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- Nel 2015, una sepsi ha portato all'amputazione di entrambe le gambe e di sette dita delle mani per Andrea Lanfri, ma non lo ha fermato.
- Lanfri è diventato il primo alpinista italiano con amputazioni multiple a raggiungere la sommità dell'Everest nel 2022.
- Dopo aver superato il Monte Bianco, il Monte Chimborazo e il Putha Hiunchuli, ha scalato in autonomia l'Aconcagua in Argentina, un'altra delle Seven Summits.
L’alpinista e atleta paralimpico Andrea Lanfri sarà protagonista di un evento speciale a Pasturo, in Valsassina, il 18 ottobre alle ore 20:45 presso la Sala Cinematografica. L’incontro, intitolato “Toccare il cielo con tre dita”, è promosso da SASNAT APS e “Il Grinzone” nell’ambito della rassegna “Cime ineguali – Traguardi (im)possibili”, un progetto sostenuto dalla Banca della Valsassina e approvato dalla Fondazione Comunitaria del Lecchese.
La rinascita dopo la malattia
La storia di Andrea Lanfri rappresenta un faro di forza d’animo e risolutezza. Nel 2015, a soli 29 anni, una sepsi dovuta a meningite fulminante lo condannò a un mese di incoscienza profonda, lasciandolo con l’amputazione di ambedue le gambe e di sette dita delle mani. Un’esperienza terribile che avrebbe potuto spezzare la sua carriera sportiva e il suo amore per la montagna. Ma Lanfri non si è lasciato sopraffare. “Ho dovuto riscrivere da capo la mia vita, ma non ho mai pensato di fermarmi”, ha dichiarato.

Con determinazione e animo battagliero, Lanfri è ritornato alla pratica sportiva, affermandosi come atleta paralimpico di successo. Ha conquistato medaglie a competizioni mondiali ed europee di atletica leggera, stabilendo primati italiani di velocità nei 100, 200 e 400 metri. Tuttavia, la sua vera passione è sempre rimasta la montagna.
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La conquista dell’Everest e le Seven Summits
A partire dal 2019, Lanfri ha intrapreso la scalata delle vette più elevate del pianeta, preparandosi per la sfida per eccellenza: l’Everest. Dopo aver superato il Monte Bianco, il Monte Chimborazo e il Putha Hiunchuli, nel 2022 ha raggiunto la sommità dell’Everest, divenendo il primo alpinista italiano con amputazioni multiple a realizzare quest’impresa. In seguito, ha scalato in autonomia l’Aconcagua in Argentina, un’altra delle Seven Summits, ovvero le sette vette più alte di ciascun continente.
L’ascensione all’Everest è stata una prova ardua, che ha richiesto un’eccezionale preparazione sia fisica che mentale. Lanfri ha fatto uso di protesi particolari, create su misura per l’alpinismo, e ha dovuto affrontare numerosi impedimenti, come il pericolo di assideramento e la difficoltà di adattarsi alle condizioni estreme dell’altitudine. La sua risolutezza e il suo spirito collaborativo gli hanno permesso di raggiungere la vetta, concretizzando un sogno che sembrava irraggiungibile.
Un esempio di resilienza e ispirazione
La vicenda di Andrea Lanfri mostra come la forza di volontà e la perseveranza possano vincere ogni avversità. La sua esperienza dimostra che anche in seguito a malattie gravi o incidenti che comportano disabilità, è possibile reinventarsi e raggiungere risultati notevoli. Lanfri è divenuto un modello per molte persone, un simbolo di speranza e di coraggio.
La sua testimonianza è particolarmente significativa in un’epoca in cui la condizione di disabilità è sovente considerata un limite. Lanfri dimostra che la disabilità può essere un’asperità, ma non un divieto. Con la giusta spinta motivazionale e il sostegno appropriato, le persone con disabilità possono realizzare i propri sogni e dare il loro contributo alla società.
Oltre la Vetta: Un Messaggio di Possibilità
La vicenda di Andrea Lanfri non è solo una cronaca di successi sportivi, ma una profonda riflessione sulla capacità umana di superare i propri limiti. La sua ascesa all’Everest, con le difficoltà fisiche che si porta dietro, diventa una metafora potente: non sono le condizioni di partenza a definire il nostro potenziale, ma la forza interiore e la determinazione con cui affrontiamo le sfide. Lanfri ci insegna che il vero ostacolo non è la montagna, ma la paura di non essere all’altezza.
La sua storia ci invita a guardare oltre le nostre presunte debolezze, a trasformare le difficoltà in opportunità e a non smettere mai di sognare.
Nel contesto dell’alpinismo moderno, la storia di Lanfri solleva interrogativi importanti sull’accessibilità e l’inclusione. Se da un lato le tecnologie e le attrezzature specialistiche aprono nuove frontiere per gli atleti con disabilità, dall’altro è fondamentale garantire che le montagne siano accessibili a tutti, indipendentemente dalle proprie capacità fisiche. Questo richiede un impegno congiunto da parte delle istituzioni, delle associazioni alpinistiche e della società civile, per creare percorsi, rifugi e infrastrutture adatti alle esigenze di tutti.
Un concetto avanzato nell’alpinismo è quello della “scalata interiore”, che si riferisce al processo di crescita personale e di autoscoperta che si verifica durante un’ascensione. La montagna diventa uno specchio in cui riflettere le proprie paure, i propri limiti e le proprie potenzialità. La storia di Andrea Lanfri è un esempio lampante di come la scalata interiore possa portare a una profonda trasformazione, consentendo di superare le proprie fragilità e di raggiungere una nuova consapevolezza di sé.
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Ho dovuto ridisegnare completamente il mio percorso di vita, ma l’idea di arrendermi non mi ha neppure sfiorato, ha dichiarato.