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- Nel 2019, una spedizione ha scoperto il dna del gatto di Pallas nel Parco Nazionale di Sagarmatha, a quote tra 5.110 e 5.190 metri, estendendo la sua area di diffusione nota.
- Il gatto di Pallas, originario delle steppe dell'Asia centrale, è classificato come «prossimo alla minaccia» a causa della caccia e della distruzione dell'habitat.
- Il turismo sull'Everest è aumentato da poche centinaia negli anni '70 a oltre cinquantamila presenze straniere ogni anno, generando una notevole perturbazione di origine umana.
Una recente spedizione scientifica ha portato alla luce una scoperta sorprendente sulle pendici dell’Everest: la presenza del gatto di Pallas (Otocolobus manul), un felino selvatico raro e schivo. Questo ritrovamento, documentato in un report pubblicato su Cat News, aggiunge un tassello importante alla conoscenza della biodiversità dell’Himalaya e solleva interrogativi sulla conservazione di questa specie in un ambiente sempre più minacciato.
La spedizione, condotta nel 2019 da un team di ricercatori finanziati dalla Wildlife Conservation Society, National Geographic e Rolex Perpetual Planet, ha raccolto campioni biologici in due località del Parco Nazionale di Sagarmatha, in Nepal, a quote comprese tra i 5.110 e i 5.190 metri. L’analisi di questi campioni ha rivelato la presenza di DNA del gatto di Pallas, confermando la sua presenza in un’area dove non era mai stato avvistato prima.
La dottoressa Tracie Seimon, co-direttrice della spedizione, ha espresso il suo entusiasmo per la scoperta, definendola “fenomenale”. La ricercatrice ha sottolineato come la scoperta del gatto di Pallas sull’Everest metta in luce la notevole varietà biologica di quest’ecosistema montano, estendendo al contempo l’area di diffusione nota della specie fino al Nepal orientale.
Oltre al DNA del felino, i ricercatori hanno identificato anche tracce di DNA delle sue prede, tra cui lagomorfi del sottogenere Pika e donnole di montagna, fornendo indizi sulla dieta e sull’ecologia del gatto di Pallas in questo ambiente estremo. Le analisi non hanno rilevato segni di malattie o mortalità negli esemplari studiati, suggerendo uno stato di salute apparentemente buono della popolazione nel 2019.
Il gatto di Pallas: un felino solitario delle steppe
Il gatto di Pallas, descritto per la prima volta nel 1776 dal naturalista Peter Simon Pallas, è un felino selvatico originario delle steppe dell’Asia centrale e orientale. Il suo nome scientifico, Otocolobus manul, deriva dal greco “orecchio nudo” e dal mongolo “manul”, che si riferisce alla sua abitudine di vivere in praterie e steppe.
Questo felino si distingue per il suo aspetto compatto e robusto, con una lunghezza compresa tra i 46 e i 65 cm e un peso tra i 2,5 e i 4,5 kg. La sua pelliccia folta e morbida, di colore grigio sabbia o beige con striature scure, gli permette di mimetizzarsi perfettamente nell’ambiente circostante. Le sue orecchie sono piccole e arrotondate, mentre i suoi occhi sono grandi e rotondi, con pupille rotonde anziché verticali come quelle di altri felini.
Il gatto di Pallas è un animale solitario e crepuscolare, attivo soprattutto nelle ore più fresche del giorno. Si nutre principalmente di roditori e piccoli mammiferi, adattandosi alle rigide temperature e alle variazioni climatiche delle steppe. La sua comunicazione è caratterizzata da una serie di vocalizzazioni, ma non produce miagolii come i gatti domestici.
La specie è classificata come “prossima alla minaccia” a causa della caccia per la sua pelliccia e della distruzione del suo habitat. La PICA (Pallas’s Cat International Conservation Alliance) è un’organizzazione che si dedica alla conservazione del gatto di Pallas, promuovendo studi e azioni di tutela.
Impatto del turismo e strategie di conservazione
La scoperta del gatto di Pallas sull’Everest solleva preoccupazioni sull’impatto del turismo di massa sulla fauna locale. Negli ultimi decenni, il numero di visitatori che affollano le pendici della montagna più alta del mondo è aumentato esponenzialmente, passando da poche centinaia negli anni ’70 a oltre cinquantamila presenze straniere ogni anno. Questo genera una notevole perturbazione di origine umana, capace di mettere in crisi le popolazioni di specie che già faticano a sopravvivere.
Il dottor Anton Seimon, co-direttore della spedizione, ha sottolineato l’importanza di proteggere questa popolazione di gatto di Pallas, legalmente tutelata dalla CITES. La conferma della presenza di questa specie, secondo il ricercatore, dovrebbe aumentare la consapevolezza e l’educazione sulla diversità delle specie in questo sito patrimonio mondiale.
Per salvaguardare il gatto di Pallas e altre specie vulnerabili, i ricercatori propongono una politica di contingentamento del numero di visitatori e il divieto di accesso a determinate aree sensibili. L’eccessiva presenza umana, con il conseguente rilascio di rifiuti e sostanze inquinanti, può compromettere la biodiversità locale, già minacciata dal surriscaldamento climatico e dallo scioglimento dei ghiacciai.
Claudio Augugliaro, fondatore della Wildlife Initiative e membro del Comitato direttivo del Pallas’s Cat Working Group, ha sottolineato come il gatto di Pallas tenda a modificare le proprie abitudini per evitare il disturbo umano, diventando più attivo di notte e temendo i cani pastore che accompagnano i turisti. Pur beneficiando dell’allontanamento dei grandi predatori grazie alla presenza umana, il felino può subire un notevole stress nei momenti di maggiore afflusso turistico.

Un futuro incerto per il felino d’alta quota
La scoperta del gatto di Pallas sull’Everest è un campanello d’allarme sulla fragilità degli ecosistemi montani e sulla necessità di adottare misure concrete per la loro conservazione. La combinazione di cambiamenti climatici, distruzione dell’habitat e disturbo antropico rappresenta una minaccia crescente per la sopravvivenza di questa specie e di molte altre che abitano le alte quote.
È fondamentale promuovere un turismo responsabile e sostenibile, che tenga conto delle esigenze della fauna locale e minimizzi l’impatto ambientale. La regolamentazione del numero di visitatori, la gestione dei rifiuti e la sensibilizzazione dei turisti sono passi importanti per proteggere questi ambienti unici e preservare la biodiversità per le future generazioni.
La ricerca scientifica e il monitoraggio delle popolazioni di gatto di Pallas sono essenziali per comprendere meglio la sua ecologia e le minacce che deve affrontare. Solo attraverso una conoscenza approfondita della specie e del suo ambiente sarà possibile sviluppare strategie di conservazione efficaci e garantire un futuro a questo affascinante felino d’alta quota.
Riflessioni conclusive: tra scoperta scientifica e responsabilità ambientale
La scoperta del gatto di Pallas sull’Everest ci ricorda, con una certa urgenza, quanto ancora ci sia da scoprire e proteggere nel nostro pianeta. È una notizia che ci riempie di meraviglia, ma che al contempo ci chiama in causa come custodi di un patrimonio naturale inestimabile.
Una nozione base di alpinismo ci insegna che ogni passo in montagna deve essere compiuto con rispetto e consapevolezza, minimizzando l’impatto sul delicato equilibrio dell’ambiente circostante. Una nozione avanzata ci spinge a considerare l’alpinismo non solo come una sfida personale, ma come un’opportunità per contribuire alla conoscenza e alla conservazione delle montagne, attraverso la raccolta di dati scientifici, la promozione di pratiche sostenibili e la sensibilizzazione del pubblico.
La presenza del gatto di Pallas sull’Everest è un simbolo di resilienza e adattamento, ma anche di vulnerabilità. Sta a noi, con le nostre scelte e le nostre azioni, decidere se questa storia avrà un lieto fine o se diventerà l’ennesimo esempio di un tesoro perduto a causa della nostra incuria. Riflettiamoci, la prossima volta che ammireremo una vetta innevata.