essere salvaguardata e messa in risalto per le generazioni che verranno.*






