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Donne di montagna: scopri come stanno cambiando le Alpi italiane

Dalla rivincita sugli stereotipi all'innovazione sostenibile: un viaggio alla scoperta del ruolo chiave delle donne nello sviluppo e nella conservazione del patrimonio delle montagne italiane.
  • Le allevatrici della Val di Fiemme rappresentano un esempio di come le donne stiano reinventando le pratiche tradizionali con un approccio moderno e sostenibile, contribuendo al mantenimento del tessuto sociale e culturale della valle.
  • Nonostante i progressi, meno del 2% delle guide alpine in Italia sono donne, e sebbene il Club Alpino Italiano (CAI) conti il 38% di donne iscritte, solo il 19% ricopre ruoli di leadership, evidenziando le sfide persistenti.
  • L'iniziativa «Imprese Femminili Innovative Montane» (IFIM) ha rappresentato un importante segnale di attenzione verso il ruolo delle donne nello sviluppo economico delle aree montane, finanziando start-up innovative a prevalente partecipazione femminile.

## Le donne plasmano il futuro delle montagne italiane

Le montagne italiane, da sempre considerate roccaforti di tradizioni e di una cultura prevalentemente maschile, stanno assistendo a una trasformazione epocale. Le donne, con la loro resilienza e determinazione, stanno emergendo come figure chiave nella conservazione del patrimonio culturale e nell’innovazione, contribuendo attivamente allo sviluppo sostenibile di queste aree. Un esempio emblematico di questo cambiamento è rappresentato dalle allevatrici della Val di Fiemme, che coniugano l’amore per la terra con un approccio moderno e sostenibile all’allevamento. Queste donne non si limitano a perpetuare le pratiche tradizionali, ma le reinventano con uno sguardo attento alla valorizzazione dei prodotti locali e alla tutela dell’ambiente, dimostrando che la tradizione può convivere con l’innovazione. La loro dedizione non è solo un’attività economica, ma un contributo fondamentale al mantenimento del tessuto sociale e culturale della valle, un investimento nel futuro di una comunità che si impegna a preservare la propria identità.

L’incontro con figure come Lidia Dutto, allevatrice in Val di Fiemme, offre uno spaccato illuminante di questa realtà. La sua storia, come quella di tante altre donne impegnate nella pastorizia al femminile, dimostra come sia possibile coniugare l’amore per la terra con l’innovazione e l’intraprendenza. Lidia non si limita a perpetuare le pratiche tradizionali dell’allevamento, ma le reinterpreta con uno sguardo moderno, attento alla sostenibilità e alla valorizzazione dei prodotti locali. Il suo lavoro non è solo un’attività economica, ma un contributo fondamentale al mantenimento del tessuto sociale e culturale della valle, un investimento nel futuro di una comunità. Ma è importante guardare indietro e capire come si è arrivati al momento attuale. Per lunghi periodi, l’ambiente montano è stato percepito come un dominio esclusivo della sfera maschile. *L’alpinismo, nella sua forma moderna sviluppatasi nell’Ottocento, celebrava le prodezze coraggiose e le prime ascensioni compiute principalmente da uomini. Le figure femminili erano quasi completamente escluse dalle narrazioni ufficiali, a causa di barriere culturali e sociali. Tuttavia, alcune donne hanno osato sfidare i preconcetti, aprendo la strada a un profondo mutamento. Tra gli anni Trenta, si distingue la figura di Nini Pietrasanta, la prima donna a compiere la scalata invernale del Cervino. Accanto a lei, altre figure pionieristiche, come Ginetta Tizzoni e Carla Grassi, dimostrarono che l’accesso al mondo della montagna non era interdetto all’universo femminile.

Stereotipi, disparità salariali e “soffitti di cristallo”: le sfide persistenti per le donne di montagna

Nonostante i progressi compiuti, le donne di montagna continuano ad affrontare numerose sfide che ostacolano la loro piena realizzazione professionale ed economica. Stereotipi di genere radicati, difficoltà di conciliazione tra lavoro e famiglia, accesso limitato alle risorse economiche e formative sono solo alcuni degli ostacoli che queste donne devono superare quotidianamente. Come evidenziato dalle ricerche di Claudia Goldin, le donne, a parità di competenze e qualifiche, spesso guadagnano meno degli uomini e faticano a raggiungere posizioni apicali, intrappolate in quel “soffitto di cristallo” che limita il loro potenziale. Questa disparità salariale, che nei paesi OCSE si attesta intorno al 13%, persiste anche a parità di istruzione, evidenziando una discriminazione sistemica che penalizza le donne nel mondo del lavoro.

Anche nel settore della montagna, questa disparità è evidente. Meno del 2% delle guide alpine in Italia sono donne, e sebbene il Club Alpino Italiano (CAI) conti il 38% di donne iscritte, solo il 19% ricopre ruoli di leadership. Questi dati sottolineano la difficoltà per le donne di accedere a posizioni di responsabilità e di far sentire la propria voce nei processi decisionali. L’evoluzione c’è stata e in maniera importante, ma è ancora poca cosa. Per diversi decenni, la professione di guida alpina in Italia è rimasta un dominio esclusivamente maschile. La situazione cambiò definitivamente nel 1984, quando Renata Rossi ottenne il titolo di prima guida alpina italiana, annoverandosi tra le prime in Europa. Oggi, le guide alpine donne italiane rimangono una piccola minoranza, circa 25-30 su oltre 1.500 guide attive, una frazione che non raggiunge il tre percento. Una presenza forte, ma poca rappresentanza. Questi dati raccontano due verità. Se da una parte le donne hanno assunto un ruolo primario in montagna, sia nello sport sia nelle comunità, dall’altro lato, le donne incontrano difficoltà nell’ottenere ruoli professionali, decisionali e istituzionali di rilievo. Le montagne italiane sono frequentate e amate dalle donne, ma la loro presenza in ruoli di leadership e rappresentanza rimane esigua. È fondamentale trasformare questa significativa presenza numerica in una rappresentanza tangibile.

Tuttavia, le donne di montagna non si arrendono di fronte alle difficoltà. Anzi, trasformano le sfide in opportunità, dimostrando una resilienza e una capacità di adattamento straordinarie. Penso a figure come Anna Torretta, pluricampionessa di arrampicata su ghiaccio, o a Roberta Silva, rifugista e presidente dell’Associazione Gestori Rifugi del Trentino. Ma non è solo questo, infatti la realtà è che ci sono resistenze implicite che tendono ad escludere le donne da alcune professioni. È proprio il presidente del CAI, Antonio Montani, il primo a riconoscere l’esistenza del problema, malgrado alcuni si rifiutino ancora di ammetterlo. «Frequentemente, ci riferiamo a comportamenti che discriminano in modo sottile, particolarmente ardui da eliminare in quanto agiscono in modo latente – osserva Montani -. Tali comportamenti si celano nell’utilizzo di un linguaggio che esclude, in pregiudizi che si alimentano da convinzioni datate.»

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Iniziative e associazioni per l’empowerment femminile: un futuro di opportunità e crescita

Per contrastare queste disuguaglianze, negli ultimi anni sono nate diverse iniziative e associazioni che mirano a promuovere l’empowerment femminile e a sostenere le donne di montagna nel loro percorso professionale. L’iniziativa “Imprese Femminili Innovative Montane” (IFIM), promossa dal Dipartimento per gli Affari Regionali e le Autonomie, ha rappresentato un importante segnale di attenzione verso il ruolo delle donne nello sviluppo economico delle aree montane, sebbene con sportello chiuso. Questo incentivo mirava a finanziare programmi di investimento ad alto contenuto tecnologico e innovativo sostenuti da start-up innovative a prevalente partecipazione femminile, ubicate nei comuni montani, fornendo loro gli strumenti necessari per superare gli ostacoli che incontrano.
Altre associazioni, come “Donne di Montagna”, svolgono un ruolo cruciale nel dare voce alle donne e nel creare una rete di supporto e di scambio. Queste associazioni organizzano eventi, corsi di formazione e attività di mentoring per sviluppare le competenze delle donne, promuovere la loro leadership e favorire la loro partecipazione attiva alla vita economica e sociale delle comunità montane. Negli anni ’30, si impose la figura di Nini Pietrasanta, la prima donna a cimentarsi nell’ascensione invernale del Cervino. Al suo fianco, altre pioniere, come Ginetta Tizzoni e Carla Grassi, dimostrarono che la montagna non rappresentava un territorio precluso alle donne.

Questi sforzi congiunti stanno contribuendo a creare un ambiente più inclusivo e favorevole alle donne, aprendo nuove opportunità di crescita e di sviluppo per le comunità montane nel loro complesso. La promozione dell’empowerment femminile in montagna segue una duplice direzione: da un lato, la governance e, dall’altro, la valorizzazione della partecipazione delle donne alle attività outdoor. L’impegno è a 360 gradi.

Superare i limiti: per una montagna che valorizzi il talento femminile

La montagna italiana sta vivendo una fase di profonda trasformazione, in cui le donne stanno assumendo un ruolo sempre più centrale nella conservazione delle tradizioni, nell’innovazione e nello sviluppo sostenibile. Tuttavia, per liberare appieno il potenziale femminile, è necessario superare gli stereotipi di genere, eliminare le disparità salariali e garantire pari opportunità di accesso alle risorse economiche e formative. Valorizzare le competenze e il talento delle donne di montagna significa investire nel futuro di queste comunità, creando un ambiente in cui le nuove generazioni possano prosperare e contribuire attivamente allo sviluppo del territorio.

La parità di genere non è solo una questione di giustizia sociale, ma anche un fattore chiave per la crescita economica e per la creazione di società più inclusive e resilienti. È necessario un impegno concreto da parte delle istituzioni, delle associazioni e della società civile per promuovere politiche e iniziative che favoriscano l’empowerment femminile e che garantiscano pari opportunità per tutte le donne di montagna. Solo così potremo costruire un futuro in cui le montagne italiane siano luoghi di opportunità, di innovazione e di crescita, dove le donne possano finalmente esprimere appieno il loro potenziale, senza dover rinunciare alla loro identità e alle loro tradizioni.
Ed ora voglio spiegarti un concetto fondamentale. In precedenza, si sono alternate per la prima volta le testimonianze di donne guide alpine, rifugiste e pilote di elicotteri, professioniste che hanno condiviso le sfide quotidiane del vivere e lavorare in un contesto storicamente dominato dagli uomini.
«Io – racconta la fondatrice – da sempre innamorata della montagna, all’epoca svolgevo tutt’altro lavoro, ma avvertii una forte spinta interiore che mi spinse a impegnarmi in prima persona. Compresi che ciò di cui queste donne, e in parte anche io, necessitavamo maggiormente non erano i risultati, bensì le relazioni.»
L’alpinismo moderno richiede competenze tecniche, preparazione fisica e capacità di adattamento. La componente più avanzata riguarda la consapevolezza dei rischi, la conoscenza del territorio e la capacità di prendere decisioni in situazioni complesse.
Questi elementi, uniti a una solida etica ambientale, sono fondamentali per affrontare le sfide della montagna in modo responsabile e sostenibile. L’alpinismo non è solo una questione di performance, ma anche di connessione con la natura e di rispetto per l’ambiente. E tutto questo vale sia per gli uomini che per le donne.


Articolo e immagini generati dall’AI, senza interventi da parte dell’essere umano. Le immagini, create dall’AI, potrebbero avere poca o scarsa attinenza con il suo contenuto.(scopri di più)
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